20. Doppiaggio

81 15 33
                                    

Michelito si appoggiò al frigorifero e mandò giù l'ultimo boccone del panino.

«Può essere» Rispose il ragazzo «Aveva un involucro molto strano, veramente extra, ma che ha protetto di sicuro i componenti che c'erano dentro. Per qualche motivo mi sa proprio di Fernando, è il suo stile, no? Un po' matto, un po' preciso. E se non è stato lui, non so proprio chi possa essere stato»

«I tuoi datori di lavori conoscono il tuo indirizzo?»
«Sì, certo, ma che senso avrebbe che mi portino i componenti che mi servono? Pensi che mi stiano facendo fare un lavoro per loro?»
«Può essere» Ale si passò una mano sul cappellino, come se si stesse pettinando i capelli «Questo è quello che fanno, no? Sfruttarci. Sfruttare il pensiero e la manodopera e tu sei eccezionale... forse non sapevano cosa farsene di questi pezzi e siccome sembrava che invece tu sapessi qualcosa, hanno deciso di farlo fare a te»

«Ma no!» Michelito rise «Non sarei in grado di ricreare i componenti, ma una volta che ci sono, montarli insieme lo sa fare qualunque tecnico un minimo skillato! Non hanno bisogno di me per una cosa del genere»

«E allora chi te li ha portati?»

«Fernando. Probabilmente, sì, Fernando»

«Non lo so. Perché lo stai montando? Non potevi lasciare tutto com'era, devi per forza perdere gli occhi a mettere insieme questa cosa che non sai neanche a cosa servirà?».

Michelito si stropicciò gli occhi con pollice e indice. Perché stava montando i componenti sulla scheda? Perché la smania di completare il lavoro lo aveva assalito immediatamente, feroce come la sete di un uomo nel deserto? Non ci guadagnava niente, anzi, era pericoloso anche se non ci aveva pensato fino a quel momento. Però adesso era quasi alla fine, non poteva lasciare tutto in sospeso così!

«Voglio sapere» Disse semplicemente.

Ale sospirò: lo sapeva, lui era così, voleva sapere e basta.

Michelito le rivolse un sorriso quasi di scusa prima di tornare alla scrivania, occhi dietro la lente d'ingrandimento, pinzetta fra le dita ancora abbastanza ferme, il rinnovato desiderio di capire.

Ale entrò nella stanza e si sedette sul divano dietro di lui, in silenzio. Lo guardava, analizzando i movimenti microscopici dei muscoli che si increspavano sulla sue spalle, nel collo, finché non si addormentò.

Michelito la svegliò dopo mezzanotte, accarezzandole delicatamente la fronte.

«Ti sei addormentata, Ale! Potevi andare a letto, lo sai...» Le disse, posandole un bacio leggero e gentilissimo sullo zigomo

«Volevo vederti finire» rispose lei, con la voce impastata di sonno

«Dormi tantissimo, ultimamente. Stai bene?».

"No" «Sto benissimo, non preoccuparti, è che sono un po' un bradipo» "Sono distrutta. Il mondo mi stanca l'anima. Per quanto andremo ancora avanti così? E ho paura per te" «Allora, a che punto sei con la tua scheda speciale o come si chiama lei?».

Michelito si fece indietro, tutto denti nell'ampio sorriso bianco, e fece un verso come di trombetta mostrando la PCB finalmente completa, sospesa da un supporto sul vano ventrale di un robottino, di quelli che lui ogni tanto costruiva per diletto con i materiali di scarto che avrebbe dovuto smaltire al lavoro e che invece si portava sempre a casa.

«Vuoi metterlo lì dentro?» Domandò Ale, indicando il buco nel mezzo del piccolo robot

«Sì. La scheda ha dei connettori standardizzati e credo che possa essere utilizzata per il controllo motorio. Il pupazzo» e Michelito, indietreggiando, batté su una gamba del robottino usando un'unghia «L'ho collegato al laptop, dove ho un programma di sviluppo integrato che può aiutarmi a capire meglio che cosa sa fare questo misterioso congegno ed eventualmente a riprogrammarlo o a programmare nuove funzioni».

Deus Ex MachinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora