Capitolo 4

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Sospirai pesantemente girando l’ennesima pagina di quel solito libro dalla copertina grigia e dalle pagine interminabili, guardai l’orologio consapevole che fosse solo passata mezz’ora da quando i ragazzi se n’erano andati e che probabilmente l’incontro doveva ancora iniziare.
La serratura scoccò un paio di volte prima che la porta cigolando come il solito si aprisse, mia madre rimase ferma sullo zerbino trascinando le suole delle scarpe prima di entrare e di chiudersi la porta alle spalle.
Si levò il cappotto lasciandolo sull’attaccapanni sopra la borsa in pelle che papà le aveva regalato pochi mesi prima per il suo quarantesimo compleanno, spostò lo sguardo dall’orologio sul suo polso al mio volto varie volte per poi storcere il naso.
“E Chris?” alzai la testa lentamente quasi certa di aver avuto un’allucinazione, impossibile che mia madre chiedesse informazioni mie o di mio fratello eppure quella volta lo aveva fatto.
Incredibile.
“Non cena a casa, è via con i ragazzi” alzai semplicemente le spalle ottenendo da parte sua un piccolo cenno di assenso con il capo, sparì in pochi secondi salendo le scale.
Riportai lo sguardo al libro che sembrava ripetere di continuo le solite cose, senza una logica, senza tregua. Ma la verità è che la mia mente era troppo occupata a pensare alle parole da utilizzare per dare la notizia del trasferimento di Cassie a Justin.
Mi maledicevo ogni volta che ripensavo al fatto di aver accettato alla richiesta di Chris senza porre resistenza ma infondo anche lui lo avrebbe fatto per me, almeno credo.
Ero certa che avrebbe sfogato la sua rabbia su di me ma speravo anche che suo padre o sua madre accennassero lui qualcosa e che non ci fosse bisogno di un mio intervento.
Il cellulare si illuminò sopra il bracciolo del divano, mi allungai afferrandolo e lo guardai attentamente.
 
Da Cassie:
Immagine

 
Aprii l’oggetto, una semplice immagine che mi fece stringere i denti e forse provare anche odio. Erano lei e sua madre fuori dal negozio con degli scatoloni in mano e con un grande cartello che diceva “Trasferimento a Boston” , il suo sorriso era candido come poche volte, sapevo bene quanto desiderasse scappare da Los Angeles.
Spensi il telefono sbattendolo con forza sul tavolino mordendomi il labbro, non le avrei risposto, non le avrei scritto nulla, io e lei ormai eravamo mondi diversi, avevamo scelto di percorrere sentieri ben divisi l’uno dall’altro.
“Evy ho saputo che Cassie parte domattina” ad interrompere il silenzio ci pensò mia madre che scese le scale a passo svelto allacciandosi l’ultimo bottone della camicia e dirigendosi all’entrata per prendere le buste della spesa.
“Già.. dice che gli affari al negozio non andavano bene” alzai le spalle con aria impassibile, annuì leggermente sistemando un paio di pacchi dentro l’armadio del salotto.
“Ti mancherà?” chiese d’un tratto, deglutii alla sua domanda alzando lo sguardo e trovando i suoi occhi verdi fissi su di me.
“No” risposi semplicemente, accennò ad un piccolo sorriso prima di sparire in cucina con una busta della spesa tra le mani.
Sbuffai chiudendo il libro e lasciandolo cadere sul divano, piegai la testa all’indietro chiudendo gli occhi, sarebbe stata una serata infernale.
Non solo dovevo preoccuparmi per Justin ma dovevo anche pensare a come sopportare un’intera serata da sola con i miei genitori, di certo avrei provato con qualche solita scusa ormai nota.
 
 
 
“E’ pronta la cena!” la voce di mia madre rimbombò contro le pareti biancastre della casa, mi alzai dal divano sistemando i fogli da disegno sopra il mobile della credenza, entrai in cucina deglutendo ed attirando per la prima volta l’attenzione di mio padre.
Stava mettendo della minestra dentro i piatti, mi avvicinai prendendo il mio quasi con timore, lo posai sul tavolo prima di sedermi al mio solito posto.
Quando entrambi mi affiancarono mi sentii per la prima volta schiacciata, non ero certo abituata ad avere la loro attenzione o anche solo la loro presenza e quell’avvicinamento così improvviso non era poi così facile da affrontare.
“Com’è andata a scuola?” alzai di poco la testa deglutendo, non sapevo nemmeno cosa rispondere per la mia poca abitudine a ricevere domande del genere da parte loro.
“Il solito” alzai di poco le spalle indifferente.
Mia madre mi guardò attentamente per qualche secondo poi su suggerimento di mio padre annuì e tornò con la testa china sul piatto.
Iniziarono con i soliti discorsi serali che ormai li caratterizzavano, mia madre chiedeva le riunioni che mio padre aveva in settimana per sapere come gestire il lavoro e lui le elencava ogni singola data di colloquio.
Non prestavo mai molta attenzione ai loro discorsi anzi, mi sembravano superflui ed onestamente non m’importava conoscere gli impegni lavorativi dei miei genitori.
Infondo conoscerli o meno era la stessa cosa,
averli o non averli a casa non faceva differenza.
Finii l’ultimo goccio di tè freddo del bicchiere prima di alzarmi portando le braccia verso l’alto, cercavo una scusa qualsiasi per scappare da quella situazione, anche solo per andare in camera mia e restare un po’ da sola.
“Devo finire di studiare” dissi appena, era la solita scusa certo ma funzionava ogni singola volta.
Uscii dalla cucina senza attendere una risposta e mi affrettai a prendere lo zaino e a salire le scale sino ad arrivare alla mia camera, il mio pensiero era rivolto continuamente all’incontro. Per qualche ragione ogni volta che ne avevano uno ero terribilmente ansiosa, ritenevo che quell’ansia fosse causata dal fatto che di mezzo ci fosse mio fratello.
Non c’erano altre spiegazioni.
L’orologio appeso alla parete segnava le 21.00 appena scoccate ed ero certa che i ragazzi stessero concludendo solo allora la pratica, dovevo smettere di pensarci ma mi risultava molto difficile, quasi impossibile.
Sbuffai facendo scontrare la nuca contro la spalliera del letto, ero terribilmente stanca in quei giorni, aprii il cassetto del comodino prendendo fra le mani il mio diario. Ecco, lui era il mio unico vero amico, sapeva ascoltare ed era ciò di cui io avevo bisogno.
 
Caro diario,
non so bene cosa raccontarti dato che oggi sono successe così tante cose che per dirti tutto nei minimi dettagli ci vorrebbero ore.
Beh partiamo da Cassie.. la ricordi? Quella ragazza apparentemente dolce dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi, la sorella di Justin insomma..
Beh è partita per Boston. Eh già a quanto pare anche lei ha deciso di voltare pagina, se te lo stai chiedendo non sto male per questo e non dirmi che sono ipocrita, non posso farci niente se il mio cuore è fatto di ghiaccio! 
Ha sofferto troppe volte e si è congelato per colpa degli altri..
Il problema me lo sono creata da sola a dire la verità, ho promesso a Chris che lo avrei detto io a Justin. Lo so sono un idiota ma non mi ero resa conto di ciò che stavo facendo ed ora non posso tornare indietro. Come glielo dirò?
Sono certa che sfogherà tutta la sua rabbia su di me ed io sarò impotente come tutte le volte, perciò non stupirti se ti racconterò di qualche mio livido in volto, normale.

Questa sera ho cenato con mamma e papà, lo so non ci credo nemmeno io ma sai com’è, Chris è a un incontro con gli altri ragazzi ma tranquillo, sono sopravvissuta alla tortura e mamma non ha insistito con domande a sproposito, a dire il vero è bastato risponderle freddamente.
Sai a volte vorrei poter anche io partire come ha fatto Cassie, per posti esotici, misteriosi e lontani ma da sola.. beh con te naturalmente. Solo per un po’, solo per assaporare per un attimo della mia complicata vita la calma e la serenità di avere una vita “normale”.
Non ho mai accettato la mia vita e tu lo sai.
Perché tutte le ragazze della mia età devono avere una famiglia normale ed io no? Nessuno mi ha mai dato una risposta.
Tutte tornano a casa e trovano il pranzo pronto, la madre che il sabato le porta a fare compere ed il padre che la domenicale accompagna a vedere la partita di basket.. I miei non l’hanno mai fatto, ne con me ne tantomeno con Chris.
Perché?
Non credo ci sia una risposta a tutto ciò, forse il motivo è semplicemente che i miei genitori non erano ancora pronti a diventarlo quando ci hanno creati, o forse non lo sono mai stati e non lo saranno mai. 
Sono solo fatti così forse.
Ora vado, è stata una giornata faticosa e devo ancora trovare il modo per dire della partenza di Cassie a Justin.. uffa, perché io diamine?!
Va beh, ci sentiamo presto amico mio,
la tua Evelyn
 
Lentamente mi addormentai tra le paure, le angosce ed i pensieri che ogni sera mi tormentavano.
Aprii lentamente gli occhi accecata dal sole che illuminava la stanza e stordita dalla sveglia che mi portava alla realtà, mi stiracchiai passandomi le dita delle mani fra i capelli scompigliati.
Mi alzai lentamente avvicinandomi all’armadio, abbottonai la camicetta di cotone color pesca ed infilai i jeans attillati neri, allacciai le scarpe del medesimo colore e spazzolai i capelli castani legandoli con un piccolo elastico bianco in una treccia laterale.
Mi guardai allo specchio piegando la testa. Gli occhi erano contornati da una finissima linea nera di trucco e le labbra rossastre leggermente umide, mi spostai una piccola ciocca dietro l’orecchio prima di uscire dalla porta con lo zaino in spalla.
Con la schiena contro il muro appena fuori la cucina Chris guardava lo schermo del cellulare con le labbra semiaperte, ero curiosa di chiedergli il resoconto della serata anche se sapevo che la cosa lo avrebbe infastidito parecchio come sempre.
“Ehi” attirai la sua attenzione avvicinandomi, mise il cellulare nella tasca dei pantaloni prima di guardarmi dritto negli occhi.
Sembrava turbato ma poteva benissimo essere solo una mia impressione.
“Com’è andata?” il suo volto si distese come se si aspettasse domande ben peggiori da parte mia e per un secondo, mi domandai cosa mai avrei dovuto chiedergli.
Sorrise divertito alzando poi un sopracciglio.
“Ha vinto naturalmente, perché ti ostini a chiedermelo?” rispose poi caricando lo zaino sulla spalla destra.
“Prima o poi perderà” alzai le spalle, mi guardò quasi trattenendo una risata prima di catturare la mia guancia sinistra tra le dita e di stringermela.
“Stiamo parlando di Justin” sussurrò poi fiero di ciò che diceva.
Odiavo il modo in cui Chris faceva pubblicità a Justin, non ne aveva di certo bisogno ma ero certa che quel ragazzo tanto spaventoso ai miei occhi senza il pugilato, che lo rese famoso in città, non sarebbe valso uno zero spaccato.
“Ha fatto colazione?” domandò cambiando discorso.
“Non ho fame” mi strinsi le spalle semplicemente guardando altrove, sapeva bene che la mattina non entravo mai in cucina e non perché non avevo fame.
“Per questo o per non vedere mamma e papà?” chiese poi, sapevo che lo stava facendo apposta e ciò mi irritava terribilmente.
Stronzo, pensai.
“Senti, ho già cenato da sola con loro perciò vedi di non iniziare” alzai gli occhi al cielo sorpassandolo e tirandogli un piccolo schiaffo contro il petto.
Mi seguì sino a fuori casa senza rispondere, avevo vinto io e la cosa mi rendeva alquanto orgogliosa.
Salii in macchina quasi col sorriso, sapevo bene che non si sarebbe fermato a prender ei ragazzi poiché Justin da qualche giorno si era reso una nuova auto e non perdeva occasione per mostrarla a tutti.
“Quando gli parlerai?” chiese improvvisamente prima di sfrecciare via. Il mio stomaco si contrasse e in gola mi si formò un groppo che non riuscivo a mandar giù.
“Non lo so.. non glielo dirà suo padre o sua madre stessa?” lui fece un cenno negativo con il capo per poi lasciarsi scappare una risata.
“Non è così che funziona in casa Bieber, probabilmente sua madre non si farà mai più sentire e suo padre.. credo scoprirà della sua partenza solo quando passerà davanti al negozio ormai chiuso” spiegò alzando le spalle indifferente.
Sbuffai soffermandomi poi a riflettere sulla vita che aveva Justin, aveva fama, soldi in un certo senso, amici e tutto ciò che poteva volere come alcol, droga e ragazze ma anche la sua situazione familiare di certo non era granché.
“Chris io..”
“L’hai promesso” mi bloccò.
“Non l’ho promesso” ribattei sicura, lui sorrise poi annuì.
Mi avrebbe incastrata in qualche modo, ne ero sicura.
“Ma me lo hai detto, non ci si tira indietro” forse avrei potuto ribattere ed ottenere anche la ragione della cosa ma infondo non aveva tutti i torti, ormai mi ero incaricata io di dirgli la verità.
Una volta arrivati a scuola scesi dall’auto imboccando il viale d’entrata, feci per entrare in aula quando una mano mi prese il braccio facendomi voltare.
“Un’ultima cosa” sussurrò Chris avvicinandosi ulteriormente a me.
“Fallo il prima possibile” e se ne andò.
Mi morsi la lingua per controllare l’impulso di urlargli contro, in quel momento provavo così tanto odio da poterlo uccidere con le mie stesse mani.
Il mio sguardo venne catturato dalla tabella incollata accanto alla porta della mia aula, avevamo biologia.
Oh no.
Justin era in corso con me.
Mi affrettai ad entrare in classe e a prendere posto in un banco in prima fila, non era mio solito ma di certo lui non si sarebbe messo lì a pochi centimetri dalla cattedra del professore.
Aprii appena la cartella prendendo un quaderno, appena alzai lo sguardo vidi l’ultimo ragazzo che avrei voluto vedere, lui. Entrava a passo lento con la mani in tasca seguito dalle due solito cheerleader che qualche volta si fermavano fuori scuola la mattina a fumare con lui.
Non ricordo i nomi, erano solo galline senza cervello.
Mi sorpassò passandosi la mano fra i capelli sistemandosi quel ciuffo ogni giorno perfetto, non mi guardò nemmeno forse neanche si accorse della mia presenza ma la cosa non mi dispiaceva, andava bene così.
Il professore entrò con la valigetta grigia e gli occhiali neri posati sulla punta del naso come sempre, ci guardò un secondo e si sedette aspettando che tutti prendesse posto, come previsto Justin si mise in un’ultima fila.
Perfetto, era quello che volevo.
“Bene, vi ho portato i compiti” nella classe si levò un brusio di fastidio, di certo erano pochi quelli che in classe andavano bene in biologia ed io ero una di loro, a dire la verità erano i quattro compresa me, che si erano messi in prima fila.
L’uomo prese dei fogli dalla valigetta e si alzò iniziando a distribuirli uno ad uno, si soffermava spesso a guardare negli occhi parecchi dei miei compagni probabilmente coloro che avevano preso un’insufficienza grave, tutti praticamente.
“Qualcuno dovrebbe aprire il libro ogni tanto.. vero Bieber” al suono del suo nome una risata si levò tra i miei compagni, mi voltai appena per vedere l’aria di sfida che Justin riservava al professore.
Non avrebbe mai perso quell’atteggiamento strafottente che lo distingueva.
“A lei..” mi si avvicinò posando sul mio banco il mio compito,  girai il foglio cercando il voto con il cuore che accelerava di secondo in secondo, era un test importante.
Mi sentii alquanto sollevata quando i miei occhi si posarono su un segno di penna rossa che ritraeva una “A”, i miei sforzi erano serviti a qualcosa.
“Pochi qui dentro possono permettersi di dire di avere già la promozione nella mia materia” disse l’uomo tornando a sedersi dopo aver consegnato gli ultimi due fogli.
“Tra cui la signorina Smith” al pronunciare del mio nome iniziarono del leggeri brusii che mi fecero sospirare, odiavo i miei compagni ma erano di certo meglio dei miei genitori.
“Smith vive mangiando libri prof” la voce più odiosa del mondo fece ridere l’intera classe ed un odio incondizionato iniziò a crescere dentro di me più forte che mai.
Strinsi la mano destra in un pugno voltandomi leggermente indietro tanto da vedere la faccia arrogante e divertita di Justin osservarmi.
“Beh proprio per questo ho pensato Bieber che la signorina Smith potrebbe essere la compagna di studio perfetta per lei” mi voltai di scatto verso l’uomo seduto dietro la cattedra che con tutta la tranquillità del mondo ci osservava.
Non si rendeva conto che mi stava condannando.
“Prof non credo sia il caso” gemetti supplichevole, lui sorrise alzando le spalle poi annuì.
“Io credo invece che sia l’ideale” mi portai le mani al volto poggiando i gomiti sul banco, come avrei fatto.
“Ehi pulce non sei contenta forse?” un coro di risate di alzò nuovamente e mi sentii mancare, mi alzai posando la schiena contro la sedia ed annuendo.
“Non sarò mai contenta di fare qualcosa che comprenda te” sussurrai appena.
“Come dici?” mi morsi il labbro poi negai con la testa.
“Lascia perdere” farfugliai sbuffando sonoramente, lui rise divertito ed anche quella volta aveva vinto per uno stupido professore che mi stava costringendo a dare ripetizioni al mio incubo più grande.
Al termine dell’ora mi catapultai fuori dall’aula per andare agli armadietti, correndo nel corridoio andai a sbattere contro un’altra delle ultime persone che avrei voluto vedere, Chris.
“Ehi dove corri?” mi prese le spalle con le mani impedendomi di cadere.
“Tu non hai idea di cosa dovrò fare..” mi portai una mano al volto con fare disperato, lui corrugò la fronte senza dire niente.
“Devo dare ripetizioni a Justin di biologia!” esclamai, sul suo volto si dipinse un’espressione confusa subito rimpiazzata da un sorriso ai miei occhi assurdo e senza senso.
Cosa c’era da sorridere?
“E’ perfetto!” disse poi.
“Perfetto cosa?! Si perfetto se vuoi che muoia..”
“No, non capisci” mi bloccò subito portandomi una mano davanti al volto.
“Tu gli darai ripetizioni e gli dirai di Cassie” alla sua frase il mio istinto omicida fece fatica a controllarsi.
Solo a quello sapeva pensare, solo a liberarsi di un peso che lo opprimeva ma di me, del fatto che avrei dovuto dare ripetizioni a Justin non gli importava.
“E’ perfetto non ti rendi conto?!” ripeté dandomi una pacca sulla spalla, chiusi gli occhi scansando la sua mano dal mio corpo.
“Non capisci che saranno i momenti peggiori della mia vita, chissà cosa mi farà!” urlai, lui alzò gli occhi al cielo.
Mi infastidiva quel suo comportamento menefreghista, mi ricordava troppo quello di Justin.
“Sarete solo tu e lui, perfetto per dirgli di Cassie non credi?”
“Proprio perché saremo solo io e lui sarà un problema” ribadii allargando le braccia.
Lui alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo prima di pizzicarmi la guancia.
“Ci vediamo dopo sorellina” mi sorpassò guardandomi con la coda dell’occhio, mi portai le mani al volto, ero nel panico.
Sarebbe stata la mia fine, ne ero certa.
“Ehi pulce” un brivido gelido mi percorse la colonna vertebrale, una presenza irritante mi sfiorò la schiena e a chiamarmi fu l’ultima persona che in quel momento i miei occhi avrebbero voluto vedere.
Justin.

I'm Danger (Justin Bieber)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora