CAPITOLO 50

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MATT

«Vaffanculo!» Il mio grido squarcia il silenzio che si è creato nel momento in cui Alissa ha lasciato questa dannata camera e se ne è andata, con la sua borsa sulle spalle. Da quando io l'ho lasciata andare, dopo che io l'ho accusata di essere una puttana traditrice, dopo che io le ho intimato di andarsene. Cazzo.

«Ma che cazzo, Matt!» La voce di Steve arriva offuscata alle mie orecchie. Sono confuso, paralizzato. Alissa se ne è andata. Io le ho detto di andare. La rabbia, la delusione, la tristezza, il disgusto, mi scorrono nelle vene. Mi offuscano la vista. Mi confondono la mente.

«Fanculo!» Impreco contro l'armadio, dando un calcio all'anta ancora aperta. Questa sbatte e si riapre subito dopo, facendomi incazzare ancora di più. «Fanculo!» La superficie bianca si ammacca leggermente sotto il mio pugno. «Fanculo!» Altro colpo, e questa volta l'anta si rompe completamente e si macchia del sangue delle mie nocche.

«Ma che cazzo fai?» Steve mi afferra un braccio, ma io mi libero bruscamente.

«Toglimi le tue luride mani di dosso e ringrazia che non sia la tua cazzo di faccia!» Sibilo a denti stretti, con la mano che freme per finire dritta sopra il suo zigomo. I miei occhi si soffermano sulla finestra e solo ora mi rendo conto che fuori è completamente buio e che probabilmente è molto tardi e che la neve ancora incornicia l'asfalto. E io ho permesso che Alissa se ne andasse, sconvolta e con le lacrime agli occhi, da sola e in piena notte. Sono un idiota. Un vero imbecille del cazzo!

Ignoro Steve, per il momento, e mi precipito giù per le scale, perché, diavolo, devo fermarla. Quasi mi ammazzo sui gradini pur di scendere il più velocemente possibile, ma me ne frego e accelero ancora di più. E nel mentre, prego che sia ancora qui fuori, che non se ne sia andata davvero. Sono così incazzato, però. Perché, perché ha permesso che Steve la baciasse? Perché?

Spalanco la porta d'ingresso e mi immetto nell'aria fredda. La neve non è molto alta, ma aumenta di parecchio la mia preoccupazione, nel caso Alissa si fosse già messa alla guida in direzione di chissà dove. Alzo gli occhi verso il garage, dove di solito è ferma la sua macchina, e non c'è.

«Ma porca puttana!» Mi passo una mano sul viso e tra i capelli, mentre il panico mi assale. Sarà andata da sua madre? Da sua sorella? Da suo padre? Cazzo, ritorna indietro, amore mio...

Rientro in casa e mi precipito al bancone della cucina dove avevo lasciato il mio cellulare. Faccio partire rapidamente una chiamata ad Alissa. Squilla, ma non risponde. La richiamo. Ma la segreteria continua a rispondere al suo posto.

«Rispondi, cazzo, rispondi!» Piagnucolo, prendendomi mentalmente a calci nel culo.

«Se sta guidando, è meglio che non risponda.» Steve attira la mia attenzione. Mi volto verso di lui, lasciando cadere sul bancone il mio maledetto e inutile telefono. Sento la mascella contrarsi, appena entra nel mio campo visivo. I pugni si serrano. Il battito accelera. La rabbia si mescola alla disperazione. E le immagini di lui che afferra le guance della mia fidanzata e le bacia le labbra tornano a invadermi la mente. I miei respiri escono dalla mia bocca in maniera dura e affannata.

Prima che il mio cervello possa ritrovare la mia sanità mentale, mi sono già scagliato contro di lui. I miei pugni si sono chiusi attorno alla sua maglietta e la sua schiena si è schiantata addosso al muro della cucina con un rumore sordo.

«Cazzo.» Geme dal dolore. Le mie narici fremono dalla rabbia, sbuffano come un toro imbufalito. Appoggio la fronte contro la sua e chiudo gli occhi. Alissa non vorrebbe che spaccassi la faccia al suo amico. Ma, fanculo, questo stronzo mi ha preso per il culo e si è approfittato della mia fiducia.

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