8. "Sono fottuto!"

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Secondo giorno...

Andrea

<<Mettimi giù. Posso camminare da sola.>>

"Rompi coglioni di prima categoria", penso mentre la posiziono meglio tra le mie braccia.

<<No, che non puoi. E poi stai congelando. In questo modo ti riscalderai.>>

È così leggera che non faccio fatica a reggere il suo peso. È esile e minuta o, come diceva mio nonno, compatta. Proprio come piace a me.

Col suo metro e sessanta, i suoi occhi da cerbiatta e le sue magnifiche curve, mi ammalia. Se solo mi sventolasse in faccia quelle tette, simili a palle da biliardo, sono certo che mi sottometterei completamente a lei.

Sarebbe capace di avere tutto da me se solo sapesse che effetto ha su di me.

Mi inoltro nei meandri del bosco, dalla pavimentazione sconnessa, e lentamente percorro gli ultimi metri che ci separano dalla villa.

Ancora stento a credere di averla tra le braccia.

Questa fottuta ragazzina mi ha fatto davvero penare per trovarla.

Ricordo ancora il suono della tromba che segnò l'inizio del gioco. La benda nera che scivolò giù per il naso e l'improvvisa luce che accecò i miei occhi per qualche istante.

Impiegai qualche secondo per focalizzare l'intero ambiente, senza provare più quel fastidioso scintillio proiettato sulle palpebre.

Non sapevo dove si fosse diretta, perciò cercai immediatamente di elaborare un piano e di proiettare la mia attenzione su qualunque cosa facilitasse il suo ritrovamento. E poi, improvvisamente individuai la mia isola felice: il mio obiettivo sarebbe stato quello di pedinare quel rincoglionito del musicista.

Lui stava lì, proprio a due falcate dalla mia postazione, con un'espressione annoiata in volto, e camminava, alla stregua di un bradipo, verso la fontana dell'elefante.

"Cosa cazzo ci vedrà, Carlotta, di affascinante in quest'idiota?"

Ecco cosa pensai mentre seguivo i suoi movimenti lenti, e al contempo mi guardavo attorno in cerca di un qualsiasi appiglio che catturasse la mia attenzione.

Avevo l'immagine della mia piccola rosa impressa nella mente. Ed era quella a cui mi aggrappavo mentre fuggivo dagli sguardi delle altre ragazze.

Ma passavano i minuti, perfino le ore, e di lei nemmeno l'ombra. Il coglione, seduto sulla fontana si era messo le cuffie alle orecchie, mentre armeggiava col suo cellulare, disinteressato da tutto ciò che accadeva al di fuori del suo fottuto mondo. Incurante di lei. Mentre io stavo cominciando seriamente a preoccuparmi.

Dove cazzo si era cacciata?

L'ora del tramonto stava giungendo e la clessidra del signor Hoang iniziava a rallentare la sua corsa. I pochi granelli di sabbia, che scendevano lungo la fessura che collegava quelle due ampolle forgiate nel cristallo, stavano lentamente preannunciando la fine di quell'inutile gioco.

E io non riuscivo più a starmene fermo ad aspettare. Il tarlo del pericolo si era insinuato nella mia mente.

E se le fosse successo qualcosa?

10 Giorni per farla innamorareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora