23. Chiedimi

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Michelito si era fatto aiutare da Ale questa volta e lei non aveva protestato.

Toy Boy sapeva fare una quantità di cose che li avrebbero potuti davvero aiutare e questa cosa non si poteva ignorare: gli bastava una semplice connessione ad internet per entrare nelle banche dati di qualunque associazione, poteva pescare i filmati di sicurezza di qualsiasi telecamera (purché non fosse a circuito chiuso, ma su questa cosa ci stavano lavorando) ed era dotato di un motore di ricerca per il Dark Net, una cosa che Michelito non aveva neppure mai pensato che potesse esistere.

Ale poteva uscire anche durante la notte, per via del suo lavoro di autotrasportatrice, e conoscendo svariati produttori poteva trovare tutti i pezzi elettronici e meccanici che a Michelito servivano... non che avesse bisogno di molto, considerato come si era già circondato di una serie di gioiellini elettronici che controllava con il pensiero, ma certi componenti che ancora non aveva trovato gli avrebbero semplificato il lavoro.

Ci vollero tre giorni per completare il nuovo esoscheletro meccanico di Toy Boy.

Teo-Fernando aveva parlato di due versioni: una piccola, non più alta di trenta centimetri, e l'altra simile ad una persona vera, alta e allampanata, ricoperta di pelle artificiale e capace di esprimere un gran numero di emozioni attraverso le espressioni del volto.

Ovviamente, Michelito e Ale scelsero di costruire qualcosa di simile alla prima versione: una specie di Pinocchio, più alto dell'originale e che sfiorava i quaranta centimetri, magro e dinoccolato, terribilmente simile ad un burattino. La cosa interessante fu che, una volta dotato di braccia e mani, Toy Boy iniziò a provare a costruirsi da solo, ad aiutare, e fece un ottimo lavoro.

«Posso avere un altro accelerometro, per favore?» Chiedeva educatamente, tendendo le manine «Voglio essere un poco più preciso... grazie».

Michelito aveva recuperato tutti i giroscopi e gli accelerometri che aveva in casa e ne aveva riempito una scatolina: ogni volta che Toy Boy ne chiedeva uno, lui glielo lanciava e il robottino lo prendeva al volo, per poi iniziare a montarselo tutto felice da solo. Ah, la scrivania, com'era combinata! Sembrava un campo di battaglia, con cavi tagliati e sparsi dappertutto, ingranaggi di varie forme, pezzi di plastica e di spugna, pennarelli e cavi. Ma alla fine era andato tutto bene e Toy Boy si era potuto alzare in piedi. E aveva corso. E saltato. Si era connesso da solo con il cavo alla rete elettrica, per ricaricarsi, e da solo era stato capace di fare backup di una parte dei suoi dati nel disco fisso del computer.

«Ho voglia di schiacciarlo» Aveva commentato Ale «Proprio tipo di prendere una vanga e dargliela in testa»

«Ma è un prodigio! È grondante!» era stata la risposta di Michelito, eccitatissimo

«Proprio per questo ho voglia di schiacciarlo. È un prodigio. E i prodigi tendono sempre a volermi ammazzare».

Ma nonostante tutto, Ale non aveva distrutto il nuovo androide che si aggirava allegro per casa, facendo domande e offrendo il suo aiuto per qualunque cosa, rivelando capacità sorprendenti in cucina: tutto da solo sapeva preparare le omelette e con un aiuto minimo (era pur sempre un robottino alto quaranta centimetri) era riuscito a fare delle pizze fantastiche.

Toy Boy era magnifico, un aiuto, una compagnia, un piccolissimo cantante che amava fare le faccende di casa e portava il telecomando del televisore anche se Michelito non ne aveva bisogno per accendere lo schermo.

Toy Boy era allegro. Toy Boy era una compagnia deliziosa di sottofondo.

Toy Boy, quando Michelito era sovrappensiero e sentiva il piccolo androide cantare, era spaventoso; quelle non erano le canzoni di suo padre, erano nuove, a volte inventate, altre semplici cover di brani moderni, ma erano cantate con la voce di Hawk Storm e Michelito sobbalzava all'improvviso, girandosi a cercare con lo sguardo un vero essere umano nella stanza. E al posto di una persona vera, che cantava con passione, con vera anima, c'era sempre da qualche parte questo cosino che marciava come un pinocchietto, cantando tutto felice. Chi gli aveva insegnato a cantare? Perché lo faceva senza che nessuno glielo chiedesse?

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