30. La sbadataggine

178 14 68
                                    

Ottavo giorno... mattina

Andrea

<< Non posso farlo, zio. Non posso. Mi sento sporco anche solo a pensare di star facendo sta stronzata>>, dico, gesticolando, esasperato.
La verità è che non posso stare più dietro alle balle montate da mio padre e non perché non lo trovo un buon piano.

Perché, cazzo, so che è l'unica chance che ci resta per salvare l'azienda, ma non posso più continuare a mentire.

A mentirle.

Ma lui pare non capire: <<Quando hai parlato con tuo padre, e hai accettato, non era così però, Andre. Cosa è cambiato? Cosa ti ha portato a fare marcia indietro?>>

Rifletto sulle sue parole ma non posso far a meno di pensare alla vera fonte del cambiamento.

Lei.

L'avevo giudicata male. La credevo diversa - la tipica riccona viziata e superficiale - una donnetta che non meritava il mio tempo, e invece eccomi qui a pregare zio Piero perché faccia da tramite e porti mio padre a ragionare e a desistere da questo inganno montato su una ragazza che è diventata importante per me. Una ragazza che mi fa stare bene con me stesso e con il mondo che mi circonda.

Non farò mai del male alla mia piccola rosa.

Tuttavia non voglio che zio Piero sappia che il motivo del mio cambio di rotta sia lei, perciò scuoto la testa,cercando di non pensare a Carlotta e, soprattutto, cerco di non farlo capire a lui: << Non importa. Non sto bene con me stesso e non continuerò questa cazzata. Ma ho bisogno che sia tu a dirlo a Ernesto.>>

So bene che, in questo preciso istante, sembro un codardo ma, se oso farlo io, conosco bene la pena che mi attende: botte e insulti, accompagnati dalla classica frase "Sei solo un inetto".

È per questo motivo che ho chiamato zio Piero. Lui è l'unico in grado di farlo ragionare. E inoltre, mio padre non scaricherebbe mai la sua furia distruttiva in centoventi chili di muscoli e agilità. Mio padre ha sempre temuto e portato rispetto a zio Piero e anche questa volta sono certo che non sarà diverso.

<<Perché non lo fai tu?>>
La sua domanda è superflua, e lui lo sa bene, ma probabilmente vuole sentirselo dire. Vuole conferma di ciò che presuppone. E io gliela darò: <<Ci ho provato ma sai com'è fatto. E soprattutto sai come reagisce quando... beh... quando non lo accontento.>>
Mi osserva confuso e questo mi porta a capire che non immaginava che ancora, il vecchio Ernesto, potesse essere tanto aggressivo nei miei riguardi.

Il suo stordimento, però, dura a malapena un attimo - giusto un battito di ciglia - per lasciar spazio alla sua solita espressione pragmatica: <<Quindi, fammi ricapitolare. Hai accettato l'invito per partecipare a questo soggiorno con l'obiettivo di conquistare la figlia di Serafini per ingannarla e farti aiutare, da lei e dalla sua famiglia che, tra parentesi, fa parte di una delle classi imprenditoriali più facoltose d'Italia. E mi hai appena detto che sei riuscito ad abbindolarla.>>

<<Non la sto abbindolando. Smettila di dire ingannare e abbindolare>>, urlo frustrato, sottolineando il fatto che non ho mai abbindolato nessuno.
Quello che è successo con Carlotta non era nei piani, questo è vero. Ma non l'ho mai abbindolata.

10 Giorni per farla innamorareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora