[Storia completa] In un mondo dove chiunque nasce con un potere unico, che può andare dalla totale inutilità di farsi crescere le scaglie sulle orecchie all'incredibile e utilissima lettura del pensiero, il giovane Michele "Michelito" Philippus è ri...
Il giovane Michele Philippus amava gli stili moderni, che si trattasse di vestiti o architettura, ma adorava l'aspetto volutamente retrò del pub di Ginger, con l'edera che si arrampicava sulla facciata di legno e vetro, l'arco sopra la porta e i muri con i mattoni a vista che si intravedevano dalle finestre a cui si affacciavano fioriere di carnosi Sedum pendenti. Un pub accogliente, che sapeva di casa, con il nome scritto in oro sulla facciata:
"Tana Viverna".
Era ancora più pittoresco, illuminato dalle luci notturne della città, così bello che Michelito non resistette al tirare fuori lo smartphone e scattare una foto, poco prima che gli si scaricasse del tutto tra le mani. «Oooff» Disse ad alta voce, rimettendolo in tasca.
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Fuori dal Tana Viverna c'era una tettoia semplice, coperta di bouganvillea, costruita appositamente perché sotto vi si potesse riparare il fratello di Ginger. Era un tipo particolare, che preferiva starsene un po' sulle sue, e a dirla tutta non si sarebbe saputo dove farlo accomodare all'interno dato che aveva la forma di una grossa, spaventosa viverna bianca.
Il suo muso era lungo e sgraziato, dotato di micidiali denti ricurvi, e una criniera di lunghi capelli biondi che gli ricadevano sul collo e le spalle e, in parte, sulla testa.
Stava dormendo, le ali membranose ben chiuse contro il corpo forte, ma appena li vide passare alzò il collo bianco e gli fissò addosso gli occhi eterocromi, uno bruno e l'altro azzurro, con ostilità. Aveva perso la sua forma umana durante la sua prima missione da supereroe, quella in cui Hawk Storm era morto, e per qualche motivo sembrava odiare i Pale Horses – questo il nome d'arte di Anya e Valder Philippus, rispettivamente madre e zio di Michelito – e di conseguenza anche il bambino che i due avevano cresciuto.
Michelito era suo malgrado intimidito da quella persona che aveva la forma di una creatura mitologica. Avrebbe voluto fare amicizia con lui, ma non gli era mai stato concesso di avvicinarsi più di tanto e, espansivo com'era, la cosa gli dispiaceva.
Non era sicuro di cosa pensarne, se attribuire quella reazione ad un trauma o se fosse stato lui stesso ad aver sbagliato qualcosa. In fondo, il fratello di Ginger e i Pale Horses avevano combattuto fianco a fianco contro Werhunter quel giorno, e mamma e zio Val avevano anche perso l'uomo che amavano... proprio come il fratello di Ginger aveva perso la propria forma umana per chissà quale esperimento del supercattivo che aveva terrorizzato l'America.
Perché li odiava? Insomma, non era forse colpa di Werhunter e i suoi se lui era ridotto così?
Michelito non osò avvicinarsi, alzando timidamente una mano per salutare.
L'uomo-viverna sbuffò.
«Ehi, Adrian. La porta è aperta?» Fece Ale, avvicinandosi senza timore per accarezzargli il muso. Lei non aveva nulla da temere: Adrian la faceva avvicinare senza problemi e la trattava con grande simpatia.
Il vivernoide annuì in risposta, emettendo una sorta di borbottio amichevole.
«So di essere ovvio, ma c'è un drago davanti al pub» Osservò Teo, con tono stranamente piatto.