Il suono arrivava a loro fievole ma chiaro, i piedi di quel corpo pesante che poggiavano sul terreno uno dopo l'altro. Cadenzati, regolari.
"Se ci prende ci farà a pezzi. Mi sparpaglierà qui sotto e le persone a cui voglio bene non lo sapranno mai" Pensò Michelito "I lavoratori lo sapranno, ma non diranno niente. Morirò qui. Proprio ora che la mamma e zio Val non ci sono più, proprio ora, io..."
Cercò di tenere a bada i cattivi pensieri: non era il momento di andare in paranoia.
«Vibrazioni positive, vibrazioni positive» Si ripeté sottovoce. Oh, in cosa si era andato a cacciare?
«Zio, è stata proprio una stupidaggine, lo sai?» Sibilò il giovane, frustrato, all'indirizzo del compagno di fuga
«Mi dispiace. Volevo capire... è stato stupido, lo so» ansimò Teo, portandosi una mano al punto colpito, all'altezza delle costole. Il suo tocco era delicato e tremante, senza pressione.
Michelito esitò, sentendo un'ondata di compassione. Se solo Teo fosse stato una macchina, avrebbe saputo cos'era che non andava, come aggiustarlo, ma...
Poi il suo orecchio registrò con allarme quanto i passi del loro inseguitore si fossero fatti vicini, più in fretta di quanto avesse calcolato.
«Zio, non possiamo rimanere qui» Disse con dolcezza all'operaio. Sembrava che il dolore avesse irrigidito il lato sinistro del corpo di Teo, quello colpito dal simulacro, e persino la sua gamba era un po' contratta, legnosa.
«Non possiamo neanche scappare per sempre, Michelino» Rispose lui con una smorfia.
Il giovane uomo si rese conto che non aveva mai sentito storie di simulacri stanchi. In verità non si muovevano molto in generale, di solito rimanevano immobili, era difficile che esaurissero le energie... però il sospetto di non poterlo (o poterla? Avevano una coscienza, quei cosi? Avevano dei pronomi preferiti?) seminare si faceva sempre più inquietante.
«Può stalkerarci all'infinito, vero?» Disse, agitato
«Ogni tanto si scaricano. Ne ho visto uno, una volta»
«Davvero?»
«Sì. È andato giù come se gli avessero aspirato via tutte le energie dal corpo, fium bam! Un sacco di patate assassino, stecchito come un ciocco, è rimasto lì e nessuno aveva il coraggio di toccarlo»
«Allora...!»
«No, aspetta, è stato un caso isolato. Non possiamo sperare che succeda di nuovo, hanno una carica che gli basta e avanza per raggiungere un essere umano sulle lunghe distanze, anche solo per il logorìo mentale. Sono predatori di resistenza, in un certo senso».
Più Teo parlava, più le domande che Michelito voleva fare si accumulavano. Continuava a parlare di carica dei simulacri come se fossero stati macchine, ma Michelito sapeva benissimo che non lo erano. Come si ricaricavano e con cosa? Chi li ricaricava?
Il giovane fece una scelta, con rinnovata decisione. Si affiancò a Teo, prendendolo a braccetto per sostenerlo mentre riprendevano a camminare.
Detestava sentirsi braccato, ma non era la prima volta che gli succedeva. Cercò di convincersi che c'erano stati inseguimenti più spaventosi, pericoli più grandi.
"So gestire questa cosa. Ce la posso fare, no probem".
Si stavano addentrando sempre più a fondo tra i corridoi. La luce era scarsa, l'odore di polvere e cartone e rivestimenti di plastica e metallo permeava l'aria. Michelito urtò un vecchio faretto rimasto a terra con un piede; non fece molto rumore, ma lui sobbalzò come se avesse sentito uno sparo.
STAI LEGGENDO
Deus Ex Machina
Science Fiction[Storia completa] In un mondo dove chiunque nasce con un potere unico, che può andare dalla totale inutilità di farsi crescere le scaglie sulle orecchie all'incredibile e utilissima lettura del pensiero, il giovane Michele "Michelito" Philippus è ri...
