La prima tappa del mio viaggio quella mattina fu il paesino sulla strada per scendere dalla montagna. Avevo già in mente un programma da eseguire prima di partire alla volta della casa di mio padre, quando, arrivata al piccolo centro abitato, mi resi conto che era domenica. Fui costretta a rivedere il mio programma, così mi ritrovai a dirigermi nella mia città natale. Impiegai quattro ore, comprese le soste per fare il pieno e comprarmi da mangiare, usai i soldi che avevamo lasciato nel cassetto del cruscotto, non ne avevo altri, ma bastarono a riportarmi a casa.
Era primo pomeriggio e fuori faceva molto più caldi rispetto a dove avevo vissuto negli ultimi cinque anni, ma quando arrivai e parcheggiai la macchina fui sopraffatta da una valanga di sentimenti, non tutti riuscii a capirli ma di sicuro quella morsa al cuore era dolore e nostalgia.
Come al solito le auto erano parcheggiate fuori, quella della mamma e quella che era stata mia, il regalo di papà che avevo dato a mia sorella quando ero andata via, lei si era liberata della vecchia macchina di seconda mano che le aveva trovato la mamma e aveva fatto sua quella che era stata la mia macchina. Ne ero stata felice, io non sarei più riuscita a guidarla.
Scesi dalla macchina e mi presi un momento per guardare la casa in cui ero cresciuta, prima di suonare il campanello. Al citofono rispose mia madre e quando comprese che ero io fece scattare l'apertura del cancello e mi corse incontro assieme ad Elisabetta e mi stritolarono in un abbraccio. Quando dopo una eternità mi lasciarono andare per farmi entrare in casa, scoprii che Rob era presente e, persino lui, mi salutò con un abbraccio, anche se il suo fu molto breve e decisamente meno spezzacostole. Non rimasi molto. Solo un'ora circa, benché assicurai che sarei tornata al massimo entro tre ore, quindi molto prima di cena, e che sarei rimasta a dormire a casa da loro.
Recuperai in casa di mia madre un pó di cose che avevo lasciato prima di partire, come ad esempio il portafoglio con dentro il bancomat. Avevo lasciato tutto il necessario da loro. Munita di soldi me ne andai al più vicino centro commerciale.
Parcheggiai il più vicino possibile all'entrata e mi precipitati direttamente nel negozio di telefonia, vista l'ora non c'era nessuno e fui servita immediatamente, comprai un cellulare nuovo con un nuovo numero, che il commesso mi assicurò si sarebbe attivato entro un ora al massimo. Entrai in un negozio di intimo e comprai alcuni capi e un paio di camice da notte e pigiami, il mio intimo risaliva a prima che me ne andassi e in buona parte era premam, e per quanto riguardava il vestiario per la notte ero messa anche peggio. Dovetti comprarmi anche alcuni vestiti, non avevo nulla da indossare a casa di mamma e mi rifiutato di tornare nella villa dove avevo vissuto con Seth, il solo pensiero di trovarmi lì, senza di lui mi dilaniava. Infine presi un paio di scarpe sportive ed un paio di sandali. In tutto impiegai neanche due ore. L'ultima fermata prima di andarmene fu per comprare uno spazzolino da denti, mi infilai in macchina e me ne andai, con una chiamata avviata e il suono dello squillo dall'altro capo della linea che inondava la macchina dalle casse della radio.
Non stetti molto al telefono, il tempo di arrivare in centro e parcheggiare. Camminai con passo svelto e deciso, la testa bassa evitando lo sguardo dei passanti, sperai di non incontrare persone che conoscevo, non volevo parlare, non volevo mi facessero domane o, peggio ancora, le condoglianze.
Aprii la porta del negozio ed entrai, ignorando il personale che mi avvisava che erano chiusi e cercava di farmi uscire. Quella volta, al contrario del passato, non cercai di spiegarmi e parlare con loro, mi avviai semplicemente verso l'ingresso al retrobottega, non che ce ne fosse bisogno. Il fracasso lo attirò e fu lui a venire in sala, con tra le mani un panetto di pasta per pizza. "Che succede?" Domandò con voce dura, attirando l'attenzione su di lui, prima ancora di avermi visto. Fu bello rivederlo, ancora di più ammirare la sua espressione sconvolta quando i suoi occhi si posatori su di me. L'impasto gli cadde a terra e si spiaccicò sul pavimento, mentre mi fissava stupito. Era cambiato, tutta colpa dell'attacco. Lui era quello che era stato messo peggio. L'incidente lo aveva conciato molto male e quando fu aggredito... era stato un miracolo che fosse sopravvissuto, aveva impiegato tre mesi prima di potersi alzare e altri tre di riabilitazione. La morte di metà del nostro branco, della nostra famiglia aveva costretto entrambi ad una convalescenza più lunga. Lui aveva inciso sulla pelle di tutto il corpo il ricordo di quel giorno, il più visibile era di sicuro l'imponente cicatrice del colpo ricevuto dal fratello maggiore in viso. Gli artigli del fratello gli avevano squarciato la parte destra del volto dal cuoio capelluto al mento, aveva quasi perso un occhio, mentre una cicatrice che partiva dall'attaccatura del naso per arrivare poco sotto l'orecchio gli era stata inflitta da un pezzo di lamiera della macchina su cui aveva sbattuto, sapevo che aveva cicatrici simili su tutto il corpo, nascoste sotto gli indumenti.
Fu lui a fare il primo passo verso di me, mentre io rimanevo ferma. Mi mise una mano sul viso, come se volesse accertarsi che fossi vera. Gli sorrisi, sinceramente felice di vederlo "sei qui" era davvero incredulo e quello mi portò solo ad ampliare il mio sorriso "nessuno mi ha detto nulla" che fosse infastidito dalla cosa era palese "non lo sa nessuno" spiegai lasciandolo basito "non volevo turbare Gab e i ragazzi e non ho la minima idea di dove trovare mio fratello così sono venuta qui" spiegai "resti?" In quella domanda era palese la speranza. A nessuno di noi era rimasto molto, tenere insieme quello che avevamo era tutto. "Domani, da mi madre, porta gli altri e il dolce" alla mia ultima richiesta sorrise, gli misi in mano un foglietto, sopra solo pochi numeri "per i dettagli" specificai "Ora, me le faresti tre pizze da portare a casa per cena?" A quel punto scoppiò a ridere e mi abbracciò, di nuovo rischiai l'integrità del mio costato, ma ricambiati con la sua stessa energia, poi mi trascinò in cucina, dove dal nuovo telefono riuscii ad avvisare a casa che sarei tornata con la cena a breve.