5 - un benvenuto che si ricorda

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Il mercoledì fu normale, ci preparammo per il viaggio del giorno dopo, per comodità avremmo preso la mia macchina, che era più grande, le aiutai a fare le valige e sistemare casa, uscii nel pomeriggio con la scusa di salutare il branco e comprare qualche spuntino per il viaggio, cosa che feci, nonostante sapessi che erano stati invitati alla festa anche loro, sarebbe stata venerdì e sabato sera, comprai degli snack dolci e salati e qualche bibita oltre della semplice acqua in bottiglia. Finito quello andai a comprare un set di valige e quando tornai a casa fui felice di non averne mancata neanche una, infatti entrambe non avevano idea di dove mettere le loro scarpe.

Il giovedì mattina partimmo presto. Non avevamo fretta, l'unica cosa che mi impensieriva era il fatto di non aver sentito per nulla Dimitri in quei giorni, avevo provato a chiamarlo varie volte, ma non mi aveva mai risposto, il satellitare sempre spento.
Proseguiamo con calma facendo varie soste, alle volte solo per guardare il panorama, arrivammo da mio padre alle quattro del pomeriggio circa. Fermai la macchina esattamente di fronte il portone principale del palazzo, che più che palazzo era un castello, non il classico cassello medievale cupo, aveva delle mura, ma dentro di esse c'era un giardino che le divideva dal castello, la sua pianta era ad elle, tutti i suoi lati davano su stupendi giardini dai prati di un verde brillante che, facevano risaltare come una gemma la pietra bianca e candida della struttura. Il tutto era circondato da boschi incontaminati, ben visibili dalle numerose ed ampie vetrate e finestre. Quel posto non aveva nulla di buio e cupo era una perla nel verde.
Qualcuno ci aspettava all'ingresso, non mi ci volle una seconda occhiata per capire che faceva parte della servitù della casa. Non era facile, per me, anche solo capire come sapessi che non era un mio parente, era una di quelle cose che continuavo a non spiegarmi e che, probabilmente, non mi sarei mai spiegata.
Uscii dall'auto per prima, mentre le altre due recuperavano le borse, la reazione che ebbe l'uomo all'entrata fu esagerata, secondo il mio parere, quasi si inginocchiò a terra, salutandomi con un "bentornata vostra grazia, sono l'addetto all'accoglienza di questa casa" per poco non mi strozzai con la saliva per quanto ci rimasi basita. Poi le mie accompagnatrici scesero dall'auto e il suo atteggiamento cambiò radicalmente, sembrava quasi offeso della presenza di due umane al suo cospetto. Eli e mamma se ne accorsero senza problemi tanto fu palese. "Vi scorterò personalmente nelle vostre stanze, poi accompagnerò le due umane negli alloggi della servitù" si affrettò a dire spostandosi per lasciarmi passare. Le due si sentirono offese per quel trattamento ma non fecero scenate, io la presi peggio. "Osi insultarci fino a questi livelli?" Furono le prime parole che pronuncia e le dissi con astio e rabbia. L'uomo sbiancò e la sua paura mi inondò le narici. "Accogliere l'unica lupa discendente diretta del vostro capostipite in modo così rozzo, senza neanche la presenza di uno dei miei fratelli ad auguraci il benvenuto e, peggio ancora, trattare in modo così infimo mia madre e mia sorella, la figlia umana del tuo signore?" Il lupo sembrò rimpicciolire ad ogni parola che pronunciavo e quasi si mise a tremare "andate immediatamente a chiamare qualcuno che porti i nostri bagagli nelle nostre camere e che ci accolga come si deve" gli lanciai le chiavi dell'auto e lui, benché non mi stesse guardando, le afferrò grazie ai suoi riflessi sviluppati "tu limitati a parcheggiare la mia auto, spero che almeno questo ti riesca" fu veloce a sparire dalla mia vista, lasciando l'imponente portone aperto e noi sulle scale. Decisi di entrare, avremmo potuto aspettare lì chiunque sarebbe venuto a prenderci. Fu quella domanda a fermarmi dal farlo "Perché gli hai parlato così? Non era un pó troppo?" Chiese mamma sconcertata dal mio comportamento. Sospirai e mi girai verso di loro "devono capire chi comanda, altrimenti ci saranno problemi" ammisi "quali problemi potrebbero esserci?" Chiese curiosa mia sorella "se non rispettano la mia autorità la mia protezione verso di voi non avrà significato, il modo più veloce per tenerli sotto controllo è spaventarli" sapevo che avrebbero voluto chiedere altro, ma non ne avemmo il tempo, mi ritrovai a pochi passi da me un Elia accompagnato da un altro dei nostri fratelli, non lo conoscevo ma mi era capitato di intravederlo nella mia precedente visita, se così si potevano definire quei pochi giorni che avevo passato chiusa in una stanza nella quale mi ero svegliata dopo essere stata portata priva di sensi dopo l'attacco, dietro di loro c'erano sei lupi, tre femmine e tre maschi. "Diana, non sapevamo fossi arrivata" cominciò Elia, uno dei pochi fratelli che avevo conosciuto e con cui avevo parlato. Mio padre non me ne aveva mai parlato e neanche Seth o gli altri del branco, a quei tempi sembravano tutti intenzionati a mantenermi nell'ignoranza sulle questioni importanti, minimizzandole o sorvolando senza darmi vere informazioni, escludendo D che era stato l'unico a rispondere alle mie domande e a dirmi le cose come stavano, lo avevo scoperto solo un anno prima, mio padre aveva un totale di trentotto figli, io ed Eli eravamo rispettivamente i numero trentanove e quaranta, numero comprensibile visto che era nato ben prima dell'avvento di Cristo. Io di quei fratelli ne avevo conosciuti circa dieci, avevo una confidenza marginale solo con tre o quattro di loro, escludendo Dimitri e Vincent. Lo sguardo di Elia passò oltre le mie spalle e solo allora vide mamma ed Eli, era stupito, era bravo nel mascherarlo ma ad un lupo non poteva farla "Elisabetta, signora Iris è un onore potervi rivedere" l'opinione che Elia aveva di mia mamma non sapevo bene quale fosse, ma di sicuro era rimasto sconvolto nel vederla rimproverare papà, neanche fosse un ragazzino, un qualche genere di rispetto nei suoi confronti lo aveva sviluppato, ne ero sicura. "Permettetemi di presentarvi Günter, il secondogenito, fratello loro sono Diana, Elisabetta e la signora Iris, la loro madre" man mano che ci presentava ci indicava con un gesto educato della mano "accomodatevi" ci invitò il maggiore lasciandoci passare ed entrare nella grande sala d'ingresso del castello, tutta affrescata in colori tenui e a tema naturale. "Questi maschi porteranno i bagagli nelle vostre camere, e le femmine si occuperanno di ogni vostra esigenze" ci informò Günter "preferite rifocillarvi o volete prima rinfrescarvi nelle vostre camere?" Domandò Elia, sorrisi in modo gentile "saremmo tutte entusiaste di poter sorseggiare qualcosa di fresco in vostra compagnia" annunciai allegramente.
Dopo un thè freddo, qualche stuzzichino e una mezz'ora di chiacchiere, furono i due ad accompagnarci nelle nostre stanze, come avevo chiesto erano vicine, addirittura attaccate, nell'ala della famiglia, anche troppo vicino a quella di papà.

Branco È FamigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora