33. Codardo

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Ottavo giorno... Pomeriggio

Andrea

Ho bisogno di dirle ciò che provo, cazzo.

Quando zio Piero mi ha aiutato - facendomi comprendere cosa provo davvero per questa donna - a stento ci credevo.

Io, Andrea Bernardi, posseggo un cuore capace di amare. Un cuore che fino ad ora era rimasto chiuso in gabbia. Lontano da sentimenti che avrebbero potuto farmi rivivere il dolore dell'abbandono di mia madre. Sentimenti che avrebbero potuto rendermi debole ai soprusi di mio padre. Semplicemente stava lì solo e unicamente per svolgere la sua funzione vitale senza esporsi mai per niente e nessuno.

Ma lei...
lei è riuscita a conquistarlo.

Il mio cuore l'ha scelta, come non aveva fatto mai con nessun altra.

Osservo quegli occhi nocciola di cui non posso più fare a meno.

<< Carlotta... io>>

Io ti amo.

Devo dirlo ad alta voce.

Io ti amo.

Cazzo, Andrea, fa uscire queste tre parole.

Io ti amo.

Il suo sguardo, così pieno di attese e speranze, mi sta frenando.

Io ti amo.

Ho paura, cazzo.
Paura di sbagliare.

Dovrei prima dirle del piano. Raccontarle ogni cosa. Non posso confessare i miei sentimenti con questa bugia che continua a frullarmi nella testa e a marchiare le nostre vite.

Ma non posso nemmeno posticipare tutto quanto. Lei è stata così sincera. Lo è sempre stata. Devo dirle tutto. Voglio chiudere col passato e con questa maledetta storia.

Perciò con mani tremanti e  brividi di freddo, talmente gelide che mi trapassano le ossa, mi preparo a vuotare il sacco.

Ma tutto il coraggio, che ho preso con queste opere di convincimento, sfuma in un attimo.

L'improvviso trillo del suo telefono mi destabilizza, risvegliandomi da quella trans profonda. E mentre lei controlla chi è l'interlocutore, mi volto, con mani tremanti e pronte a nascondere un viso pieno di frustrazione.

Sono solo un codardo. Un codardo di merda!

Respiro fortemente, sollevando lo sguardo sul soffitto, per poi ripuntarlo verso Carlotta che noto essere rigida, quasi spaventata o scioccata. Cammina su e giù lungo il terrazzo mentre, silenziosamente ascolta chi sta dall'altro capo del telefono.

C'è qualcosa che non va.

Mi acciglio, mi sollevo dal materasso e la raggiungo, piazzandomi proprio davanti a lei che mi osserva con occhi smarriti.

Tutto ciò che però riesco a capire, dell'intera situazione, è l'ultima frase che dice prima di chiudere la chiamata: << Smettila. Ficcatelo bene in testa, ho chiuso col passato. Ne parleremo di presenza, d'accordo?>>

<< Ehi, tutto ok?>> domandò non appena posa il telefono in tasca.
Metto le mie mani sulle sue esili spalle, cercando di catturare la sua attenzione e, in qualche modo, di darle conforto.

Ma il mio tocco non sembra renderla più tranquilla. È ancora rigida, distante, e lo sguardo che cade prontamente sui suoi piedi me ne dà l'esatta conferma.
<< Si si. Solo... un piccolo disguido. Non preoccuparti>>, sussurra senza mai guardarmi.

10 Giorni per farla innamorareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora