Capitolo 14

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Il cielo ero scuro, la brezza fredda volava tra i tuoi capelli. Il sole non era in vista, perché non sarebbe apparso per un altro paio d'ore. Le nuvole rispecchiavano la tua mente e il tuo cuore. Il cancello era aperto, l'edificio all'interno ti invitò a farti avanti. La guardia ti fece un cenno quando vide che il tuo nome era sulla vista dei visitatori. E così ti fece cenno di entrare. Dentro, c'era un puzzo di disperazione e disperazione. L'assistente alla reception ti diede le indicazioni per la stanza in cui dovevi andare.

Il corridoio era insipido. Nessun quadro, nessuna finestra, nessuna libertà. La stanza si trovava quasi alla fine del corridoio, lontano da tutte le civiltà. Girasti lentamente la manopola ed entrasti. Era vuoto, a parte la sedia dalla tua parte e la sedia dall'altra parte davanti ad essa. Una parete di vetro separava il male dall'innocenza. Ti sedesti, il tuo cuore batteva sempre di più ad ogni secondo che passava. La porta dall'altra parte presto si aprì e il tuo cuore si fermò.

Era lo stesso di come te lo ricordavi. I suoi capelli unti, l'attaccatura dei capelli più prominente che mai. La sua barba arbustiva ancora lì. Rabbrividisti al ricordo della sensazione sulla tua pelle quando cercava di baciarti. I suoi occhi erano vuoti, la gravità tirava giù il suo peso. Le catene alle sue mani penzolavano sciolte. Quando ti vide, c'era uno sguardo di soddisfazione nei suoi occhi. Non la soddisfazione come se fosse contento o felice, ma nei suoi occhi c'era solo arroganza.

"Era ora." Disse sollevando la cornetta del telefono. La sua voce ti mandò dei brividi lungo la schiena. Ma nonostante tutto mantenesti la calma, senza alcuna reazione.

"Piacere di vederti, padre. È più bello vederti dietro le sbarre." Dissi tu sorridendo. Erano passati 8 anni dall'ultima volta che lo avevi visto. L'ultima volta era stata quando la polizia lo aveva scortato in prigione. Quel giorno era stata una liberazione per te, ma quel giorno era stato anche il giorno in cui aveva perso la speranza nell'amore.

"Se questo vetro non fosse tra di noi in questo momento, avrei il tuo scalpo tra le mie mani." Sussurrò lui in modo che l'ufficiale dietro di lui non potesse sentire nulla. In quel momento sentisti la stessa paura che era stata incisa in te tanti anni prima. Inconsciamente ti allontanasti dal vetro. Lui emise una risata senza emozioni.

"Migliorato? Era questo che mi avevi scritto? Penso che quest'aria di prigione ti stia dando fastidio al cervello."

"Che ci fai qui?" Chiese lui, sedendosi sulla sedia.

"Per così tanto tempo, ho pensato di essere forte non cedendo ai tuoi inviti per venire qui. Pensavo di essere una persona migliore ignorando la tua esistenza. In effetti, a volte mi dimentico di te. Dimentico il dolore che mi hai dato, gli anni di odio e negligenza e l'amore che non mi hai mai dato. Ma ho capito che stavo scappando da te, dal tuo regno. Non voglio ammetterlo, ma hai ancora così tanto controllo su di me." Ti morsi la lingua per trattenere le lacrime.

"Immagino che tu abbia scoperto il mondo reale, principessa. Non sono tutte favore, tesoro. La gente deluderà, l'amore svanirà. È meglio essere quello che mette fine a tutto questo piuttosto che essere quello con il cuore spezzato."

"È per questo che hai smesso di amarci? La tua famiglia."

"Tua madre ti ha lasciato con me, vero? Penso che sia stata la prima a smettere." Lui smise di ridere dopo aver visto le tue lacrime. Non avevi intenzione di cedere in quel modo, ma la menzione di tua madre fece rompere la diga.

"Non nominare quella donna." Sussurrasti tu con gli occhi abbassati a terra per evitare il suo sguardo.

"È tutto ereditario, figlia mia."

"Di cosa stai parlando?"

"Quell'atteggiamento da vigliacca che aveva tua madre, è tutta in te."

ᴡᴀsᴛᴇ ɪᴛ ᴏɴ ᴍᴇ - ᴋɪᴍ ɴᴀᴍᴊᴏᴏɴ [ᴛʀᴀᴅᴜᴢɪᴏɴᴇ ɪᴛᴀʟɪᴀɴᴀ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora