Capitolo 3

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Nervosa.
Nervosa ero.
Ecco cos’ero, nervosa.
Il piede continuava a battere sul terreno in modo incontrollato, non riuscivo a farne a meno, era più forte di me.
“Ora basta” l’armadietto di metallo accanto al mio si chiuse con un colpo secco, Cassie posò sbuffando la mano contro il pannello di metallo guardandomi imbronciata.
“E’ solo colpa sua se sto così” ribadii chiudendo a mia volta il mio, sospirò pesantemente mettendosi lo zaino in spalla poi iniziò a guardarsi intorno prima di prendere il cellulare dalla tasca dei jeans e di osservarlo per qualche istante.
“Non ho buone notizie” si morse il labbro osservandomi, alzai gli occhi al cielo infastidita da quel continuo arrivo di cattive notizie durante quella giornata.
“Justin non pranza a casa..” disse poi.
Mi portai una mano alla fronte socchiudendo le labbra e spalancando gli occhi, alzò le spalle annuendo lievemente.
“Dimmi di no” sussurrai, lei mise il cellulare dentro la tasca dei jeans nuovamente prima di fare qualche passo in avanti verso il piazzale.
“Ehi.. tu verrai se dovesse venire lui vero?” dal mio tono di voce era evidente l’apprensione e l’ansia che avevo per la sua risposta che tuttavia in un certo senso sospettavo già.
“Lo sai che non posso” rispose.
Cassie aiutava la madre ogni giorno al lavoro, non avevo mai capito bene che lavoro facesse, credo avesse un negozio di fiori a sud della città tuttavia sapevo di essermi illusa se solo per un momento avessi avuto la speranza di un sostegno da parte sua.
Lei e Justin erano fratelli certo, ma non si parlavano da molto o per meglio dire non si calcolavano da molto.
I loro genitori si erano separati due anni prima, lei andò con la madre in un piccolo appartamento in centro città mentre Justin fu affidato al padre che appena un anno dopo trovò una nuova compagna della quale però nessuno sapeva nulla.
Ogni tanto la curiosità di sapere qualcosa della vita di Justin anche solo per scoprirne un punto debole era davvero forte ma nemmeno Cassie sapeva rispondere alle mie domande, della compagna del padre conosceva appena il nome.
“Mia madre chiude prima stasera, se ti va possiamo vederci dopo” aggiunse poi, sospirai portando lo sguardo sul pavimento in marmo poi alzai la spalle guardando altrove.
“Avrà già fatto in tempo a picchiarmi..” sussurrai poi, alzò gli occhi al cielo attirando la mia attenzione.
“Lui non ti picchia” disse.
“Ci sei mai quando viene da me? Allora sta zitta” la sorpassai senza degnarla di uno sguardo, non ero arrabbiata perché andasse da sua madre invece di aiutare me ma piuttosto ero delusa dal fatto che ancora si ostinasse a difenderlo.
Anche lei sapeva quanto Justin mi odiasse senza motivo, anche lei sapeva quanto mi maltrattasse non appena ne aveva l’occasione, lei sapeva tutto eppure ancora si rifiutava di darmi ragione.
Lei non aveva ormai più alcun contatto con Justin se non a scuola eppure gli importava ancora come se fossero i fratellini perfetti.
Pff, cavolate.
“Aspetta!” corse verso di me prendendomi il braccio e facendomi voltare.
“Sai che anche se volessi non potrei venire” disse poi alzando le braccia al cielo facendomi innervosire, sembrava trattarmi come le mamme trattano i bambini capricciosi. Patetica.
“Tu non sai quanto tuo fratello mi renda la vita impossibile” sentivo le lacrime quasi all’orlo ma non volevo uscissero, non davanti a lei. Era vero, era la mia migliore amica ma il punto è che doveva esserlo, era la mia unica amica.
Forse non avevo idea di cosa fosse una migliore amica, non ne avevo mai avuta una.
“Lui non è il mostro che credi” disse poi, alzai di scatto la testa come sotto shock, non riuscivo a credere alle mie orecchie, davvero aveva detto quello che avevo sentito?
Non volevo crederci.
Impossibile, non Cassie no.
“Lo difendi pure?!” esclamai poi.
“E’ mio fratello, che io lo voglio o no lui è mio fratello” sospirai portando le braccia al petto poi scossi la testa rassegnata, non avrebbe mai capito.
“Non importa.. nessuno può capire non ne vale la pena” dissi con un filo di voce, non avevo proprio voglia di spiegarle come mi sentivo con suo fratello, ci avevo provato molte volte ma lei non capiva, era sempre tutto inutile.
Come del resto non avrebbe mai capito nessun altro.
“Devo andare.. Chris mi sta aspettando” dissi poi respirando profondamente e calmandomi, mi spostai una ciocca di capelli dal volto chiudendo un istante gli occhi sentendo l’aria fredda di quella giornata di aprile solleticarmi il volto.
“Prima che te ne vai, devo dirti una cosa importante. A dire il vero lo so da un paio di giorni ma non ho mai avuto l’occasione di parlartene” disse fermandomi una seconda volta, sospirai guardando prima i sassi sotto le suole delle mie scarpe e poi i suoi occhi, sembrava seria e preoccupata, forse anche agitata.
“Che c’è?”
“Lo sai che ultimamente il negozio di mia madre non sta andando bene con gli affari e così abbiamo cercato un’alternativa, se continua così chiuderà presto” mi spiegò rassegnata.
Avevo un brutto presentimento ma stetti in silenzio in attesa che continuasse.
“Mia madre ha trovato lavoro a Boston, partiamo domani”
Per un istante credetti fosse stata la mia mente a crearmi un’allucinazione ma quando vidi i suoi occhi farsi lucidi, il suo sguardo incupirsi ed il suo volto abbassarsi capii che non era fantasia, era tutto vero.
“Te ne vai?” balbettai, annuì debolmente accennando ad un sorriso.
Forse mi sarei dovuta sentire male, sarei dovuta scoppiare in lacrime secondo la logica poiché lei era la mia migliore amica ma la verità era che tra noi non c’era mai stato quel feeling speciale, lei sapeva come prendermi come nessuno certo, ma averla o non averla nella mia vita al di fuori della compagnia che mi faceva la mattina a scuola non faceva differenza.
“Ha già firmato per il trasferimento?” chiesi.
“Si oggi portiamo via gli ultimi scatoloni dal negozio” disse, annuii leggermente cacciando le mani in tasca.
“Spero si sistemino le cose allora e che tu e lei siate felici.. salutami tua madre”  sorrise leggermente annuendo ed incerta sul da farsi mi strinse forte a se, entrambe sapevamo che probabilmente non ci saremmo più riviste.
Non era la ragazza che torna indietro per trovare un’amica o che si tiene in contatto con lei, sapevo bene quanto lei che a Boston avrebbe iniziato tutto da capo con la madre e che di me, di Justin e di tutto ciò che riguardava la sua vita a Los Angeles non avrebbe più voluto sapere nulla.
Il suo più grande desiderio era iniziare tutto da capo.
“Credo sia un addio” non la lasciai rispondere che mi voltai vedendo per l’ultima volta il suo volto.
Rimasi anche io stupita dalla mia freddezza certo, ma per qualche ragione sentivo che il nostro rapporto trasferimento o meno, non sarebbe mai migliorato e sarebbe peggiorato di giorno in giorno.
Eravamo troppo diverse.
La verità era che mi ero ormai convinta del fatto che non avrei mai trovato quell’amica perfetta, quella che tutte le ragazze della scuola avevano, tutte tranne me ovvio.
Sentii il clacson dell’auto di Chris attirare la mia attenzione, sapevo che sarebbe stato un po’ nervoso per il mio ritardo ma infondo non me ne importava.
Una volta arrivati a casa non lo avrei rivisto sino a sera perciò…
“Si può sapere dov’eri finita?!” chiese partendo quasi non dandomi il tempo di chiudere la porta, mi lasciai cadere contro il sedile sospirando.
“Salutavo Cassie” risposi brevemente portando lo sguardo fuori dal finestrino, lui corrugò la fronte guardandomi con la coda dell’occhio senza capire.
“Cassie? Di solito non ci vogliono venti minuti per salutare una persona” osservò svoltando verso la strada di casa.
“Il fatto è che era l’ultima volta, domani parte per Boston con la madre” la macchina si bloccò sul ciglio della strada esattamente davanti casa, aprii la portiera scendendo dall’auto, Chris chiuse il fretta l’auto correndo per raggiungermi.
“Boston? E Justin lo sa?!” esclamò, alzai le spalle corrugando la fronte.
“Ed io che ne so” risposi acida allargando le braccia.
“Ah non so, vi volete così bene” lo fulminai con lo sguardo mentre tratteneva una risata, infilai le chiavi nella serratura sbloccando la porta.
“Molto divertente” dissi prima di entrare, mi strizzò un occhio lasciandosi sfuggire una risata per poi spettinarmi i capelli prima di seguirmi dentro casa.
L’aria sapeva di fritto, mamma era a casa.
Molto strano.
“Strano che mamma sia a casa” osservai.
“Già.. beh meglio non credi?” mi sorpassò lui, quando mamma non c’era toccava a lui cucinare e non era il massimo per ciò infondo che mamma fosse a casa non era del tutto negativo.
“Oh Evy” si bloccò sullo stipite della porta della cucina.
“Si?”
“I ragazzi verranno qui oggi, resta in camera, dirò loro che non ci sei” disse, deglutii poi sospirai pesantemente facendogli chiudere gli occhi poi annuii.
“D’accordo ma sono Evelyn” risposi abbassando la testa.
Sospirò lui questa volta ed annuì stringendo le mani in un pugno.
“Lo so.. scusa” ed entrò in cucina.
Evy mi chiamavano mamma e papà quando ero piccola e avevano ancora l’abitudine di parlarmi, ancora allora lo facevano e la cosa non era piacevole così quando a Chris scappava di chiamarmi così lo riprendevo sempre, almeno con lui potevo.
Mi faceva troppo male essere chiamata così, ricordava troppo i bei tempi di quando eravamo davvero una famiglia.
Prima del cambiamento improvviso e senza senso.
Entrai in cucina lasciando all’angolo lo zaino accanto al mobile dove mio padre collezionava modellini di imbarcazioni, mia madre era ai fornelli e si portava ripetutamente il cucchiaio alle labbra assaggiando.
“Buongiorno” disse prima di prendere il guanto in tessuto e di aprire il forno, alzai lo sguardo su Chris trattenendo un sorriso.
Ci aveva salutati? Strano, pensai.
Presi un piatto dalla credenza prima di andare a sedermi a tavola, forse se ci fosse stata mamma a casa Justin e Chaz non sarebbero venuti. Una speranza iniziò lentamente a farsi largo nella mia mente ma non mi volevo illudere.
“Come mai sei a casa?” chiese Chris passandomi la bottiglia dell’acqua mentre entrambi aspettavamo con ansia la risposta di nostra madre.
“Ero in pausa, l’ufficio riapre alle 14.00 e ho pensato di fare un salto a casa” alzò lei le spalle.
Ecco appunto, capite quando parlo di illusioni?
Mia madre era la segretaria di mio padre il quale era un avvocato, non erano mai a casa ma ero certa che anche se non avessero lavorato non avrebbero comunque trovato il tempo per badare a me e a mio fratello.
Mangiai l’ultimo boccone del mio piatto a stento, sapevo che odiava quando avanzavamo del cibo così ogni volta cercavo di finire tutto cosa che per Chris era una banalità.
“Vado a fare i compiti” mi alzai da tavola prendendo lo zaino in spalla, sentivo lo sguardo pungente di Chris su di me pregarmi di dire qualcosa a nostra madre ma non avevo idea di cosa dirle.
“Mh.. buon lavoro, mamma” sussurrai appena l’ultima parola.
Come avrei mai potuto considerare mia madre una persona così poco presente nella mia vita? Per me era assurdo eppure sembrava per Chris fosse un obbligo portarle rispetto, io non le dicevo mai nulla ma non volevo nemmeno essere costretta a far finta di essere una figlia felice dei propri genitori.
Era tutto il contrario.
Entrai in camera lasciando cadere a terra lo zaino pieno di libri e mi lasciai scivolare a peso morto sul letto tra le coperte morbide. Era una bugia, non avevo compiti ma non volevo stare così a contatto con mia madre, ero a disagio ed ero anche certa che mi avrebbe chiesto della scuola e non mi andava affatto di parlarne.
Passai buona parte del pomeriggio tra guardare il soffitto e a leggere qualche stupido libro che mia nonna mi regalava ogni Natale, infondo non avevo di meglio da fare.
Sentii d’un tratto suonare il campanello ed un brivido mi percorse la schiena, mi affacciai alla finestra vedendo Justin e Chaz davanti al cancelletto mentre gettavano le sigarette sul marciapiede aspettando che Chris aprisse.
Ricordai le parole di mio fratello.
 
“I ragazzi verranno qui oggi, resta in camera, dirò loro che non ci sei”
 
Quella frase mi ronzava in testa di continuo, non avevo problemi a restare ancora in camera ma il fatto che fossi costretta a farlo per scappare da un ragazzo che mi rendeva la vita impossibile mi irritava terribilmente.
Sarò stata sciocca, testarda ed anche cretina ma decisi di non ascoltare Chris e di andare in salotto.
Forse i ragazzi sarebbero andati nella camera di Chris ma ciò che conta era che avevo deciso di non farmi più dominare da Justin, quella era casa mia ed io avrei fatto quello che volevo.
Basta essere dominata da lui, basta.
Scesi lentamente le scale respirando profondamente, entrai in salotto alzando lo sguardo sui tre. Chris era seduto sul bracciolo del divano con un foglio nella mano destra, Chaz con la schiena posata al muro lo fissava incuriosito passandosi ripetutamente le mani fra i capelli continuava poi ad abbassarsi la felpa rossa che gli si alzava ad ogni suo movimento mentre Justin stava in piedi di fronte a lui sulla sinistra della stanza, una maglietta nera sotto la felpa grigia del mattino aperta abbinata a quei soliti pantaloni neri a cavallo basso tuttavia non potei non accorgermi di una cosa fondamentale, aveva il mio orsacchiotto tra le mani.
Quello per me non era un semplice orsacchiotto, me lo aveva regalato mio padre il giorno del mio sesto compleanno, l’ultima volta che mi fece un regalo.
Era troppo speciale per me.
Chris mi notò e potei vedere tutta la sua rabbia comparire sul suo volto, alla mia entrata sul viso di Justin si dipinse un sorriso malefico e su quello di Chaz una smorfia furba che insieme mi provocarono un brivido.
Mi avvicinai a passo deciso verso Justin prendendogli il morbido orsacchiotto dal pelo color nocciola, non oppose resistenza e prenderglielo fu facile, evidentemente non si aspettava quel mio gesto.
“E’ mio” dissi prima di dargli le spalle e di tornare sulla soglia della porta, accarezzai il pelo soffice sopra la testa del piccolo orsacchiotto dal nome inventato da me e mio fratello, avevamo miscelato i nostri nomi e ne era uscito Evrys.
Sorrisi come una bambina stringendolo al petto provocando una risata da parte dei due ragazzi.
“Scusa non pensavo che per fare la nanna usassi ancora uno stupido orsacchiotto” sputò fuori aspramente Justin, arricciai infastidita il naso incrociando a mezz’aria i suoi occhi.
“Non ci faccio la nanna, ma tu non devi toccarlo”
“Perché no?” chiese, feci una smorfia divertita.
Ciò che stavo per dire sarebbe potuto essermi fatale ma non m’importava.
“Non vorrei mai che prendesse la rabbia” sogghignai trattenendo una risata, Justin scoccò la lingua contro il palato ed improvvisamente il clima si fece teso, gelido e nella stanza calò il silenzio.
