CAPITOLO 1

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ALISSA

Giorno uno.

Fine luglio.

A New York fa un caldo infernale, non quanto a Miami, certo, ma almeno lì eravamo in spiaggia. In città, tra i vari grattacieli e lo smog, il caldo è ancora più insopportabile. Non che rimpianga la mia vacanza a Miami, intendiamoci.

Siamo rientrati da solo un giorno e già ho voglia di dimenticarla come se fossero passati cinquant'anni. Voglio fare finta che non sia mai esistita, anche se praticamente penso solo a quella. Nemmeno rivedere la mia nipotina è stato utile per infilare nel dimenticatoio lui e la sua futura nuova vita. Nemmeno per qualche minuto. Ho smesso di piangere, però, e questo è già un buon inizio. Anche se le lacrime sono ancora in agguato, pronte a scappare e a bagnare le mie guance.

Mi alzo dal letto, faccio una doccia veloce e mi lavo i denti. Metto solo un po' di mascara e sono pronta per riprendere la mia monotona e noiosa routine.

Sola.

Fortunatamente la mia abbronzatura nasconde un po' le mie occhiaie e i miei occhi gonfi. Ma ovviamente non fa miracoli.

Scendo in cucina, mi prendo un po' di latte di soia con il caffè e un po' di cereali. Ma in realtà non ho fame, così lo butto nel lavello. È un peccato, lo so, ma la mia testa non è in grado di ragionare lucidamente.

«Tesoro, hai già fatto colazione?» Mia madre entra in cucina, come sempre vestita e truccata impeccabilmente, e si prende una tazza di caffè.

Annuisco distrattamente, e non sono nemmeno convinta che mi abbia vista, dato che non mi sta guardando.

«Torni a lavorare, oggi?» Mi domanda, portandosi la tazza alle labbra.

«Sì.»

«Va tutto bene? Sei appena tornata da una vacanza, non dovresti avere quella faccia, sai?» Ah, quella di chi ha preso l'ennesimo treno in faccia e che ha appena scoperto che il ragazzo di cui è innamorata ha messo incinta un'altra, che tra tutte è proprio la sua migliore amica? Quella faccia? Hai ragione, mamma, dovrei sprizzare gioia da tutti i pori. Dovrei essere contenta che ancora una volta i miei piani di essere finalmente felice siano andati a puttane. Dovrei sorridere, andare da Alex e dirle che è tutto okay, che non è importante se aspetta un bambino dal mio ragazzo. Il mio ex ragazzo, ormai, sempre che lo si possa considerare tale, dal momento in cui la nostra storia è durata quanto un battito di ciglia. Che potrà essere tutto suo e che sarò felicissima di sostenerli nella loro vita insieme, come una grande e felicissima famiglia del cazzo. Questo è quello che vorrei rispondere a mia madre ma, al contrario, faccio un sorriso rassicurante e le do un bacio sulla guancia.

«Appunto, sono stata una settimana a Miami e ora mi tocca tornare a lavorare. È esattamente questa, la faccia che dovrei avere.» Scherzo, ma non sono convinta che il mio umorismo risulti sincero e credibile. Perché ovviamente non ho proprio voglia di ridere, questa mattina.

«Esagerata! Tu ami il tuo lavoro.» Mi ricorda mia madre.

«Hai ragione. Ora vado, ci vediamo più tardi.» E non so esattamente dove andare, dal momento in cui sono solo le dieci del mattino e il mio turno inizierà alle due del pomeriggio. Ma tutto è meglio di rimanere a casa sotto lo sguardo indagatore di mia madre e quello intenerito di mie sorelle. Perché sì, da quando siamo tornate, mi guardano come se avessi appena subito un lutto. Come se fossi una piccola creaturina indifesa e fragile che non può sopportare le avversità che le si parano davanti. Sanno che è successo qualcosa di grave, ma non sanno esattamente cosa, perché mi sono rifiutata di raccontare loro tutto quanto. Ho rifilato alle mie sorelle la scusa di essere stanca ieri, ma la realtà è che non avevo nessuna intenzione di rivivere il momento, almeno fino ad adesso, più brutto della mia vita. E poi, non volevo che mi guardassero con ancora più pena di come fanno ora, anche se sono pienamente cosciente che presto la verità salterà fuori. E per svariati motivi.

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