CAPITOLO 44.

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{{ sta dormendo? }} bisbigliò Dylan entrando in camera di Veronica. Io ero ancora seduta sulla sedia accanto al suo lettino, impassibile e disconnessa da qualsiasi essere esterno.
{{ Lexy? }} una mano di Dylan passò davanti al mio sguardo smarrito, facendomi sobbalzare non appena schioccò le dita.

{{ scusa non ti avevo visto. }} risposi con sguardo ancora basso. Posò le sue cose sul mobile poco distante da me e ritornò a guardarmi con le sue iridi profonde.

{{ gliel'hai detto? }} chiese poggiando teneramente una mano sul mio ginocchio. Una sorta di conforto a cui sarei sempre stata grata. Anche con un piccolo gesto riusciva a scatenare in me la vita, qualcosa di attivo e sociale. Qualcosa di più potente di un classico sorriso, qualcosa in grado di cambiare il mio modo di vedere le cose.

{{ ho dovuto...}} risposi con tono basso e distaccato, non avrei voluto risultare fredda, ma la mia mente e la mia bocca erano disconnesse tra loro, ognuno nella propria realtà, completamente differente l'una dall'altra.
La mia mente e i miei pensieri speravano di poter cambiare le cose, di poter tornare indietro nel tempo e salvare ciò che ormai non poteva più salvarsi.
Invece le mie parole erano ancora attaccate saldamente alla realtà, quella dolorosa e odiosa realtà.

{{ e...come l'ha presa? }} Dyl tentò di nuovo di avere un dialogo con me, che di parlare non ne avevo proprio voglia. Ma ahimè non potevo lasciarlo in subbuglio di tutto, meritava delle spiegazioni e chiarezza anche lui.

{{ non bene, Dylan. Come pensavi potesse prenderla? sua madre è morta e suo padre è gravemente ferito a pochi passi da qui. Come avrebbe dovuto reagire? sta di merda, ok? E non la biasimo, chi potrebbe biasimare questa povera ragazza?! Dio santo! Meritiamo un po' di tregua anche noi! }} cercai di non urlare con scarsi risultati. Le vene del mio collo pulsarono sotto allo sforzo, le corde vocali tremarono sorprese di poter far fuoriuscire la mia voce dopo ore e ore di silenzio e lacrime.
Non volevo prendermela con lui, ma la tensione in quella stanza era talmente alta che anche la persona più razionale del mondo sarebbe impazzita nell'arco di un'ora.

Non ero cattiva o arrabbiata.
Ero stanca.
Terribilmente stanca.
Ero stanca di vedere le persone a me più care soffrire come dei cani appena abbondanti, ero stanca del passato che mi perseguitava anche nei sogni, ero stanca di quello che vivevo ogni qualvolta chiudessi palpebre, ero stanca di dover sopportare tutta quella merda, ero stanca delle disgrazie, ero stanca di vedere la mia vita sgretolarsi nelle mie stesse mani come cenere, senza poter fare niente per salvarla, senza poter evitare che si dissolvesse come cenere. Avrei voluto rendere quella polvere nitida e concreta, qualcosa che nemmeno il vento avrebbe potuto far volare via.
Ma quello era solo un sogno irrealizzabile, ormai tra le mani mi restavano due granelli di sabbia, due granelli di vita salva, aspettavo soltanto volassero via anche quelli. Lasciandomi completamente sola, in cerca di quiete che mai e poi mai avrei trovato.

Avevo bisogno di qualcuno che fosse disposto a prestarmi un po' della sua sabbia, ma ogni volta che trovavo quella splendida persona, finivo per distruggere anche lei. Ero sempre stata io la disgrazia di turno, chiunque mi stesse vicino doveva sopportare e soffrire senza poter avere nulla in cambio, se non un sorriso danneggiato e cucito più volte. Un sorriso che donavo col cuore, ma che non sempre tutti apprezzavano.
Solo i miei due granelli sapevano amare anche la parte più arrugginita di me.
Veronica e Dylan. Due granelli che mai e poi mai avrei voluto far volare via.

{{ tranquilla Lex...vedrai che tutto questo passerà, staremo bene un giorno te lo prometto. Tutti insieme, staremo bene. }} prese le mie mani calde fra le sue fredde e ruvide.

{{ ormai non ci credo più. Non posso essere felice, Dylan. Non vedi? Ogni volta che sento di star veramente bene...succede qualcosa che mi fotte fino ad-ad...esplodere in mille cocci scheggiati. }} gesticolai nervosamente facendo saettare i miei occhi in ogni angolo di quella piccola stanza bianca.

Lo sguardo del moro si tramutò in dispiacere, ma quella scintilla di speranza e positività non abbandonò nemmeno per un secondo le due iridi dorate.
{{ forse adesso è vero, non va niente come vorremmo...ma ciò non significa che anche in futuro sarà così, quello dipende solo da noi. Da te. }} sospirò prima di distogliere lo sguardo ed uscire dalla stanza con passo felpato.

Cosa avrei dovuto fare? avrei dovuto seguirlo come lui avrebbe voluto? o starmene in disparte a contemplare in silenzio i miei problemi?...

{{ scusa. }} dissi una volta arrivata alle sue spalle.
Aveva gli avambracci poggiati alla ringhiera del piccolo balconcino del corridoio secondario, con il volto pensieroso e in subbuglio.

{{ per cosa? }} chiese senza girarsi. In quel momento mi resi conto stesse fumando una sigaretta, sicuramente la prima di una lunga serie se non gli avessi parlato per sbollentare i nervi.
Sapeva perché mi stessi scusando, ma voleva sentirselo dire dalla mia voce, voleva che le mie labbra ammettessero i propri errori prima di scusarsi del tutto.

{{ per essere così dura con te, certe volte. }} risposi abbassando la voce piatta e rauca.

{{ ti sbagli. }} si girò verso di me dopo aver preso un ultimo tiro dalla sigaretta consumata.

{{ mh? }} scossi impercettibilmente la testa, confusa.

{{ non mi devi delle scuse perché a volte sei dura con me, anche perché è una grande cazzata. Anzi sei troppo buona con me. }} rispose serio incrociando le braccia venose al petto.

{{ allora per cosa vuoi che mi scusi?! }} chiesi impaziente e infastidita dalla sua misteriosità.

{{ voglio che ti scusi con te stessa. }} disse duro guardandomi fin dentro l'anima usando soltanto gli occhi.
{{ secondo te come sto ogni qualvolta che ti credi una nullità? Una fallita senza via di scampo da una brutta vita? Quando ti sento dire, o anche solo pensare a queste cose, vorrei sprofondare al posto tuo. Sei buona con tutti tranne che con te, non devi scusarti con nessuno Lexy. }} concluse con rammarico.

{{ non lo controllo, ok? Credi forse mi piaccia sentirmi così? }} gesticolai nervosa.

{{ no ma voglio solo che...}} sbuffò stressato chiudendo gli occhi per un istante.

{{ che? }}

{{ che pensi anche a noi. Io e Veronica potremmo dare la vita per te, ma tu sembri non accorgertene! Pensi di essere sola quando in realtà hai una casa e una famiglia pronta a riscaldarti in un abbraccio. E, anche se non siamo tuoi veri parenti di sangue, fidati che faremmo di tutto per te, una famiglia non sempre è composta da genitori e figli. }} quello che diceva aveva senso nella mia testa, ma le mie orecchie non volevano sentirselo dire, forse perché non credevano più a nulla ormai, o forse perché preferivo piangermi addosso invece che continuare a lottare.

{{ chi mi dice che un giorno non perderò anche voi? E a quel punto? cosa dovrò fare? }}

{{ sono cose che succedono ogni giorno a chiunque. Noi siamo qui, adesso. Goditi la nostra presenza e non pensare al futuro, come andrà andrà. Se tutti dovessimo pensare al domani allora nessuno si godrebbe l'attimo. }} aveva ragione, non potevo ribattere.

{{ ho solo...paura. }} strinsi le mani sudate. 

{{ tutti abbiamo paura Lexy, ma non possiamo permettere che quest'ultima ci rovini l'intera esistenza. }} alzai lo sguardo incrociando il suo, adesso più apprensivo e docile. 
{{ non voglio rimproverarti, voglio solo che tu stia meglio, che stia bene anche dopo tutto questo. }} si avvicinò a me.

{{ ci proverò, te lo prometto. Ho solo bisogno di un po' di tempo per metabolizzare tutto...questo. }} ammisi stringendomi tra le braccia. Dylan sospirò, ma non aggiunse altro. Mi abbracciò soltanto.
Con calore e pazienza, ed io gli ero grata per tutto quello che stava sopportando solo per me e il mio non staccarmi dal passato.
Gliene ero davvero grata. E sempre lo sarei stata.

/ sto navigando nel blocco dello scrittore? Probabile. Farò di tutto per finire questa storia, anche se passeranno anni? Ovviamente. /

𝕀𝕝 𝕗𝕣𝕦𝕥𝕥𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕒 𝕡𝕖𝕣𝕧𝕖𝕣𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 || D. O'. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora