35 - sfogo

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Per Elia tutto quello doveva essere stato troppo, che ultimamente non stesse bene era palese bastava un minimo di attenzione per accorgersene, era scostante, irritabile, perennemente nervoso, aggressivo, scattava all'improvviso per un nonnulla, alcune volte senza alcuna ragione apparente e senza che neanche qualcuno gli avesse rivolto la parola. il mannaro era scattato in piedi, aveva lanciato la sedia su cui era seduto contro il muro, rivoltato un tavolinetto su cui era adagiato un vaso di fiori, che era finito in mille pezzi preso a calci i fiori, i cocci e il mobile fino a farlo a pezzi e sembrava intenzionato a scatenarsi anche contro un quadro ritraente una natura morta, quando si lasciò cadere a terra, portò le ginocchia al petto e vi nascose la faccia. solo allora Roa lo avvicinò e lo strinse in un abbraccio. "sono gay" non aggiunse altro, non emise ne una parola ne un suono, ero preoccupata, per uno come Elia, che avevo cominciato ad inquadrare, non doveva essere affatto una situazione gestibile, il fatto che fosse esploso in quella maniera ne era un esempio, non che potei rimanere più di tanto con i pensieri rivolti verso di lui, propri accanto a me Zeno singhiozzò un "anche io" fu solo allora che ci accorgemmo che il più giovane dei maschi presenti era rannicchiato sulla sedia e piangeva con la faccia nascosta dietro le mani, stavolta fui io ad abbracciarlo e lui mi si spalmò addosso stringendomi forte, come se avesse bisogno di aggrapparsi a qualcosa per non collassare totalmente "io ho visto quanto padre fosse entusiasta dei avere nipotini, non volevo deluderlo, non volevo che sospettasse e mi allontanasse." non ce ne fu uno tra i maschi presenti che non abbassò lo sguardo tutti fin troppo consapevoli di come ci si sentisse "a lei non fregava niente, voleva solo una posizione più elevata nel branco e smettere di dover lavorare quindi quando le ho detto che per metterla incinta doveva solo starsene a faccia in giù sul materasso e non guardare non ha fatto domande e ha obbedito. non le potevo far vedere che avevo bisogno di aiuto per farmelo venire duro con una donna" singhiozzò per poi borbottare qualcosa su una scatola dei giochi, argomento che nessuno volle affrontare. "mi sento così disgustato per quello che ho fatto, dover avere a che fare con quella donna, è terribile, lei è orrenda e non fa altro che insistere che devo darle altri figli una volta che questo sarà nato" singhiozzò. solo a quel punto Elia si fece risentire "io non ci sono mai riuscito e ci ho provato ad andare con donne, ci ho provato per anni" quello fece rompere la diga anche agli altri quattro che avevano presentato a papà i loro amanti ma nessuno di loro era ancora riuscito a dire apertamente al genitore che quelli erano i loro uomini, avevano solo lasciato intendere la cosa, desideravano viversi le loro storie, stare liberamente con le persone che amavano e, vivere con loro ma, come avevano puntualizzato, loro non avevano un progenitore come amante e se papà l'avesse presa male sia per loro che per i loro uomini sarebbe finita male. dopo quello ci mise poco la situazione a degenerare tra uno scambio di pensieri, una condivisione emotiva e la narrazione di episodi traumatici, metà di loro piangeva e l'altra metà si faceva forza per non crollare ed essere di sostegno ai fratelli. persino D era arrivato a versare alcune lacrime quando aveva confessato quanta paura avesse avuto dei sentimenti che nutriva verso Derwin, di come fosse stato terrorizzato dalla possibilità che venisse scoperto che si era costretto a non avvicinarsi mai direttamente all'uomo che non avesse mai avuto il coraggio di scambiarsi un bacio con lui, anche quando sapeva che non c'era pericolo di essere scoperti "sarei diventato ingordo e ne avrei voluti sempre di più, lo avrei voluto sempre di più e proprio non potevo. padre mi ha accolto e cresciuto, gli dovevo tutto e avevo voi e non vi volevo perdere" aveva informato i presenti mentre consolava uno dei nostri fratelli.

fui io a scoppiare a quel punto, non potevo assistere ad una scena del genere, ascoltare cose del genere e starmene immobile, impotente "così non va" attirai la loro attenzione con quelle parole uscite di getto "volete davvero continuare a vivere così, perennemente terrorizzati, in ansia, reprimendovi e nascondendovi?" di nuovo gli sguardi si abbassarono "non è meglio darci un taglio, che vada bene o male almeno non dovrete più fingere e potreste stare con chi volete senza imporvi cose assurde e dolorose" scese di nuovo il silenzio mentre gli uomini riflettevano su quanto avessi detto "credi che ci caccerà?" la domanda venne sussurrata da Zeno "no, io credo che vi voglia bene e che sia un padre abbastanza buono da mettere la felicità dei suoi figli davanti a degli stupidi stereotipi bigotti e senza senso e, se mai gli si fosse fritto il cervello e dovesse comportarsi altrimenti sono più che certa che dopo che lo avrò preso a calci rinsavirà e cambierà idea" assicurai, riuscendo addirittura a strappare un sorriso alla maggior parte di loro. "Io ci voglio parlare" annunciò Roa, sembrava deciso, ma anche insicuro "Fintanto che ho un po' di coraggio ci voglio parlare, e se andrà male andrò a vivere con Or" asserì "Non sei obbligato nessuno lo è" mi affrettai a dire, spaventata che le mie parole li potessero spingere a fare qualcosa che non volevano "Voglio farlo, sono davvero stanco di tutto questo" ammise Roa. obbedii ed andai a prendere papà quando mi dissero di farlo.

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