CAPITOLO 7

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MATT

«Vieni!» Mi ripete di nuovo Alissa, facendomi segno con la mano di seguirla. Forse non dovrei, perché mi sto veramente addentrando in un luogo pericoloso e in un argomento scottante. Soprattutto, se si parla di un ipotetico matrimonio di Alissa con un altro. È vero che adesso non ha nessuno, ma è altrettanto vero che quell'avvoltoio del suo ex è sempre in agguato. E lui è proprio il tipico bravo ragazzo che la porterebbe all'altare, come in uno dei sogni di Alissa. A maggior ragione ora, che io sono stato buttato fuori dalla gara con una penalità uguale a un atleta che viene squalificato dalle olimpiadi per doping.

No, dovrei rimanere esattamente qui, dove sono, al sicuro, e smetterla di farla sognare, perché lei non avrà mai il suo giorno perfetto. Né con me, perché io odio i matrimoni - e anche perché lei non vuole più avere niente a che fare con me -, né con nessun altro, perché io non glielo permetterei mai.

Non la lascerei mai legarsi a un'altra persona per il resto della sua vita, anche se questo la renderebbe infelice, perché altrimenti quello infelice sarei io. E per tutti i giorni a venire. E io non riesco nemmeno a immaginarmela una vita senza di lei, figuriamoci a viverla.

Io voglio averla sempre intorno, lei e la sua coda storta, il suo sorriso e il suo culo perfetto, che non è assolutamente da sottovalutare.

Nonostante tutti i campanelli d'allarme e una scritta "NON FARLO" a caratteri cubitali che lampeggia nella mia testa come una cazzo di spia che indica pericolo, io la seguo. Perché la gioia e l'entusiasmo che traspaiono da suo viso mi spingono ad assecondarla e perché io farei di tutto per vederla sorridere.

Si comporta come se fosse una bambina in un negozio pieno zeppo di dolci e giocattoli di ogni genere. Osserva, tocca il tessuto degli abiti, ne disegna i contorni ammaliata, mentre io osservo, e vorrei toccare solo lei.

«Mi piace il pizzo, e anche i bottoni dietro, ma la gonna in tulle è il mio sogno.»

Non ho idea di che cazzo siano il tulle o il taffequalcosa che ha nominato prima, né quale sia la differenza, ma mi piace ascoltarla parlare con quell'euforia che da giorni non ero più riuscito a scorgere.

Istintivamente, mi prende per mano e mi trascina verso un abito esposto su un manichino. E io non mi lamento affatto. Benché mi trovi in un territorio ostile in cui mai avrei pensato di mettere piede e nonostante tutto questo bianco e questi diamantini mi stiano facendo venire il mal di testa, sono rilassato. Forse per via della sua vicinanza, o perché le mie dita sono intrecciate alle sue. Non lo so. Ma fosse per me, rimarrei in questo posto anche per tutta la vita, se questo vorrebbe dire poterle stare accanto.

«Eccolo!» Esclama, con gli occhi lucidi e lo sguardo sognante. «Vedi?» Mi domanda, come se io dovessi conoscere la risposta, ma io vedo solo lei. «Il corpetto è in pizzo fino a metà busto e con le maniche lunghe trasparenti con inserti che riprendono il corpetto, e poi parte la gonna ampia in tulle. E infine, la schiena scoperta. È questo, quello perfetto. Anche se si dice che sia l'abito a scegliere la sposa e non il contrario. Un po' come le bacchette magiche.» Preferisco ignorare il suo riferimento a Harry Potter, e continuo a osservare l'ammasso di stoffa di fronte a me, riuscendo a pensare solo a quanto sarebbe bello addosso alla mia principessa, nella mia favola personale. «Non ti piace?» Mi domanda, delusa dal fatto che io non abbia ancora espresso alcuna opinione in merito.

«A me sembra una tenda, ma se piace a te.» La smonto, e vedo i suoi sogni e le sue speranze infrangersi nei suoi occhi, il sorriso spegnersi sulle sue labbra, e l'entusiasmo dissiparsi.

«Oh...» Sussurra, lasciandomi di colpo la mano, quasi si fosse resa conto che il matrimonio tra noi, che probabilmente le balenava in testa in questo momento, non avrà mai luogo. «Beh, tanto non credo che potrò mai indossarlo.» Sospira, rassegnata, scrollando una spalla. «Ora, è meglio concentrarsi sul vestito di Harper.»

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