Epilogo

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Era una sera fredda fuori: rami ricoperti di piccoli cristalli di brina si protendevano verso un cielo illuminato da una luna azzurrina.

Dentro, invece, un camino scoppiettava allegro, le fiamme rosse e arancio che si contorcevano in controllate lingue calde e profumavano la stanza del tipico odore mite, sempreverde, del legno di abete.

Intorno al camino, seduti su due poltrone, stavano due uomini che leggevano ciascuno un libro diverso. Entrambi indossavano morbidi maglioncini in cachemire e se ne stavano sprofondati fra i cuscini e nelle loro storie. Sembravano così pacifici, così tranquilli e rilassati, che nessuno avrebbe potuto immaginare che si trattasse di due supercattivi: Victor, biondo, ordinato e con la virile faccia ossuta dagli zigomi affilati, e Sheldon, bruno brizzolato, riccio e con gli occhi di ghiaccio dalla barba folta e corta che serviva per contrastare l'aspetto gentile del suo volto. O meglio, Werhunter, il genio del male che pur senza poteri aveva tenuto in scacco gli interi Stati Uniti, e Bloodhound, il suo astuto e subdolo compare con la capacità incredibile di leggere nel pensiero.

Avevano fatto tutto e il contrario di tutto, loro: rapinato banche, lottato con mostri mutaforma, rubato e adottato una tigre (che ora stava sdraiata fra le loro poltrone, con l'enorme testone poggiato sul tappeto e le labbra socchiuse che lasciavano scorgere i grandi canini), volato, cantato in karaoke improbabili, visto in faccia la morte, l'amore, il trionfo e gli insuccessi, avevano rubato camion dei pompieri e scalato montagne, si erano finti tecnici informatici e ballerini, erano entrati nelle scuole per rapire ragazzini, avevano rammendato l'uno le ferite dell'altro e si erano stretti fra le braccia mentre sanguinavano. Adesso, però, volevano un po' di pace, perciò si erano presi un mese di tranquillità per godersi tutto quello che avevano ottenuto.

Sheldon però sentì all'improvviso qualcosa pizzicarlo in fondo al cervello, quel "click" che avveniva quando qualcuno di pensante si avvicinava e la sua voce iniziava a fare parte del brusio che gli affollava il cervello. In quel momento pensò due cose: che leggere nel pensiero degli altri era una gran seccatura e che era anche una fortuna incredibile.

Ovviamente era una seccatura perché, insomma, sei lì che ti stai leggendo un bel romanzo senza nessuno che te lo spoileri intorno, sei ormai così abituato ai pensieri del tuo collega da non farti distrarre più e da farli passare come una sorta di rumore di sottofondo, e sentire all'improvviso i pensieri di qualcuno che non avrebbe dovuto essere lì poteva essere davvero una rottura di scatole.

Ma era anche una fortuna incredibile, perché significava che nessuno poteva avvicinarsi senza farsi scoprire, perché il pensiero non è fiato che può essere trattenuto e non è passo che può essere reso leggero, il pensiero c'è sempre, finché si vive... e nessuno avrebbe dovuto essere lì in giro a pensare, in quel luogo segreto in cui si erano nascosti per riposarsi un po'.

Sheldon si concentrò per capire chi fosse la persona che si stava avvicinando alla loro casetta nei boschi. Forse qualcuno che si era perso? Poverino, con il freddo che faceva...

Ma quei pensieri non erano quelli di qualcuno che si era perso, erano incredibilmente determinati e diretti proprio in direzione della casetta. E poi c'era qualcosa di strano: era come se non fossero i pensieri di una persona sola, ma di due, ma al tempo stesso non potevano essere due persone, erano troppo simili tra loro e apparentemente provenivano dallo stesso identico punto e da nessuna parte. Cos'era?

Sheldon abbassò il libro, deglutendo, e guardò la porta chiusa.

Più la cosa si avvicinava, più era palese che non era né il pensiero di un essere umano né quello di un animale del bosco, ma una sorta di mostruosa ragnatela in cui erano avvinti una quantità di dati abnorme, terrificante. A cosa stava pensando la creatura? A tutto. Ma soprattutto a Werhunter: lo cercava, lo voleva, perché il suo nome si trovava su una lista.

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