6. Snervante

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Teo si era fermato con una mano alzata, aguzzando l'udito.

Michelito aspettava impaziente. Dal canto suo non sentiva niente di fuori dall'ordinario, ma se Teo era in grado di avvertire qualcosa gli sembrava giusto prestare attenzione.

«Teo?» Sussurrò, chinandosi un po' in avanti «Zio? Che c'è?».

L'operaio chiuse gli occhi per un attimo, aggrottando le sopracciglia concentrato.

«Mi ero fatto un po' prendere dalla storia, scusa» Disse, tranquillissimo, voltando la testa verso un punto preciso «Non mi ero proprio accorto che si era mosso».

Il dietro le quinte non era composto da un solo ambiente, ma era anche collegato a diversi stanzini che contenevano oggetti di scena e simili, oltre che ad un corridoio che portava a delle stanze private in cui soggiornavano talvolta gli artisti. A questo corridoio si sarebbe potuti arrivare salendo una piccola scala di pochi gradini: era lì che si era volto lo sguardo di Teo, e Michelito lo seguì.

Sentì una stilettata di ghiaccio appena individuò la sagoma che bloccava l'uscio.

Cappello a tesa larga, vestiti scuri, immobile.

«Oh beh, niente d'importante» Fece Teo, stringendosi nelle spalle «Allora, stavo dicendo che Lydia si era messa tra Barbie e Toy Boy...»

«Stai zitto, zio! Non adesso!» sibilò Michelito, sentendo il cuore martellargli nelle orecchie.

La figura che era stata in mezzo al pubblico, o una del tutto simile, era riuscita in qualche modo a scivolargli alle spalle senza che se ne rendessero conto. Era rivolta proprio verso di loro, nonostante non fossero i soli a stare dietro le quinte.

Sembrava che gli altri la ignorassero di proposito, nella speranza di essere a loro volta ignorati.

Michelito sentiva una certa agitazione nell'immaginarla immobile ad osservarli, fissa per interi minuti. Chissà da quanto tempo era là...

«Non vuoi sapere come finisce la storia?» Chiese Teo, incredulo

«Non credo che quello voglia che io lo sappia» rispose Michelito, indicando con discrezione la losca figura

«Oh. Dici?»
«Dico sì»

«Ah. Allora va bene. Lasciamo perdere».

L'operaio si strinse nelle spalle, alzando entrambi i pollici verso il collega più giovane.

Michelito era ancora bruciante di curiosità: voleva sapere dove andava a parare la storia! Per lui, il cui potere era legato proprio al mondo dell'elettronica e del digitale, un racconto del genere aveva un fascino assolutamente irresistibile. Voleva sapere se la memoria di Toy Boy sarebbe stata cancellata ancora, se era davvero senziente o se era solo un androide molto complesso. Si chiese se con un potere come il proprio avrebbe potuto controllarlo, e se sarebbe stato l'equivalente di ipnotizzare una persona...

Certi discorsi, però, avevano bisogno di discrezione per essere portati a termine.

Michelito non poteva vedere il volto del simulacro, ma sentiva i suoi occhi puntati addosso.

L'apparizione di un simulacro e la morte improvvisa di una persona negli stessi giorni erano una coincidenza un po' troppo inquietante da ignorare. La signora Hastings era probabilmente stata coinvolta in qualcosa di pericoloso... c'entrava forse la storia di Toy Boy?

Da quel che ne sapeva, mandare i simulacri era il modo più frequente in cui il regime si occupava di mettere a tacere ogni discorso e persona scomodi (e lo faceva molto più spesso di quanto si potesse pensare); qualunque fosse stato il finale della storia, non poteva immaginare che quello fosse un racconto che al regime facesse piacere fosse diffuso: storie di tecnologie segrete sfuggite al controllo dei loro supervisori, di operai sottoposti ad esperimenti che non avevano accettato, ed un finale che probabilmente era stato insabbiato in un modo o nell'altro.

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