25. "Cosa scommettiamo, Rosellina?"

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Settimo giorno... pomeriggio

Andrea

Strizzo gli occhi, mentre il sangue comincia a scalpitare nelle vene - manco fosse una pentola piena d'acqua che bolle - e le narici si dilatano per permettermi di inalare quanto più ossigeno possibile, mentre le mani si stringono a pugno lungo i fianchi: << Per tutto questo tempo, Carlotta...>> respiro pesantemente cercando di calmarmi e chiudo di occhi. Faccio schioccare i muscoli del collo, rigidi come ferro, e ripunto il mio sguardo rabbioso nel suo: <<... mi hai usato.>>

<<No. Non è così!>> strilla allarmata. Ma non la sto neanche a sentire.
<< Ti avevo chiesto di essere sicura della tua scelta. Ma tu... non hai fatto altro che rincorrere lui>>, urlo, a denti stretti.

<<Non è come credi. Lasciami spiegare...>>

Dovrei, ma non lo farò; ormai la mia mente è partita: << Cosa, cazzo, dovresti spiegare, eh? Che ti serviva un fottuto uomo per far svegliare quel bastardo?>> sputo velenoso mentre gesticolo, in preda all'ira: << Cosa. Cazzo. C'è. Da spiegare?>> continuo, muovendo diversi passi, nella sua direzione, ad ogni parola pronunciata.

Non riesco a restare fermo e zitto mentre arranca qualche scusa del cazzo per giustificare la sua opera di seduzione.

<<Andre, mi stai spaventando>>, sussurra lei, indietreggiando e continuando a tenere il suo sguardo fisso nel mio.

So che lo sto facendo e so che dovrei controllarmi. Ma non ci riesco.

Mi ha usato per spingere Filippo a dichiararsi e io, come un cretino, ho anche pensato di mandare a puttane il piano, il mio lavoro, perfino la mia libertà, per lei.

<<Ti sei perfino concessa a me, come una...>> volto la testa rifiutandomi di continuare la frase. Esalo aria dalle narici come un toro impazzito e pronto a sbranare la sua preda. Devo calmarmi. In questo momento potrei ferirla, ed è quello che la mia rabbia urla di fare.

Come ho potuto pensare, anche solo lontanamente, che ci fosse qualcosa di reale fra di noi?

Respiro freneticamente, cercando in tutti i modi di placare il caos che mi pervade mentre, dall'altra parte, lei si avvicina. I nostri indumenti si sfiorano, ma non oso voltare il capo per guardarla. Sto ancora lottando interiormente per calmare la rabbia che è in piena eruzione dentro il mio corpo.

Serro lo sguardo e taccio, aspettando che lei scappi via da me, spaventata. Stringo i pugni, praticando maggiore pressione. Le mie unghie stanno solcando il palmo della mano e il cuore martella così forte da far male.

La sento muoversi intorno a me. Probabilmente starà cercando di oltrepassare il mio corpo per fuggire. E non la biasimerei. Non le farei mai del male. Non sono mio padre. Ma ho visto il suo corpo irrigidirsi alle mie urla e capisco se, in questo momento, mi mandasse a fanculo senza sé e senza ma.

Con mia grande sorpresa, però, non fa nulla di tutto ciò.
Prende, invece, i miei pugni nelle sue mani e si accosta al mio corpo: <<Andrea, guardami...>>, sussurra, dolcemente.

Volto la testa e poso il mio sguardo grave sul suo ma non oso parlare.

<< Non lo farei mai>>, sibila riservandomi uno sguardo supplichevole.

Continuo a tacere, mentre lei allontana le mani delle mie per cingermi il viso: << Io voglio te, non Filippo.>>

<< E allora cosa significa tutto questo? Tu sapevi...>>
<< L'ho saputo ieri. Anch'io ne ero all'oscuro prima. Non sapevo che avessero organizzato il soggiorno con quell'intento.>>

10 Giorni per farla innamorareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora