CAPITOLO 41.

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𝐋𝐄𝐗𝐘'𝐒 𝐏𝐎𝐕.

La paura e lo stupore per poco non mi permisero di intravedere una sagoma instabile che cercava di uscire dalle fiamme circostanti a lei.
Il fumo divampava sempre di più davanti alla jeep, fino a far scomparire dalle nostre viste quella povera figura in lotta con i suoi polmoni bloccati e il calore immenso del fuoco.

Preoccupata fino al collo uscii dalla macchina senza pensarci due volte, poco mi importava delle conseguenze del mio gesto, poco importava se fossi morta per salvare la mia migliore amica

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Preoccupata fino al collo uscii dalla macchina senza pensarci due volte, poco mi importava delle conseguenze del mio gesto, poco importava se fossi morta per salvare la mia migliore amica.

{{ Lexy! }} sentii la voce del moro richiamarmi, anche lui ormai fuori dal veicolo.
Corsi dentro al fumo cercando disperatamente la sagoma che poco prima mi fece scattare in soccorso, ma sembrava essersi dissolta nel nulla.

{{ Veronica! }} urlai con voce rotta mettendo le mani a cucchiaio davanti alla bocca, cercando di far sentire le mie urla anche alla persona stordita che poco prima avevo visto.
Mi girai velocemente verso la porta consumata e bruciata, pensando se avesse avuto senso rischiare così tanto per qualcuno che forse ormai non c'era nemmeno più.

{{ Lexy non entrare! }} urlò Dylan correndo nella mia direzione. Un flash interruppe ogni cosa, come uno squarcio temporale dovuto alla mia testa incasinata. Mi trovai davanti a Veronica, eravamo solo bambine a quei tempi.
"Andrei anche sotto un treno per te." Mi disse sincera, mentre cuciva l'occhio a bottone del nostro coccodrillo di peluche. A quell'età non avremmo mai dato un peso concreto a promesse come quella, mai avremmo pensato che una decisione simile si sarebbe posta davvero davanti a noi. E invece io ero davanti a quella scelta, molto più dolorosa e complicata di come la facevano credere nei libri di favole.
"me lo prometti?"
"lo prometto".

Non potei, non potei non entrare.

Corsi come un felino dentro le fiamme pensando e ripensando a quel momento come un mantra che mi spingesse a vivere per lei.
Io l'avrei trovata costi quel che costi.
Che senso avrebbe avuto se fossi morta nel cercarla? Almeno ci avrei provato, nel bene l'avrei salvata e la mia morte sarebbe stata vana. Nel male saremmo morte insieme come ci promettevamo sempre da piccole, anche se a quei tempi la nostra concezione di morte era in una sedia a dondolo mentre guardavamo i nostri nipoti giocare insieme.
Non si potevano prevedere gli imprevisti della vita, per questo bisognava viversi sempre al meglio ogni minimo istante e momento, perché magari quel momento non avremmo potuto averlo più nell'arco di pochi secondi.
Io purtroppo però l'avevo capito troppo tardi.

"Moriremo insieme e saremo degli angeli con la tunica dorata."
"Gli angeli non sono bianchi?"
"Dovremo pur differenziarci in qualche modo da tutti gli altri, no?"

Ma quella non era una fantasia di due bambine migliori amiche per la pelle, era la realtà che avrei affrontato altre mille volte pur di salvarla.

Il fumo mi costrinse a tossire un paio di volte, facendomi sentire il petto sempre più pesante ad ogni passo che compievo faticosamente.
Mi trovai davanti alla porta di camera sua, mi lanciai di peso su di essa cercando di aprila prepotentemente poiché la mia vista appannata non mi permettesse di trovare la maniglia.
Diedi calci, pugni e quant'altro finché senza forze non mi trovai costretta a scivolare lentamente sul pavimento.

𝕀𝕝 𝕗𝕣𝕦𝕥𝕥𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕒 𝕡𝕖𝕣𝕧𝕖𝕣𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 || D. O'. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora