34. La fusione

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Non lo gridava solo con la voce, ma anche il suo potere si espandeva e si affannava per insinuarsi nelle sue difese in fretta, ridurlo all'immobilità.

Funzionò.

Il robot si bloccò a qualche metro da loro. Chiuse gli occhi – l'occhio sinistro era ancora dotato di una specie di palpebra di plastica, che scivolò sopra l'iride – e abbassò la testa, poggiando il mento sul petto. Michelito si accorse che il proprio respiro era accelerato e si sforzò di farlo rallentare, abbassando le braccia.

Deglutì. «O-kappa. O-kappa... si è fermato...» Buttò fuori l'aria che aveva nei polmoni espirando rumorosamente, poi inspirò piano.

«È meglio disattivarlo per sicurezza» Disse Ale, nervosamente.

Vedere il guscio che si avvicinava a Michelito in quel modo aveva alzato considerevolmente i suoi livelli di adrenalina: era stata pronta ad intervenire, anche con una certa violenza.

«Che bello!» Disse Toy Boy gioioso, alzando un braccino «Lo abbiamo trovato! Abbiamo quasi completato la missione speciale, amici! Siete stati davvero bravissimi»

«Che bello» Ripeté Ale, anche se detto da lei non suonava molto gioioso «Grazie, fratellino. Miche, siamo sicuri che questo coso non si muoverà? Non è meglio spegnerlo?»

«È senza dubbio meglio spegnerlo» concordò Michelito, che si stava premendo una mano sul petto. Sentì il respiro e il cuore rallentare un po'. «Se non altro perché se adesso vogliamo aprirlo per mettere dentro il chip di Toy Boy, il Cuore d'Oro, non è il top avere l'elettricità che ci frizza»

«Vuoi farlo ora?»

«Prima lo shell da battaglia è abitato dal tuo fratellino coccoloso, meglio è per tutti».

Ale annuì: in effetti, quella frase la trovava molto d'accordo.

Il giovane Philippus si concentrò un poco. Esattamente come per le luci e le lampadine, il fatto che il guscio fosse frutto di una tecnologia estremamente avanzata lo aiutò nel compito di controllarlo, di farlo prima sedere e poi sdraiare sul pavimento: era complicato, ma una volta abituato al modo in cui funzionava poteva fargli eseguire azioni più complesse e precise in confronto ad un robot semplice.

Il suo processore richiamava le informazioni ed eseguiva i comandi ad una velocità straordinaria, tanto che, per un attimo, Michelito ebbe la curiosa sensazione di starlo pilotando come avrebbe potuto controllare un secondo corpo: esterno al suo, ma obbediente e comodo.

«Grondante» Disse tra sé e sé. Una vocina dentro di lui gli intimava di non abbassare la guardia, ma buona parte della paura si era ormai trasformata in entusiasmo.

«Ale, puoi fare scendere Toy Boy? Mi servirebbe una mano. Oh, e mi dai anche la borsa?» Chiese il giovane Philippus, inviando al guscio da battaglia il comando di arrestare momentaneamente il sistema.

L'androide eseguì. Il ragazzo poteva sentirlo andare in standby, tutto un sistema complesso di applicazioni, codici, programmazione che rallentava in maniera eterogenea. Si chiese se, per una persona telepatica, la sensazione di sentire qualcuno che si addormenta sarebbe stata simile.

Ale si avvicinò per posargli la borsa accanto

«Tie', tanto non c'è praticamente niente di mio qui dentro».

I suoi occhi erano fissi sul guscio da battaglia, guardinghi. Aspettava ancora di vederlo muoversi, magari all'improvviso e con qualche brutta intenzione. Era vigile, ma non spaventata: immaginava che inchiodarlo a terra col proprio potere sarebbe stato sufficiente, se le cose si fossero messe male.

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