28 - il migor fine serata possibile

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La sala ci mise decisamente troppo a calmarsi ma, c'era da ammettere, non fu tutta colpa loro, Derwin e il nonno avevano cominciato a bisticciare come al solito per chi doveva abbracciarci, noi ci avevamo fatto l'abitudine, persino papà e i fratelli che vivevano con lui si erano un minimo abituati alla cosa, nonostante quando accadesse restassero ancora a fissarci incuriositi. La situazione non migliorò di certo quando nonno cominciò a chiamare Der "fratellino gelosonone" gli ascoltatori erano a dir poco stravolti dall'atteggiamento dei due progenitori, nell'immaginario collettivo i progenitori erano l'apice della nobiltà, del rigore e della serietà, scoprire che in realtà erano tutt'altra cosa era assurdo per loro, tutti loro, dal primo all'ultimo, nonostante le loro differenze di personalità non si consideravano nobili, vivevano in un ambiente rilassato e familiare, avevano un atteggiamento confidenziale e amichevole con chi era loro vicino e più gli eri vicino più confidenze e spontaneità ricevevi. Der era il tipo che sembrava freddo e distaccato ma notava tutto ed era proprio nei piccoli gesti, come riempire il tuo bicchiere di acqua perché aveva notato che fissava il contenitore vuoto, passare davanti ad un negozio e comprare la tua marca preferita di un prodotto che avevi quasi finito, starti accanto quando hai bisogno di una spalla su cui piangere o restare in disparte quando avevi bisogno di spazio. Nonno, invece, proprio come Glauco aveva un carattere espansivo, abbracciava, scherzava e spesso dava fin troppo confidenza, fregandosene di ciò che aveva intorno o di mettere in imbarazzo i destinatari delle loro attenzioni con la sua schiettezza e la mancanza di filtri.
Solo quando, io e D riuscimmo a calmare un imbronciato Der, con un bacio sulla guancia e un simultaneo "ti amiamo tanto" che fece venire i brividi a qualcuno tra gli invitati, la situazione fu abbastanza calma da permetterci le presentazioni. In tutta sincerità l'unico in quella stanza da cui non avevo motivo di temere era proprio il capostipite con cui stavo parlando e non mi feci problemi a presentare i nuovi membri del branco e il resto dei parenti. Conversammo a lungo, forse anche troppo, ci monomopolizzammo a vicenda e, in quella occasione sarebbe stato meglio non farlo, era bene scambiare due parole con tutti, ma sinceramente non mi importava poi molto la cosa, fu solo dopo circa un ora che mi decisi a scusarmi e allontanarmi dal gruppo, diretta in bagno, inutile dire che più la pancia si era fatta grande e più spesso avevo avuto bisogno di fare pipì, una bella rottura ma inevitabile per una donna incinta. Quando tornai trovai Der ad aspettarmi accanto la porta della sala del ricevimento mentre D era seduto su una poltroncina accanto ai nostri figli e Harry mentre si assicurava non facessero danni con il cibo che stavano divorando. "Stai bene?" Mormorò contro il mio orecchio mentre mi circondava con un braccio la schiena e con la mano libera mi sorreggeva, senza far pressione, la pancia prominente "si, il solito" minimizzai, sollevò un sopracciglio in una muta richiesta di chiarimento "solo un pó di mal di schiena" ammisi evitando l'argomento caviglie gonfie.
La successiva ora è mezza mi ritrovai a parlare con gente di cui a malapena conoscevo il nome e che aveva tentato di infilare una delle loro parenti nel letto dell'uomo che mi teneva stretta a sé. Poi feci a cambio con D, avevo bisogno di sedermi e i cuccioli davano i primi segno di cedimento, si erano seduti tutti e quattro vicini a giocare a qualcosa smettendo di correre in giro.
