Gli ultimi mesi erano stati difficili ed io ero esausta. Inevitabile, con tre bambini sotto l'anno di età specializzati nel non farmi dormire, un compagno quasi sempre assente per lavoro, un padre che aveva deciso di stanziarsi per un periodo indefinito con la sua amante e il piccolo avuto da lei e che aveva deciso di far venire a turno i suoi figli grandi in città per far provare a tutti loro il suo lato non mannaro che sembrava non riuscire a mostrare a casa sua. Per ora avevamo ospitato, nell'ex appartamento che Vali condivideva con il fratello e il cugino, Marco con la sua compagna e il suo bambino di otto anni, erano rimasti per quasi due mesi, a sostituirli Roa ed Elia, avevo il sospetto che il secondo sarebbe rimasto parecchio, era già la seconda volta che papà lo portava da noi nella speranza che si sciogliesse un pó.
Elisabetta si era trasferita in un appartamento poco fuori il centro, l'avevo aiutata per quanto possibile, in compenso alla poca disponibilità nello spostare scatoloni mi ero rifatta non chiedendo nulla di affitto, a patto che si pagasse le spese di gestione per conto suo.
Avevo dovuto affrontare l'arrivo di lupi in cerca del mio compagno quasi ogni giorno, ovviamente l'interessato o non c'era o si negava, dicendomi di sbattere fuori dai nostri territori gli avventori senza molta cortesia.
I vampiri non avevano creato problemi, avevano preso in affitto la più grande proprietà che avevamo in centro, per metà era di Vali, a loro piaceva stare in mezzo alla gente, avevo fatto amicizia con Rena, e avevo riallacciato i rapporti con Andrea avevamo molto da recuperare ed ora che svolgevano entrambi il ruolo di massaie, prendendoci cura di casa e famiglia, nel suo caso una versione vampirica, ci bastava anche solo dover andare al supermercato per avere una scusa di incontro.
Per quanto riguardava il branco avevo notato che Adam e Michele coninciavano a sciogliersi un pó, ogni tanto li trovavo vicini, con degli atteggiamenti vagamente affettuosi, Vin e Vali sembravano allegri e si erano avvicinati, spesso uscivano a divertirsi insieme, alcune volte a loro si univa anche D. Certe volte invece era papà a chiedere ai suoi figli ed ai maschi del branco di passare del tempo insieme, succedeva un paio di sere al mese, uscivano per una serata tra ragazzi e noi femmine compresa Rena, mia mamma ed Eli, rimanevano a chiacchierare a casa mia.
Avevamo trovato una routine anche per la luna, lasciavo i bambini da mia mamma, Eli la aiutava fermandosi da lei per la notte, persino Dario era rimasto a dare una mano un paio di volte, papà aveva mandato a chiamare una specie di tata, tutti i branchi l'avevano, qualcuno che non si trasformava con la luna e che aveva il compito di badare ai cuccioli in quei momenti, papà ne aveva offerta una anche a me ma avevo rifiutato, fin tanto che fossi stata lì, D e Der erano concordi, volevo vivere il più umanamente possibile, non saremmo potuti rimanere per sempre.
Poi c'erano momenti come quello, momenti in cui mi perdevo, succedeva quelle poche volte che mi ritrovavo sola e mi sentivo stanca, quella specifica volta avevo mandato Dimitri a fare la spesa al posto mio, ero troppo preoccupata per il piccolo Axel, che dalla sera prima non aveva fatto altro che piangere a causa di una colichetta, per lasciarlo. Ormai ero sveglia dalla mattina precedente e, erano mesi che dormivo poche ore per notte ma non mi importava, finalmente il piccolo stava meglio e si era addormentato nella sua culla, avevo allattato e cambiato il gemello e la sorella facendoli riaddormentare e lasciandoli nelle culle accanto, sedendosi poi sulla sedia a dondolo che avevo fatto mettere nella stanza. Fu allora che mi persi, fissando un punto nel vuoto, senza accorgermi di ciò che mi circondava. Tornai indietro con la mente, in una stanza del tutto diversa, in situazioni del tutto dissimili, con lui. Da quando ero tornata in quella città, in quei momenti di sfinimento emotivo e fisico venivo sommersa dai miei errori.
Che fossi cambiata da quando ero umana era innegabile, quella me e quella che ero adesso erano così diverse da risultare quasi irriconoscibili, benché di base fossero identiche, ma ciò che mi spingeva a fondo era la me che ero stata nel mezzo. In quella persona alle volte non mi riconoscevo. Li rivivevo, quei momenti, quelle scelte fatte affrettatamente e senza cognizione di causa che poi mi avevano portato tanto male. Rinpiangevo, con il senno di poi la mia incoscienza, perché si, lo ero stata, dopo essere stata morsa avevo gestito quei primi giorni malissimo. Non me ne sarei mai dovuta andare allegramente in giro dopo aver saputo del calore e dei raminghi, mi sarei dovuta invece chiudere in casa e, una volta scoperto di papà avrei dovuto mollare tutto e trasferirmi da lui, restare li da sola fino a quando non mi fossero state spiegate per bene tutte le cose, io invece avevo lasciato al mio ormone impazzito il posto in comando, sostituendolo al cervello. Ero stata fortunata, nient'altro. Inconsciamente prima e successivamente per istinto mi ero buttata su Seth. Era il lupo più forte nei paraggi, quel piccolo abbozzo di lupo non ancora pienamente sviluppano, nato dal morso, voleva solo il meglio come maschio per l'accoppiamento ed ero stata fortunata che il meglio a mia disposizione fosse stata una persona così buona. Si, ero stata maledettamente fortunata. Fortunata ed orgogliosa, abbastanza da non farmi abbassare la testa verso i parenti di Seth ma di sicuro troppo, facendo quasi scoppiare una guerra.
Fu un tocco leggero sulla spalla a farmi uscire fuori da quel tunnel di pensieri nel quale avrei finito per immergermi solo più profondamente, né fui grata, non volevo assolutamente arrivare inforndo, dove faceva più male, dove c'era Brian.
"Di nuovo?" La voce del mio compagno mi scaldò il cuore di gioia, purtroppo contaminata dalla malinconia che quelle cupe riflessioni che, temevo, non mi avrebbero mai abbandonata, mi avevano risvegliato. "Sei tornato" era stato via quasi due settimane, non sapevo dove fosse andato, così come non avevo avuto idea del tempo che avrebbe impiegato a tornare o cosa avesse fatto, non era mai chiaro sul suo lavoro è ne io ne D volevamo costringerlo a parlarne, di base sapevamo di cosa si occupasse, i dettagli erano irrilevanti, e per quanto riguardava il tempo, spesso neanche lui aveva idea di quanto avrebbe impiegato. Mi alzai e lo abbracciai, felice della sua presenza, affondando la faccia nel suo petto e annusato il suo aroma, sentii il suo viso accostarsi alla mia testa e il suo petto espandersi quando lui fece la stessa cosa, con il naso affondato tra i miei capelli, ritrovando l'uno nell'altro quel confortante profumo di casa e famiglia che ci scaldava dentro.
"Di nuovo?" Ripetè la domanda dopo alcuni lunghi secondi in cui rimanemmo in silenzio in quel confortante abbraccio "sono solo stanca" mormorai contro il suo petto "racconta" sapevo che non si riferiva al tunnel di bui pensieri dal quale mi aveva tirato fuori, sapeva quali erano, erano anni che me li portavo dietro e lui con quel carattere che alcuni avrebbero ritenuto anaffettivo mi aveva dato modo di reagire e ricominciare. "Axel, ha pianto tutta la notte e la mattina a causa di una colica, per il resto tutto come sempre, il branco sta bene, affari a gonfie vele i vampiri non danno problemi, e papà ha organizzato un'altra serata tra maschietti settimana scorsa" raccontai "Grigori e Lena?" chiese subito degli altri due piccoli, dal movimento che percepii, mentre ero ancora spiaccicata contro il suo corpo, compresi che si era voltato a guardare i cuccioli addormentati nelle culle. "Tutto bene, tutti e tre" lo informai riguadagnandomi la sua totale attenzione. Sospirò "dovrei lasciarti al biondo, è lui quello dei due che sa cavarsela coi sentimentalismi" sentii le sue parole leggermente più lontane, segno che non mi teneva più il viso sulla testa, mi concessi un sorriso divertito, consapevole che non fosse quello il vero motivo, sapeva bene che D era l'unica persona a sapere esattamente cosa fare con me, quando ero turbata, per farmi stare meglio, anche lui ci sarebbe riuscito, lo sapeva, ma non tanto in fretta o efficientemente quanto l'altro maschio "sono solo pensieri" e dicevo sul serio, avevo superato tutto quello, ne soffrivo ma lo avevo superato, grazie a lui "ed ho mandato D a fare la spesa" ammisi. Ci fu silenzio dopo quello, per quelli che mi sembrarono lunghi e brevissimi minuti mi godetti la bella sensazione dall'avere di nuovo il mio compagno accanto, di avere le sue braccia protettive intorno a me e quella sensazione di casa che mi scaldava il cuore. "Sai, io un modo per non pensare lo conosco" asserì spostandosi un pó da me per potermi guardare in faccia, seppi dove sarebbe andato a parare prima ancora di alzare il volto per guardare la sua espressione. Non era anaffettivo, anzi tutt'altro, il suo modo di esprimersi era semplicemente diverso, andava compreso. D era un sostegno emotivo che agiva, quando necessario con dolcezza e decisione, supportandomi con gesti gentili, consigli e lasciandomi sfogare con le parole, Derwin era un tipo fisico, ascoltava, comprendeva e poi agiva, si sarebbe potuto definire pratico. "Sono sicura di si" gli sorrisi non sorprendendomi quando mi tirò su con un braccio. Dovetti aggrapparmi con le gambe a lui per trovare un pó di equilibrio e non rischiare di cadere mentre mi trasportava verso la parete sgombra più vicina. Sobbalzai dalla sorpresa, non perché mi ritrovai spalle al muro in pochi secondi ma per il rumore di stoffa strappata e la realizzazione che con la mano libera mi si era intrufolarsi sotto la gonna e mi aveva strappato le mutandine per l'impazienza. Mi scappò una risata "Hai davvero bisogno di noi due, un solo D non ti basterebbe mai" mi rispose con un bacio famelico "di scuro non potrei mai riempirlo di cuccioli, al contrario di te, e non potrei scopare te dopo averti ingravidata" sentii la cerniera dei suoi pantaloni aprirsi, e i suoi denti affondare nella carne morbida del mio collo, con violenza, strappandomi un gemito. La mia parte lupo, lo odiava, essere morsi era un segno di debolezza, di sottomissione a qualcuno di superiore e la mia parte lupo non lo avrebbe mai tollerato, era troppo dominante e potente, la mia parte umana tuttavia era tutta un fremito ed in quel momento nel mio corpo umano era quel mio lato a farla da padrone quindi quel morso lo trovai sublime, così come quel comportamento rozzo e quella mano che mi arpionava quasi dolorosamente il fianco. "Non immagini neanche quanto vorrei infilarti dentro un altro cucciolo e vedere il tuo ventre gonfio dei miei figli" mi informò continuando ad azzannare a caso, ma non con meno forza, parti del mio collo e delle spalle, ancora coperte dalla stoffa della maglia "ti terrei nuda nel letto, davanti ai miei occhi e fotterei il nostro amato biondino nello stesso modo in cui vorrei fottere te" sapevo che mi stava davvero immaginando gravida dei suoi cuccioli. Per lui non era una questione di potere o fama, per lui era un bisogno viscerale. Per un tempo troppo lungo, per me da immaginare, era rimasto solo, aveva visto i suoi fratelli e i loro figli farsi famiglie e creare dinastie mentre lui aveva vissuto solo allo scopo di adempiere i suoi doveri. Aveva trovato qualcuno da amare ma per il bene stesso di quella persona lo aveva lasciato andare ed ora che finalmente aveva la certezza di avere D, di avere me e di poter avere quella famiglia che ormai aveva smesso di sperare di ottenere, aveva bisogno di possederla, custodirla, ingrandirla. Quella faglia, quel branco, dovevano essere suoi in tutti i modo possibili. Doveva essere chiaro non solo a noi ma soprattutto a chi ci guardava che eravamo suoi, e di sicuro con me era facile, ero la sua compagna, la madre dei suoi figli e farmene avere altri era un chiaro messaggio per chiunque mettesse il naso nei nostri affari. "Ed ora fotterò te con la stessa voglia con cui avrei voluto avere lui per tutto quel tempo" sfregò la sua erezione, ormai libera dagli indumenti, contro la mia intimità, cercai le sue labbra, ma con la mano libera, prendendomi dalla gola mi immobilizzò contro il muro negandomi il bacio che avevo cercato "no" mi lasciò andare il collo e abbassò la mano togliendomela dal campo visivo "voglio guardarti perdere ogni pensiero" dopo quelle parole, con una spinta brutale si spinse dentro di me fino in fondo, seppellendosi lì per dei brevi secondi, nei quali usò la mano libera per afferrarmi una coscia con forza e aggiustare la sua presa su di me prima di riprendere con le spinte, nessuna meno vigorosa della prima ed io, mi limitai a guardare i suoi occhi, perdendomici, fino a quando quel poco di coscienza resistette alle continue ondate di piacere che il mio compagno mi procurava ad ogni spinta e tocco, fino a quando la mia mente non si scollegò completamente e non mi rimasero solo le sensazioni che lui mi regalava nelle quali mi immersi completamente, desiderosa che non finissero mai.