Michelito fece un balzo indietro, portandosi una mano al petto e una alla bocca istintivamente, soffocando il verso di sorpresa che aveva minacciato di uscire. Sentiva il sangue rombargli nelle orecchie, e gli sembrò troppo rumoroso.
Poteva la cosa là fuori sentire il suo sangue scorrere? Poteva sentire il suo cuore galoppare?
La maniglia venne scossa per circa cinque secondi, ininterrottamente, poi smise di colpo. Di nuovo piombò il silenzio, a malapena disturbato dai respiri allarmati dei due uomini.
Michelito allungò una mano tremante di adrenalina e la mise sulla maniglia, indagando con discrezione. La serratura biometrica non stava rilevando nessun tentativo di inserire la password: chiunque avesse cercato di aprire la porta forse non sapeva della sua serratura speciale.
"Ora che ci penso, chissà com'è che l'ha scoperto Teo...".
Proprio mentre Michelito stava ritirando la mano, una serie nuova di clac clac clac furiosi e sincopati invasero la stanzetta; il giovane fece un balzo indietro, senza riuscire a trattenere un piccolo «Ah!» di sorpresa e spavento che lo paralizzò.
L'aveva sentito. La cosa là fuori l'aveva sentito di certo, e smise di spingere sulla maniglia.
La serratura biometrica stava rilevando qualcosa, e Michelito lo avvertì come un bisbiglio confuso: qualcuno stava cercando di entrare, facendo leggere al dispositivo la propria impronta digitale... solo che non ce n'era una.
Sembrava che stesse leggendo una striscia di pelle liscia: niente linee, niente spazi, niente di niente, come se fosse stata trattata con l'acido. La serratura non si aprì.
Teo bisbigliò qualcosa e Michelito gli intimò subito il silenzio alzando un indice, prima di rendersi conto di quello che l'altro gli stava dicendo:
«Se ne va». Aveva ragione: i passi del simulacro sembravano essersi fermati all'imbocco del loro corridoio, ma potevano sentire i piedi della cosa che era stata dietro la porta muoversi veloce per allontanarsi da loro.
Michelito si chiese se non si stesse ricongiungendo al simulacro. Se avessero potuto scambiarsi informazioni ed unire le forze, la porta non avrebbe potuto fare nulla per proteggere lui e Teo.
Il giovane si accosciò accanto al collega.
Doveva rimanere calmo e raccogliere più informazioni possibile per capire come tirarsi fuori da quella situazione disperata. Non potevano vincere combattendo, perciò gli sarebbe piaciuto vedere Teo un po' ripreso dopo il dolore iniziale, ma il suo stomaco sprofondò un poco quando, esaminandolo, vide il brutto aspetto promesso dal livido che gli stava sbocciando sul costato, su cui la pelle si era già gonfiata. Una contusione pesante a una o più costole, forse una frattura se erano sfortunati.
L'operaio seguì corrucciato il suo sguardo, poi alzò il viso verso il suo supervisore, interrogativo. Stava facendo respiri piccoli e frequenti; non sembrava paralizzato, ma non sembrava neanche poter dare affatto il meglio di sé in una corsa o una fuga.
«Beh, zio, è stato un onore» Disse Michelito, con un sorriso amaro, ma le sue parole furono completamente sovrastate da un improvviso clangore che lo fece appallottolare d'istinto.
La cacofonia di suoni stridenti che veniva dal corridoio era aliena, terrificante. Stridore di metallo deformato, tonfi come di oggetti pesanti scagliati e trascinati, persino un paio di urla distorte e un rumore strano, difficile da identificare, croccante e profondo come una piccola frana.
"Stanno... lottando?" Pensò Michelito, incerto, poggiando una mano sul braccio di Teo per fargli forza. L'operaio, a dirla tutta, sembrava più tranquillo di lui, ma parve apprezzare il gesto.
I rumori non durarono a lungo, riducendosi presto ad un unico suono, prolungato, ruvido: qualcosa che veniva trascinato per terra. Poi il silenzio.
I due rimasero nella stanza semi-buia ancora a lungo, senza azzardarsi a mettere il naso fuori.
Ogni volta che pensava a mettere la mano sulla maniglia, Michelito riviveva con vividezza il ricordo della porta che veniva scossa da fuori e pensava che, tutto sommato, rimanere chiusi lì un altro poco forse era una buona idea.
Ad un certo punto, però, Teo disse «Basta Michelino, non c'è più nessuno» e, appoggiandosi alla parete, iniziò lentamente a rimettersi in piedi
«Vuoi uscire?» bisbigliò il giovane
«In verità, se mi presti la luce, vorrei dare un'occhiata a queste» Teo accennò agli scatoloni alle sue spalle.
Michelito rivolse un'occhiata alla porta, oltre cui era silenzio, poi andò a sedersi accanto all'operaio e gli passò il cellulare. Teo si chinò subito verso lo scatolone più vicino, cercando di capire il modo migliore di aprirla.
Qualunque cosa ci fosse fuori, poteva benissimo aspettare.
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Deus Ex Machina
Ciencia Ficción[Storia completa] In un mondo dove chiunque nasce con un potere unico, che può andare dalla totale inutilità di farsi crescere le scaglie sulle orecchie all'incredibile e utilissima lettura del pensiero, il giovane Michele "Michelito" Philippus è ri...