Capitolo 31

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Non avrei mai pensato che nel giro di poche ore tutto potesse finire così male: negli ultimi mesi ero riuscito a trovare un equilibrio, ad essere felice della mia vita e a lasciarmi alle spalle il passato, ma da qualche giorno quell'illusione sembra essersi dissolta per sempre.
Però la mia infelicità è un prezzo che sono disposto a pagare, se può salvare la vita della persona che amo.

Resto per un istante congelato sul posto. Non posso crederci, non lui, lui non... non può. Nelle ultime ore ho pensato a tante cose, e forse non merito davvero l'amore, ma Alexander sì. Lui merita tutte le cose belle della vita e lo deve capire. Quel "è solo colpa tua" mi ha ferito, e non poco. Non è tutta colpa mia, ma questo lei non può saperlo. E poi è anche colpa mia, colpa del modo in cui non sono riuscito a tornare da lui, colpa del modo in cui non ho impedito alla voce di diffondersi, colpa del fatto che io non sono in grado di amare senza ferire. Ma non voglio che un'altra vita finisca a causa mia.

Esco di corsa di casa, incurante di quello che indosso, alla disperata ricerca di un modo per arrivare a scuola. Non posso farmi dare un passaggio da Ragnor perchè è uscito in auto, di taxi neanche l'ombra e a quanto pare gli autisti degli autobus di New York hanno scelto proprio questa giornata per scioperare. Non resta che correre.

E corro, eccome se corro. Non ricordo di aver mai corso tanto in vita mia, ma devo arrivare in tempo. Mentre sfreccio tra i pedoni e attraverso le strade senza nemmeno controllare che non passino auto, ripercorro con la mente le ultime sessantatre ore, nel disperato tentativo di capire cosa fare una volta giunto a destinazione.

                               ***

63 ore prima

La notifica di un messaggio mi strappa dal mondo dei sogni. Con gli occhi impastati dal sonno, libero un braccio dalla presa di Alexander per vedere chi è che si sente in dovere di scrivermi alle tre e mezza di notte.

Ragnor.

Magnus, torna subito a casa. Raphael sta male, non so cos'abbia, ho chiamato l'ambulanza, ma non arriva e ho paura. Sbrigati!

Se Ragnor scrive una cosa del genere, vuol dire che la situazione è grave. Devo tornare subito a casa.

Scivolo via dall'abbraccio di Alexander il più cautamente possibile: non voglio svegliarlo. Gli scriverò non appena avrò visto come sta Raphael.

Raccolgo i vestiti sparsi per la stanza e mi rivesto. Do un bacio sulla fronte ad Alexander ed esco dalla sua stanza e successivamente dall'abitazione senza fare il minimo rumore.

Per fortuna, vicino ad entrambe le nostre case c'è una fermata della metro e io faccio sempre in modo di avere un biglietto in tasca.

Arrivo a casa nel giro di venti minuti. Una volta entrato nell'appartamento, vedo Ragnor seduto sul divano con lo sguardo stralunato.

"Magnus, puoi darmi il tuo telefono?" chiede con un'espressione vuota.
Glielo porgo, senza chiedergli di Raphael perchè non ne ho il coraggio.

Non appena lo prende, si alza di scatto dal divano e sento la porta dell'appartamento venire chiusa a chiave dietro di me.

"Scusa Magnus - esordisce Ragnor, mentre un Raphael decisamente in salute lo affianca - ma dobbiamo andarcene da qui, lo sai. Lei ci ha trovati. Ti ha trovato"

Sbuffo per la frustrazione.

"Ragazzi, andiamo! Qui stiamo bene e io mi sento pronto per affrontare la realtà".

"Ah sì? Beh, noi no, Magnus! Non ti rendi conto che per proteggere te ci siamo cacciati in un guaio enorme?! Magari tu potresti cavartela, hai delle attenuanti, ma noi? Sembrerà che ti abbiamo rapito e portato in giro per anni!"

Under Pressure || MalecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora