Capitolo 21

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La situazione si è fatta pesante.

Sono passate due settimane da quando ci siamo messi insieme, l'inverno si sta lentamente trasformando in primavera e l'odore delle caldarroste bruciacchiate sta scomparendo dalle strade.

Insomma, il tempo passa.

Eppure certe cose non cambiano.

Come, per esempio, il fatto che non posso prendere per mano il mio ragazzo per i corridoi nè tantomeno baciarlo o sedermi vicino a lui a mensa.

Certo, capisco che non sia ancora pronto a fare coming out e lo rispetto, dirlo al mondo o anche solo ai propri genitori è difficile e io ne so qualcosa, ma questi sono i suoi migliori amici. Se non si fida di loro, di chi potrà fidarsi?

Da quel che so, solo Izzy, Jace e per qualche strano motivo Lydia sanno che è gay e solo sua sorella sa che è fidanzato con il sottoscritto.

Ogni giorno fingo che vada tutto bene, ma la verità è che la situazione è snervante. Non so per quanto tempo riuscirò ancora a resistere.

Ha paura, e lo capisco. Ma ci sono momenti, ci sono persone, nella vita, per cui bisogna lottare.

E francamente non sembra che per lui io lo sia.

Adesso basta, è arrivato il momento di parlarne, ho fatto finta di niente troppo a lungo.

Entro a scuola e vengo raggiunto immediatamente da Alec.

"Dopo scuola vieni a casa mia? C'è una cosa che devo fare e ho bisogno del tuo aiuto"

Lo guardo per qualche istante, chiedendomi se c'è la possibilità che voglia dirlo ai suoi, ma scarto subito l'ipotesi.

No Magnus, basta fare l'amante segreto, stavolta un paio di occhioni a calamita blu non ti convinceranno.

"No, ho da fare"

"Oh. Neanche cinque minuti?"

"Non posso" rispondo entrando rapidamente nella classe di spagnolo.

Lui si ferma all'entrata, sospirando, per poi girarsi e andare verso la sua classe.

Per la fretta non mi sono neanche accorto della persona vicino a cui mi sono seduto.

Malcom.

Mi guardo rapidamente intorno: non ci sono altri banchi vuoti, tranne uno in prima fila.

Penso che resterò seduto qui.

Malcom si schiarisce la gola: "Ehm... Magnus..."

"Che vuoi?"

"Come stai?"

"Da quando ti importa?"

"Mi dispiace un sacco per quello che ho fatto, non volevo, te lo giuro, ma..."

"Ma l'hai fatto"

"Mi hanno costretto"

"Nessuno può costringere qualcuno a fare qualcosa"

"Ero uscito tardi da scuola, mi hanno circondato e hanno detto che avrei dovuto dirti una certa cosa, ma che sarebbe stato solo uno scherzo innocente e se non lo avessi fatto mi avrebbero pestato a sangue, ho avuto paura e..."

"E quindi li hai aiutati"

"Mi dispiace"

Sospiro: sembra davvero pentito.

Non sono una persona che perdona facilmente e neanche una persona che dà seconde occasioni, ma riconosco che in questo caso ci sono delle attenuanti.

Under Pressure || MalecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora