15 - tornare a casa

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Quella volta avvisai.
Il mio ultimo ritorno a casa non era stato il più garbato, in fin dei conti ero piombata da mia madre di punto in bianco, stavolta, invece, avevo avvisato con un paio di settimane di anticipo, perciò quando arrivai aprii il cancello e recuperai la chiave che mamma mi aveva lasciato nascosta poco lontano dalla porta. Mi aveva avvisata che non ci sarebbe stato nessuno. Lei aveva il suo turno in ospedale e mia sorella doveva sbrigare delle faccende, non mi avevano specificato quali ma non importava.
Lasciai che ad aprire la porta fosse lui, che fece passare sia me che D prima di chiudersi la porta alle spalle.
"Sicura che vada bene?" Chiese per la terza volta chiudendosi la porta alle spalle. "Si, non preoccuparti e poi non è neanche in casa, cosa vuoi che le cambi" ripetei, facendogli cenno con la testo verso che direzione andare, incamminandomi lungo il corridoio "non voglio cominciare male, sai che effetto faccio" mi scappò un sorriso e mi fermai davanti la porta che dava sulla cucina "sarebbe peggio se puzzassi di vomito, cosa che avresti potuto evitare se ti decidessi a metterti un panno sulle spalle per far fare il ruttino ai piccoli" gli rinfacciai con un sorriso divertito in faccia. Sbuffò "piuttosto venite ad assicurarvi che mi tolga per bene sta puzza di dosso" che intendesse darsi da fare con entrambi sotto la doccia era più che palese dal suo tono e dalla sua espressione. Presi l'ovetto che conteneva il bambino che stava portando e gli indicai la porta chiusa "non pensarci neanche, i pannolini non si cambiano da soli" i suoi occhi si puntarono su Dimitri che, sorridendo negò "ti faccio vedere dove sta il bagno e aiuto D, tu pensa a metterti qualcosa di pulito" mi sostenne, lasciando l'altro maschio contrariato e sospirante "come volete miei cari sobbillatori" diceva sempre così quando eravamo contrari a qualcosa che proponeva, che sobbillassimo un colpo di stato ai suoi danni. Fu così che lui aprì la porta restando da parte per farci entrare, attento che il borsone che teneva in spalla non ci finisse addosso. Fu un attimo, non feci in tempo neanche ad oltrepassare la porta ed entrare nella stanza. "Sorpresa" esclamò un coro di voci squillanti e allegre. Per dei lunghi secondi tutti e tre rimanemmo con la bocca spalancata a fissare la scena, basiti. Era casa di mia madre, nessuno di noi si era preoccupato di prestare attenzione a ciò che ci circondava, annusare o sentire odori e rumori. Mi ci volle un pó per rendermi conto della situazione dare uno sguardo ai volti dei presenti, di sicuro più a me che a lui. "Io ti uccido" minacciò papà che, con accanto una Rena, che sembrava trattenersi da un attacco di panico, con in braccio un neonato, all'indirizzo del mio compagno. Prestai poca attenzione agli altri presenti, riconobbi mamma ed Eli, Dario e Rob, il branco alcuni tra i miei parenti più vicini da parte di madre, la zia e le figlie erano un esempio, ed alcune persone che non conoscevo. non so per quale miracolo riuscii a muovermi, fare quel passo che serviva a frappormi tra papà e il mio nuovo compagno, il silenzio che era calato dalla minaccia del mio genitore era colmo di stupore e sconcerto, ovvio i pochi che capivano il perché papà avesse avuto una simile reazione se ne stavano zitti e da parte "parliamone" riuscii a dire prima che scoppiasse in una predica epocale davanti a persone che era meglio si perdessero quello spettacolo "eccome se ne ne parliamo" concordò con una nota nella voce che mi diceva fosse sul piede di guerra. Restituii l'ovetto con il piccolo al padre e ne tenni uno per me "Andiamo di là" papà accettò con un gesto della testa senza emettere suono "voi occupatevi di loro, va bene?" Domandai, lanciando prima uno sguardo a D e fermando il mio sguardo sul volto del mio compagno. Non aspettai risposta e mi voltai per uscire, certa che papà mi avrebbe seguita nel salotto. Lui mi fermò afferrandomi il polso libero e facendomi voltare nella sua direzione. Non mi servì che dicesse nulla per capire cosa gli passasse nella testa, era preoccupato dal fatto che uno dei cuccioli me lo stessi portando dietro. "Va tutto bene" lo rassicurai con un sorriso per poi avanzare. Mi lasciò andare.

Papà era arrabbiato e non poco. Ero seduta sul divano e lo guardavo aggirarsi nella stanza come un leone in gabbia, una scena familiare, accanto a me l'ovetto con il cucciolo ben coperto da un lenzuolino leggero, era caldo, in fin dei conti l'estate non era ancora finita.
Dopo quella che mi era sembrata una eternità, in realtà neanche due minuti, sbottò "tra tutti quelli a cui potevi rivolgerti proprio lui e non solo, te lo sei anche..." Si fermò prima di dire qualcosa che avrebbe messo me sul piede di guerra, il che implicava l'implicito messaggio che quella discussione l'avrei vinta io, il suo era uno sfogo, si era già rassegnato al fatto che mi ero trovato un compagno e che questo, con ogni probabilità non gli sarebbe piaciuto, altrimenti gli avrei detto chi era. "Ed hai coinvolto anche tuo...." Si corresse "Dimitri" concluse. "Da chi altri sarei potuta andare? Nessuno avrebbe mai mosso un dito contro Benjamin, neanche tu hai voluto" si lasciò cadere su una poltrona, consapevole che fosse la verità "e poi, più che essere stata io a coinvolgere D è lui che ha coinvolto me, quei due si girano intorno, senza mai essere andati oltre, da secoli, lui ha solo colto l'occasione, siamo stati un due al prezzo di uno" ammisi "davvero Diana, la fai così semplice? Lo capisci cosa succederà quando si saprà che ti sei legata a lui. Che proprio lui è un cazzo di progenitore?" Domandò con un accenno di collera nella voce "per quale ragione credi non volevamo che si sapesse chi era? Senza contare che anche lui ha i suoi compiti da svolgere per gli altri progenitori e l'anonimato gli è necessario" affermai "quindi oltre che fare i tuoi lavori sporchi fa anche quelli dei progenitori?" Quelle parole mi diedero fastidio non poco, non tanto per l'allusione che mi riguardava quanto per lui, per come lo aveva descritto "lui è il cercatore" papà quasi si strozzò con la sua stessa saliva, si sapeva che i progenitori reclutavano i naturali, cosa che aveva accresciuto in modo allucinante il loro prestigio benché non si sapesse per quale motivo accadesse, e che c'era qualcuno che li cercava "a tutti fa comodo avere informazioni, a tutti fa comodo che lui le ottenga, per questo può andare dove vuole senza curarsi del territorio, partecipare ad eventi senza invito e nessuno fa nulla. Fa comodo a tutti che ci sia lui a vendervele e risolvere i problemi lasciando le mani pulite al committente, è per questo che, anche se lo evitate come la peste gli lasciate la piena libertà di agire ovunque, a prescindere dal territorio o la stirpe. Quello che fa per voi lo ha reso invisibile e gli permette di avere contatti con tutti, per uno che cerca persone è conveniente non credi?" Gli feci notare "ma si fa pagare caro, se fosse il santo che dipingi non si venderebbe al primo offerente" accusò "i progenitori non lo pagano per quello che fa ed anche lui ha diritto ad una ricompensa per i suoi servigi" mi strinsi nelle spalle "e poi, papà, io gli ho chiesto di sterminare una intera linea di sangue, che diritto ho di giudicarlo" fu così che cedette e chiuse il discorso. Non c'era altro da dire al riguardo "perché siete andati via in quel modo?" Sapevo a cosa si riferiva, all'ultima volta che ci eravamo visti. La nostra separazione non era stata delle migliori. "Non avevo mai visto Dimitri in quello stato, dopo aver detto che l'ultimo cucciolo era suo è cambiato" notò preoccupato. Chissà quanti e quali pensieri orribili gli erano passati per la testa per giustificare quel comportamento. Anche se, da quando ero tornata in forma umana insieme ai cuccioli, ci eravamo sentiti per telefono, non gliene avevo parlato, non lo avevamo detto a nessuno, non ancora, volevamo tenerlo per noi il più a lungo possibile. "È questo il cucciolo di Dimitri" ammisi indicando con un cenno della testa al mio fianco, la sua attenzione venne attirata in quel punto, scostai il lenzuolo e glielo lasciai vedere. Fu uno shock per lui, era palese. Allungò una mano nella sua direzione "non toccarla" avvisai, bloccandolo dall'avanzare, estrassi il fagottino rosa dall'ovetto e lo strinsi al petto "ora lo capisci? Forse siamo esagerati, ma nessun posto con un lupo a meno di cento chilometri era sicuro per lei, non quando era così piccola e vulnerabile" non disse nulla, si limitò a guardarmi ma bastò. Nei suoi occhi leggevo approvazione, pura e semplice. Avevamo fatto bene.
Quando tornammo dagli altri li trovammo intenti a coccolare i due maschietti, uno era finito tra le braccia di mia madre, l'altro tra quelle di Gabrielle mentre mia sorella si faceva stringere un dito tra quelle manine paffute. Papà si limitò ad un cenno di assenso in direzione del mio compagno, che sembrò capire e gli rispose in modo identico, evidentemente avevano una tregua o qualcosa del genere, poi papà si diresse verso Dimitri. Lo abbraccio, stringendolo forte a sé, arrivando addirittura a deporgli un bacio in fronte "il mio ragazzo" mormorò così piano da essere udito solo dai lupi "mi hai reso nonno di una bambina" stavolta parlò con voce poco più alta, udibile a chi era più vicino e prestava attenzione. La commozione era palese nella voce di papà, non lo avevo mai visto così e non avevo mai visto così Dimitri, all'improvviso sembrò un bambino mentre stringeva l'uomo e con un sussurro lo chiamava per la prima volta nella sua vita "papà" proprio come io avevo fatto tante volte.

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