Fu a quel punto che successsero le uniche due cose con un minimo di rilevanza per me: mi resi conto che Gabrielle e Boris non si vedevano in sala ed una donna mi si sedette accanto con tutta l'intenzione di spettegolare. Diedi per scontato che Gab si fosse stancata e che zio Boris l'avesse portata in camera per riposare e non mi preoccupai, fino a quando zio sarebbe stato con lei non ne avevo motivo. La donna accanto a me chiacchierò a lungo, molte delle cose che mi disse le dimenticai un istante dopo ma apprezzai il tentativo di conversazione, sopratutto perché sembrava non voler altro se non parlare, andammo avanti per più di mezz'ora prima che, innocentemente, mi chiedesse "voi ora cosa fate?" Visto che l'argomento fino ad un attimo prima era stata l'attività lavorativa del branco di cui faceva parte non mi stupii della domanda e la trovai ragionevole, che avevamo lasciato il territorio da mesi era risaputo "per ora siamo ospiti qui, mio padre si sarebbe arrabbiato a morte se non lo avessi fatto partecipare alla gravidanza anche stavolta" ammisi strappandole un sorriso "e poi non abbiamo finito la ristrutturazione della nuova casa, ci siamo trasferiti prima del previsto" raccontai "di nuovo un territorio tra gli umani?" Chiese in toni colloquiale "no, ma vicino, abbiamo deciso di aprire una attività per mannari, o occasionalmente sovrannaturali." Spalancò gli occhi sorpresa "davvero?" Si incuriosì "ci siamo resi conto che noi non abbiamo nessun posto dove fare vacanze o rilassarci, da mannari, papà dice che quando un licantropo vuole fare una pausa si finge umano e sta tra di loro, o resta lupo e vive un periodo tra i boschi, ma non è giusto dover scegliere, così ci è venuta l'idea di creare un posto dove si può essere entrare le cose" la donna rimase molto impressionata dalla notizia e fece mille domande, molte delle quali rimasero senza risposta perché certi dettagli non li avevamo ancora studiati, mancavano ancora almeno due anni prima di essere in grado di aprire. Dovetti interrompere la conversazione perché Axel era praticamente addormentato sulle mie gambe e poco mancava agli altri per seguirlo, attirai l'attenzione di D e lui arrivò subito si caricò in braccio i tre bimbi semi addormentati e provò a prendere anche Axel per farmi evitare di portare pesi ma rifiutai. Lungo la strada vero l'uscita dalla sala incrociammo Michele e gli diedi il compito di avvisare papà e Rena che Harry stava con noi e poi ci ritirammo, per quella sera ero finita, volevo solo il mio letto e non avere a che fare con altra gente.
Eravamo appena uscito dalla camera dei bambini dopo averli stessi a letto quando vedemmo una delle cameriere correre come una pazza lungo il corridoio, un lieve gemito di dolore arrivò poco dopo. Individuai la camera immediatamente e corsi lì il più in fretta possibile.
Gabrielle era stesa a letto, madia di sudore, le gambe spalancate e Boris tra di esse che, da bravo curatore stava facendo nascere il suo stesso figlio. Praticamente mi precipitati verso la ragazza che stava stritolando le lenzuola con le mani. Mi sedetti sul materasso accanto a lei e la costrinsi ad afferrarmi una mano nel bel mezzo di una contrazione. Aveva gli occhi sbarrati e neanche respirava nel tentativo di non urlare per il dolore. Niente epidurale per i mannari, lo avevo scoperto anni addietro sulla mia pelle. D sparì dalla stanza senza che gli dicessi nulla. Era andato ad informare gli altri, non c'era neanche da pensarci. Quando riprese a respirare capii che la contrazione era passata "dovevi dirmelo" la rimproverai, dolore o non dolore se lo meritava "ma la festa..." biascicò "ma a chi importa? La nascita del mio nipotino o nipotina viene prima di tutto" le deposi un bacio tra i capelli sudati "resto con te, tu pensa solo a spingere" non ci furono altri discorsi o parole. Venti minuti dopo quando il pianto del nascituro inondò la stanza tutto il branco, il nonno, Glauco, papà e i miei fratelli con le loro famiglie, persino Andrew e la sua compagna, erano di fuori, nel momento di cui D aveva dato la notizia papà aveva dichiarato la fine della festa. Diedi io la notizia, per lasciare i neo genitori a coccolare il cucciolo in santa pace "è un maschietto, si chiama Wolfgang" annunciai. Fu dura convincere tutti a ripassare domani, ma era la cosa giusta, Gab era distrutta, fisicamente e, in qualche modo, mentalmente. Con quello che le aveva fatto passare il padre l'argomento figli era estremamente destabilizzante per lei, aveva bisogno di un pó di tempo per metabolizzare che quel frugoletto che teneva tra le braccia non le sarebbe stato portato via.

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