Epilogo

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70 anni dopo

Ci sono delle foto, sulla mensola del caminetto. Io e Alexander le abbiamo selezionate con cura nel corso degli anni: volevamo ricavare un angolo della casa con solo ricordi felici, per tenere sempre a mente, anche nei momenti più bui, che c'è sempre qualcosa per cui vale la pena andare avanti.
Ne abbiamo scelte sette.

La prima è stata scattata durante il nostro ultimo anno di scuola. È stato un anno dopo quella terribile giornata in cui il mio amore si è quasi tolto la vita. Dopo quella volta, tra di noi non ci sono stati più segreti. All'inizio mi spaventava l'idea di mettermi completamente a nudo con qualcuno, ma con il tempo è diventato sempre più facile ed istintivo.
La foto è stata scattata a Central Park: eravamo andati lì per prepararci agli ultimi esami, ma alla fine avevamo studiato ben poco. Io e Alexander siamo nel mezzo, la sua testa appoggiata sulla mia spalla mentre entrambi facciamo finta di leggere il libro di storia. Vicino a noi è sdraiato Jace, con la testa sul grembo di Clary. La sta guardando disegnare il parco intorno a noi, con gli alberi in fiore. Dall'altro lato, Simon, Isabelle e Ragnor stanno giocando a qualche strano gioco con le carte. Ragnor e Isabelle non dovevano nemmeno venire con noi, visto che il primo aveva già terminato la scuola e la seconda era al penultimo anno, ma entrambi si erano rifiutati di restare soli in un giorno come quello. Infine c'è Catarina, seduta a gambe incrociate, che insegna a Lydia e Raphael come intrecciare una corona di margherite. Nemmeno Raphael doveva essere lì con noi, visto che era al penultimo anno anche lui, ma aveva insistito per venire con noi. Nessuno aveva mai scoperto il perchè.
Ogni volta che guardo questa foto, ricordo quando pensavo che nella vita non avrei mai ottenuto nulla, e invece avevo trovato l'amore e tanti amici a cui tenevo con tutta l'anima.

La seconda foto è stata scattata al molo di Santa Monica, sei anni dopo che ci siamo conosciuti: io e Alexander ci eravamo concessi una breve vacanza da soli dopo la fine del college, prima del grande viaggio in Europa con gli altri, dopo il quale ci saremmo trasferiti a Los Angeles. Ero diventato un costumista e avevo ricevuto un'offerta di lavoro per la Paramount a cui non avevo potuto rinunciare. Alexander, divenuto avvocato, mi aveva seguito dopo aver sistemato alcuni affari a New York e aveva subito trovato posto in un prestigioso studio.
Nella foto è il tramonto. La luce dorata del sole morente si riflette nelle calme acque dell'oceano, dipingendolo di giallo, rosa e arancio. Sono in piedi sul pontile di legno, in quel momento deserto, mentre lui è inginocchiato di fronte a me. Ha in mano una scatolina con un anello, negli occhi la luce di mille stelle. Sapeva già che gli avrei detto di sì, prima ancora di chiedermelo.

La terza foto è stata scattata due anni dopo la precedente ed è quella del nostro matrimonio: dopo il lungo fidanzamento, abbiamo finalmente pronunciato il fatidico sì. Ci siamo sposati su una spiaggia di Los Angeles, non lontano da dove ci eravamo trasferiti. C'erano decorazioni floreali ovunque, che avevano fatto starnutire Simon tutto il giorno. Avevamo invitato tutti i nostri amici, vecchi e nuovi, e la famiglia di Alexander. Era venuto anche suo padre, ed era stato sinceramente felice per noi. Mancava solo Max, il fratellino di Alec e Izzy: era morto un anno e mezzo prima a causa di un brutto aneurisma cerebrale.
Nella foto ci siamo io e il mio neo marito, lui in completo blu scuro in tinta con i suoi occhi, io in smoking nero brillantinato, intenti a baciarci sotto una stupenda arcata di fiori. Di lato c'è Ragnor, in completo nero, che ci guarda e sorride. Avevamo chiesto a lui di celebrare il rito: all'inizio era stato riluttante, ma alla fine si era fatto ordinare online e ci aveva accontentati.

La quarta foto risale a sei anni dopo il nostro matrimonio: è la mattina di Natale e siamo nel nostro appartamento. Alexander è seduto sul tappeto con una maglietta rossa e dei pantaloni da tuta grigi ed è tutto spettinato. Era appena stato svegliato dai due bambini che avevamo adottato, entrambi elettrizzati per l'apertura dei regali. È seduto vicino all'albero e sta dando un regalo a Rafael, il bambino messicano di cinque anni che avevamo adottato l'anno prima. Quando lo avevamo preso con noi, sapevamo che crescere un bambino già così grande non sarebbe stato semplice: la sua famiglia era morta durante il crollo di un palazzo e lui ricordava bene quel giorno, ma non appena lo avevamo visto, avevamo capito che non lo avremmo più lasciato. E così era stato. Era il suo primo Natale con noi. Nella foto, ha indosso un pigiama dei Power Rangers e ancora non sa che il regalo che si accinge ad aprire contiene la pista per le automobiline che aveva tanto desiderato.
Io, invece, sono seduto dall'altro lato. Indosso un maglione verde scuro con una grossa renna sopra e sto aiutando Max ad aprire il suo regalo. All'epoca, aveva tre anni: era stato abbandonato dai suoi genitori a un anno perchè gli era stata diagnosticata una leggera forma di autismo. Lydia, diventata assistente sociale, ci aveva parlato di lui e noi avevamo fatto subito richiesta di adozione. Era stata una procedura stranamente rapida, forse perchè di quel bambino non importava veramente a nessuno. Lo avevamo ribattezzato Max, ma lo abbiamo sempre chiamato Mirtillo, a causa della sua ossessione per quel frutto.
Nella foto, indossa un pigiamino natalizio e sta scartando un grosso orsacchiotto di peluche, mentre Presidente Miao gioca con la carta dei regali già scartati.
Non riesco a non sorridere, guardando quella foto.

La quinta foto risale a un anno e mezzo dopo. È primavera e siamo di nuovo a Central Park. Mio marito ed io avevamo portato i ragazzi nella città dove ci eravamo conosciuti, e tutti i nostri amici si erano uniti a noi con le loro famiglie per una rimpatriata. Siamo tutti in posa davanti al laghetto: ci siamo io, Alexander, Max e Rafe; Clary, diventata vignettista, e Jace, entrato nei vigili del fuoco, con la loro bambina, Rose, di sette anni; Izzy, fashion designer, e Simon, scrittore, con i gemelli Steve e James, di cinque anni; Catarina, infermiera, con sua moglie Sophie, radiologa; Raphael, entrato in polizia con la sua migliore amica Lily; Lydia e suo marito Sam, agente immobiliare, con i loro figli Thomas, di dieci anni, e Carol, di sei; e infine Ragnor, professore universitario di lettere moderne. Tutti insieme, tutti sorridenti in una bella domenica di primavera, come una grande famiglia felice.

La sesta foto risale a parecchi anni più avanti ed è stata scattata ad Amsterdam. Ritrae Mirtillo, ormai più che ventenne, abbracciato alla sua ragazza, Amy, e Rafe, quasi trentenne, mano nella mano con il suo fidanzato, Matthew. Max ed Amy erano ricercatori e si erano trasferiti per due anni in Olanda per via di una cospicua borsa di studio; Rafe e Matthew erano andati a trovarli per annunciargli il loro fidanzamento, e ci avevano mandato quella foto.

La settima foto non è una foto, è uno specchietto rettangolare incorniciato: l'abbiamo posizionato su quella mensola perchè, in questo modo, ogni volta che vediamo la nostra immagine riflesssa lì, possiamo ricordarci che tutta la felicità di cui le precedenti foto sono una testimonianza è stata creata e vissuta da noi, e possiamo continuare a farlo. Per ogni singolo problema, insieme è possibile trovare la soluzione. Ogni momento, se ci impegnamo, può diventare un momento felice. C'è stato un tempo in cui ho pensato che la mia vita sarebbe stata piena di dolore e sofferenze, e ogni tanto mi è capitato di ricadere in questo vortice nero. Ma quando capitava, i miei amici, mio marito, i miei figli mi prendevano la mano, mi facevano vedere quelle foto e mi ricordavano che sì, dolore e sofferenze fanno parte della vita, ma anche la gioia e l'amore ne fanno parte. Sta a noi decidere cosa vogliamo e fare di tutto per ottenerlo.

Ho vissuto una lunga vita, e sento che il mio tempo è quasi giunto al termine, ma la cosa non mi spaventa più di tanto: la vita che ho avuto il privilegio di vivere è stata piena di amore, dato e ricevuto. Ogni problema che ho avuto è stato risolto. Ho ottenuto tutto ciò che ho sempre desiderato. E quando me ne andrò, lo farò con un sorriso stampato sulle labbra, perchè lascio un'esistenza da cui ho preso tutto ciò che si poteva prendere. Non so cosa ci sia dopo la morte, se l'Inferno e il Paradiso, un grande campo in cui vagare per l'eternità o il nulla, ma potrò ricongiungermi, in un certo senso, con mia madre, con alcuni dei miei amici che se ne sono andati prima del tempo, con mio marito, venuto a mancare qualche mese fa, con tutti i gatti che ho avuto, e andrà bene così.

Mi alzo con fatica dalla poltrona e mi avvicino al vecchio stereo vicino al caminetto. Faccio partire quella che, per settant'anni d'amore, è stata la nostra canzone, e torno a sedermi.
Chiudo gli occhi e ascolto ogni nota con attenzione, ripercorrendo le volte in cui io e Alexander l'abbiamo sentita, cantata, ballata.

And love dares you to change our way of
Caring about ourselves
This is our last dance

Sorrido. Effettivamente, grazie all'amore di tante persone ho cambiato il modo di relazionarmi con me stesso e sono arrivato a stare bene, veramente bene.

Ho chiuso gli occhi. Non li apro più.

Under Pressure || MalecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora