Quel martedì fu decisamente migliore. Mi alzai tardi, feci una buona colazione e mi andai a tagliare i capelli, per fortuna il mio solito parrucchiere aveva un buco tra due appuntamenti e non ebbe problemi a togliere le doppie punte e dare una forma alla mia capigliatura, che negli ultimi cinque anni era cresciuta senza controllo. Pranzai a casa ed uscii nel pomeriggio con il branco, quando arrivo l'ora dell'aperitivo si aggregarono anche mamma, Eli e Rob. Con mia sorpresa mia madre decise di invitare anche Vin alla cena per conoscere il suo uomo "in fin dei conti sei di famiglia" gli disse questo, lasciandomi molto più che sconvolta. Sapevo che lui aveva fatto da tramite tra D e la mia famiglia mortale, che le aveva tenute informate sulla mia situazione e salute, senza contare il fatto che fosse rimasto loro vicino e le aveva aiutate per quanto possibile in mia vece, ma non avrei mai immaginato che sarebbero arrivate a considerarlo di famiglia, non quando, sei anni prima Eli lo considerava un nemico e mamma la prova delle menzogne che suo marito le aveva rifilato per tutta la loro vita, dal loro primo incontro fino a quando era successo il casino con me.
Fu, semplicemente, bello. Sapere che mia madre e mia sorella non odiassero più mio fratello, che lo avessero accettato e lo apprezzavano tanto da renderlo di famiglia, mi scaldò il cuore più di ogni abbraccio mi avessero dato in quei giorni.
La cena fu bella. Lui, Dario, era una bravissima persona, quando ero stata presentata mi aveva stretto in un caloroso abbraccio, tutto sorridente e aveva continuato a ripetermi svariate volte quanto fosse felice di conoscermi finalmente, quando la mamma gli presentò Vin, spiegandogli che era uno dei figli segreti del suo ex marito, ed aggiungendo che tra lei e il ragazzo ci fossero ottimi rapporti, lui gli strinse la mano con affetto e fu palese che fosse sincero quando affermava di essere lieto di conoscerlo. Scoprii parecchio su di lui, aveva due figli, un maschio, il maggiore, ed una femmina. Il maggiore aveva otto anni più di me, era spesso in viaggio per lavoro, era un ricercatore, non specificò in che ambito, era a capo di un team presso una grossa impresa e spesso doveva visitare le altre sedi.
La figlia era due anni più piccola del maschio, si era trasferita nella nostra città per seguire l'allora fidanzato, ormai marito, lui era un tecnico specializzato e aveva un posto di rilievo in una fabbrica locale, due anni prima sua figlia aveva scoperto di essere incinta, era stato allora che il padre aveva cominciato a chiedere ad ospedali e cliniche se volessero assumerlo, ci erano voluti sei mesi, affinché il precedente endocrinologo andasse in pensione, e grazie alla sua esperienza e bravura lo avevano messo a capo del reparto. La figlia aveva partorito un maschietto la settimana dopo che si era definitivamente trasferito, il figlio veniva a trovarli quasi ogni fine settimana, ed ogni volta che aveva giorni liberi e ferie lì passava con il padre e la sorella. La sua prima moglie era morta di problemi cardiaci, non diagnosticati, poco dopo la nascita della figlia, li aveva cresciuti da solo.
Entrambi i suoi figli avevano conosciuto mia madre ed Eli. Fu bello sentirlo parlare di loro, c'era tanto amore in quelle parole, tanto affetto ed orgoglio quando raccontava della carriera del figlio, di come la figlia lavorasse da casa per non lasciare il bimbo da solo. Fu quando la conversazione si spostò sul nipotino che cominciai ad incupirmi. Per me fu impossibile non pensare a Brian, che lui, il mio bambino, non lo avesse mai fatto un anno, che non avesse mai giocato con un sonaglio, che non avesse mai gattonato. Fu quando mi propose di vedere le sue foto dal cellulare che mia madre, guardandomi, si accorse che il sorriso mi era scomparso dal viso e si affrettò a cambiare discorso "sai, Diana ci ha invitato a passare il fine settimana fuori, dei suoi amici daranno una festa, ma il resto del tempo staremo noi te insieme" lo distrasse e per un pó la conversazione si spostò sui vestiti che avevo comprato a mamma ed Eli, a che genere si evento fosse e cose così, almeno fino a quando lui non chiese "tu invece cosa fai? Tua madre ha detto che eri fuori città, come mai? Lavoro o altro?" Il silenzio che si venne a creare gli fece capire che sarebbe stato meglio evitare la domanda, la mano che si strinse attorno alla mia mi fece riprendere, non sapevo neanche io perché ero rimasta imbambolata a fissarlo "tutto bene" rassicurai Vin che mi stringeva la mano, seduto accanto a me "c'è stato in incidente, l'auto su cui viaggiavo si è ribaltata, il mio compagno, che guidava, e il nostro bambino di sei mesi sono morti" era palese che si sarebbe voluto rimangiare tutto, ma ormai era tardi "dopo il funerale avevo bisogno di starmene per conto mio così appena ho potuto sono andata via"
L'aria si era fatta gelida, non perché fossimo arrabbiati con lui per quella domanda, ma per il dispiacere della perdita da parte nostra ed anche sua, consapevole di aver tirato fuori un argomento delicato "mi dispiace, non immaginavo..." provò a scusarsi, incerto su cosa dire o come comportarsi "non importa, davvero" cercai di rassicurarlo, ma senza riuscire a rilassare l'atmosfera. Fortuna volle che ormai fossero già le nove e mezza, orario in cui in genere mio padre chiamava. Quando il cellulare di Eli cominciò a squillare ci diede un ottimo motivo per voltare pagina.
"È papà" annunciò e dopo aver ricevuto il permesso di rispondere dalla mamma e da Dario mi lanciò uno sguardo incerto "quando hai finito passamelo" mi limitai a dirle.
La ascoltammo parlare per una decina di minuti, io e Vin eravamo gli unici che riuscivano a sentire anche lui, poco prima dei saluti e di mettere giù Eli lo richiamo all'attenzione "aspetta c'è... ti vuole parlare" non fece il mio nome. Mi alzai con il telefono in mano e mi allontanai un pó dagli altri, parlai a bassa voce, in modo che i commensali non mi sentissero, ma lui si "Papà" lo salutai così, senza espressione nella voce "Diana? Cosa ci fai lì? Dovevi venire qui" ne un saluto ne altro solo quello "ho lasciato da mamma tutte le mie cose, come potevo non venire prima qui?" Notai "come vuoi, basta che sei qui giovedì nel pomeriggio, abbiamo ospiti a cena" mi informò "ci sarò, ma tu prepara altre due camere da letto, vicine la mia, porto due persone con me" chiusi la chiamata prima che potesse controbattere e spensi il telefono di mia sorella, le avrei dovuto dire prima di fare la finta tonta con lui, poi glielo avrei fatto riaccendere.
Il resto della cena fu piacevole, il dolce era buono e Dario rimase a lungo a chiacchierare con noi dopo il pasto, aspettai che se ne andasse e avvisai Eli poi andai a dormire e né lei né mamma ebbero da ridire sul fatto che Vin rimanesse con me per la notte. Avevo bisogno di calore e per un mannaro non c'era nulla di meglio di ricevere un pó di coccole da un membro del branco.