Sentivo imprecare mentalmente Chris che pregava solo che Justin riuscisse a controllarsi, forse avevo esagerato, forse mi ero illusa di poter contrastare Justin ma in realtà non ero ancora pronta.
Justin iniziò a camminare lentamente in avanti tenendo lo sguardo e la testa bassi scoccando ogni tanto la lingua contro il palato, arrivò a pochi centimetri dal mio volto.
“Ti diverti a provocarmi?” deglutii sentendo i suoi occhi farsi più cattivi, farsi feroci come quando vuole vendetta, come quando prova odio.
“Non sai quanto” mi morsi la lingua non appena quella frase mi scappò dalle labbra, Chris si portò una mano alla fronte mentre sentivo Chaz trattenere una flebile ed isterica risata.
Mi portò una mano al volto stringendomi le guance tra le dita della mano sinistra guardandomi con odio, avevo esagerato.
“Ripeti” ringhiò conto il mio volto.
Potevo sentire il profumo inconfondibile di fumo di sigaretta, menta e cannella che lo distinguevano dagli altri, mi morsi il labbro senza sapere cosa fare.
“Io non..” balbettai poche lettere che non avevano senso facendolo sorridere vittorioso, mi lasciò il volto e si avvicinò ulteriormente, inclinò la testa arrivando con le labbra ad un millimetro dal mio orecchio.
“Non metterti contro di me, non ti conviene” sibilò poi piano, si allontanò con lo stesso passo con cui si era avvicinato per tornare tra Chaz e Chris nel mezzo del salotto.
Deglutii poi senza aggiungere altro uscii dalla stanza mimando con le labbra uno “scusa” verso Chris che mi osservava malamente, strinsi più forte l’orsacchiotto fra le mani accasciandomi al muro.
Non mi aveva picchiata, wow.
Mi venne improvvisamente in mente di Cassie, chissà se Justin era a conoscenza della sua partenza? Per quanto non si calcolassero Chris diceva che Justin teneva molto a lei e per tutte le volte che lei lo aveva difeso potevo intuire che la cosa era abbastanza reciproca.
Non feci in tempo a pormi altre domande che dal salotto uscì Chris ridendo seguito subito da Chaz, mi alzai di colpo in piedi lasciando il piccolo Evrys sul primo gradino delle scale.
“Vieni da me allora?” arrivò Justin sorridente rivolgendosi a Chris il quale annuì convinto.
“Dove vai?” chiesi appena.
Forse avevano un incontro, ero quasi certa non me lo avrebbero detto ma tentare non costava nulla infondo.
“Via con i ragazzi, non aspettarmi per cena” mi si avvicinò lasciandomi un bacio fra i capelli come faceva solo quando era agitato.
Avevano un incontro.
Mi morsi il labbro annuendo, avrei cenato da sola con mamma e papà.
Splendido, pensai.
Mi superarono tutti e tre ma afferrai il braccio di Chris attirandolo a me e catturando l’attenzione e forse l’irritazione degli altri due, sentivo gli occhi feroci di Justin su di me ma non ci feci caso.
“Sa di Cassie?” sussurrai in modo impercettibile.
“Non so come dirglielo” rispose lui.
“Potresti farlo tu” alzò le spalle poi avvicinandosi ai due che non capivano l’argomento del nostro discorso.
“Non ci penso nemmeno” risposi fredda.
“Ti prego..” mi morsi il labbro sbuffando, poi annuii lievemente facendo apparire un grande sorriso sul suo volto.
“Su andiamo.. basta perdere tempo con le pulci” s’intromise Justin posando una mano sulla spalla di mio fratello e puntandomi gli occhi contro, alzai gli occhi al cielo sospirando infastidita.
“Già.. basta perdere tempo con me” girai le spalle imboccando il corridoio senza più voltarmi.
Il problema era grande.
Sarebbe stato compito mio dire a Justin di Cassie, mi avrebbe picchiata ne ero certa, mi avrebbe tormentata e avrebbe sfogato la sua rabbia su di me, era la mia fine.
Perché avevo accettato?
Maledetta a me.
 

I'm Danger (Justin Bieber)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora