Capitolo 1: Normalità (prima parte)

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L'inizio della scuola è quel momento cruciale in cui apro gli occhi dopo un magico sonno chiamato "estate".

Oggi comincio il liceo, l'idea mi elettrizza. Rovesciarmi in un mondo nuovo di colori, persone, esperienze stimola la mia curiosità. L'adrenalina sottrae un'oretta buona di sonno.

Ho molto tempo per prepararmi. Pettino i miei lunghi capelli lisci di colore castano scuro. Effettuo un trucco semplice: correttore, mascara, eyeliner, rossetto nude. Per la sera punto a un make up che valorizzi gli occhi scuri. Il profumo alla vaniglia è immancabile. Guardo un'ultima volta i vestiti: top bianco, jeans blu scuro, Puma bianche. Aggiungo orecchini a cerchi piccoli, bracciali e anelli. Lo zaino color borgogna dell'Eastpak è un fedele compagno di viaggio.

Nelle orecchie echeggia "Mystery of Love" di Sufjan Stevens. Accompagna un film meraviglioso, che ha lasciato un ricordo indelebile nel cuore. Un mio concittadino regala arte al mondo, m'inorgoglisce.

Lascio casa con l'oro in bocca. I miei genitori non mi accompagnano, si svegliano presto per lavoro. Mamma è una fotografa professionista, papà un noto imprenditore. Mi perdo fra le nuvole mentre guardo il cielo.

Raggiungo le mie migliori amiche a pochi passi dall'edificio. Io, Josephine Lemair, Cassandra Tremblay formiamo un sodalizio dalle medie. La nostra apertura nei confronti del prossimo permette amicizie sparpagliate ovunque. Per essere giovani adolescenti godiamo di molta popolarità. Questa maschera, questo fitto mistero per ora non mi disturba.

Mi abbracciano fortissimo. Senza di loro sarei persa. Ci sosteniamo dall'inizio, siamo inseparabili.
"Pronte al divertimento?" chiede Jo. Quella ragazza è cresciuta a pane e ironia.
"Lo chiedi sul serio?" controbatte Cassandra.
Sorrido.
"Vi ricordo che siamo nel cortile della scuola e dobbiamo comportarci da persone normali".
"Guastafeste" sbuffa ironicamente l'amica francese.

Il display del cellulare s'illumina. Jake Rooney, il mio fidanzato quasi maggiorenne, mi augura buona fortuna. Il via vai di studenti e docenti trasmette agitazione positiva. Va tutto bene, ogni cosa è normale. Ciò che scorgo lo reputo una certezza. Normalità, un concetto astratto e impossibile. Ancora non so che quella parola cambierà per sempre la mia vita.

Prendo posto al secondo banco. Gli insegnanti m'incuriosiscono. Gli anni precedenti ero abituata a ricevere ascolto e sostegno dai professori. Spero che sia lo stesso anche qui. Al momento sembrano tutti cordiali. Le barriere, i limiti, il gelo sono controproducenti. In fondo siamo ancora dei bambini che necessitano di guida. I compagni di classe si avvicinano in numerosi, li accolgo calorosamente. È sempre bello stringere amicizia, aprirsi con il prossimo, socializzare. Mi riempiono di complimenti, mi colgono di sorpresa.

Da un lato le cose seguono il corso corretto, dall'altro continuano per fatti propri. Josephine non spiaccica parola. Resto congelata dal suo volto sofferente...e malvagio. Com'è possibile cambiare in questo modo? Cosa può mai esserle successo? Non ho tempo per chiedere. Il suono della campanella sancisce la fine delle lezioni. Più cerco di parlarle, più diventa assente. Occorrono cinque minuti per tornare alla normalità. Balbetta pensieri confusi.

Elimino il passato, l'abbraccio. Noto con mia felicità che siamo in quattro. Ophelia Robinson vuole far parte del nostro gruppo. Attacca bottone con Jo. È benvenuta, non caccio via nessuno. L'armonia aiuta l'uomo. La cosa bizzarra della vita è l'assegnazione dei ruoli. Sono la leader senza una scelta volontaria. Non mi piace attribuire etichette, comandare sugli altri.

Agli amici assicuro lealtà e aiuto. Douglas Olsen, il mio migliore amico nonché alunno dell'ultimo anno, può confermarlo. Spicca nella folla per la pelle chiarissima e la chioma biondo chiaro. Mi precipito a salutarlo.

Si forma una catena di nuove conoscenze, chiacchere, battute. È un'arma a doppio taglio. Significa stare sulla bocca di tutti nel bene e nel male. Il pettegolezzo non perdona. Il debutto liceale di Josephine si conclude in una maniera disastrosa.

Il tradimento da parte del suo ragazzo avviene alla luce del sole, avanti a occhi indiscreti, come se ciò fosse pura normalità. Il primo giorno di superiori è uno dei momenti più significativi, indescrivibili, emozionanti. È quel racconto mitico, titanico, eroico che si racconta ai posteri. Con gli anni si focalizzano nuovi dettagli. Non pensavo che si potesse prendere una simile svolta.

Il ricordo è un marchio sulla pelle e sul cuore. Le certezze crollano in un cumulo di menzogne. Perfino l'arrivo di Jake mi appare insignificante. Non è la mia ancora di salvezza, non è di conforto. Osservo allarmata la mia amica, la mia priorità. Quel bacio colpevole la demolisce ogni secondo di più.

Il disgusto fa da padrona. Non capirò mai l'arroganza delle persone. Perché non reagisce? Perché tace? Recita impassibile in una squallida commedia. Coprire i sentimenti è sbagliato. Viviamo nel mondo della finzione. Tutto si ferma. I rumori sono suoni indefiniti, inutili, di poco conto. Serro le labbra, corrugo le sopracciglia. Quel verme instilla dubbi, insicurezze, vergogna.

Perché si sente in colpa la vittima e non il carnefice? La rabbia cresce a dismisura, non la fermo. Non solo rovina una relazione, ma compromette i rapporti con il gruppo. Io, Josephine, Cassandra, Douglas, Jake non esistiamo più.

Per la prima volta non sono favorevole al perdono. La damnatio memoriae è il castigo minimo. Come si sorvola a un colpo al petto e alla schiena? Rimane impassibile, m'innervosisco ulteriormente. Cala il malumore generale. Non permetterò il declino di questa giornata. La tentazione di gridargli contro è implacabile. Detesto reprimere me stessa. La frettolosità non porta a nulla. Fulmino quei due imbecilli con lo sguardo. Raccolgo la mia poca pazienza.

George Howard ci saluta spavaldo, noncurante della pessima figura. Lo ricopro di insulti. Parlo a bassa voce, l'espressione facciale trapela più del dovuto. Incalza con battute e provocazioni. Mascheriamo il tono ostile con finta tranquillità.

Ci troviamo al centro dell'attenzione. I nostri dialoghi vengono ascoltati.
"Hai il ciclo?".
"Sai dire solo questo?".
Associare il nervosismo alle mestruazioni è un concetto che m'infervora. La gente si crogiola negli stereotipi, è normale crescere in una generazione di falliti.
"Non mi farò comandare da una puttana come te".
L'insulto non mi tocca. Una risata di scherno e uno schiaffo fortissimo lo fanno tacere all'istante. Ruzzola per le scale del cortile, non mi dispiace. Non credevo che di sprigionare così tanta forza. Il verdetto della giuria? Ciascuno spettatore è dalla mia parte.

L'approvazione altrui è fondamentale per sopravvivere in società. Questo l'avrei capito in seguito. Il tempo s'infrange in secondi interminabili, intensi, esplosivi.

Una magnifica ragazza dai lunghi capelli biondi e ricci assiste alla scena stupefatta. Gli enormi occhi verdi scrutano divertiti. Resto a bocca asciutta, arrossisco. Non è di una semplice bellezza, lei è la bellezza. Una dolce ipnosi investe i miei amici immersi nei loro pensieri.

La stessa Josephine sembra più rincuorata, libera, serena. Cassandra la sta consolando, sta facendo un ottimo lavoro. Sono davvero confusa, gasata, meravigliata, stupefatta. Potrei svenire da un secondo all'altro. Mi calmo. La negatività è solo una parentesi. Giuro di averla vista sorridere prima di svoltare l'angolo, prima di ignorare la catarsi in cui mi ha gettata.

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