Accostai lungo il marciapiede scendendo dalla macchina, aprii il portabagagli prendendo il borsone per la palestra, pesante e sporco come sempre.
Infilai le chiavi nella serratura della porta di legno per poi spingerla con la punta del piede, lasciai cadere pesantemente il borsone sul pavimento provocando un tonfo sordo che si espanse per tutta la stanza.
“Justin.. non ti aspettavamo” dalle scale arrivò la compagna di mio padre, Jane.
Era una bella donna dalla carnagione chiara, occhi leggermente a mandorla azzurri e lunghi capelli biondi raccolti da un fermaglio.
“Credevo andassi da Chris” aggiunse poi entrando in cucina dopo avermi dato una rapida occhiata.
Cattivo presagio.
Non mi chiedeva mai spiegazioni riguardo a miei ritardi o rientri non previsti a casa invece quella volta lo stava facendo il che non mi sapeva nulla di buono anzi, il contrario.
Entrai in cucina posandomi con la schiena contro il mobile di legno massiccio, i suoi occhi erano ancora puntati su di me volenterosi di avere una risposta.
Volevo andarmene.
“Andrò dopo cena.. papà?” cercai di cambiare argomento chiedendo dove fosse mio padre e quasi fingendo mi interessasse, non m’importava dove fosse o cosa stesse facendo, non me n’ero mai preoccupato e mai lo avrei fatto.
Dischiuse le labbra per rispondere ma proprio in quel momento la porta si aprì e la figura di mio padre avanzò verso di noi, non feci in tempo ad osservarlo ne a dare forma a qualche pensiero su di lui che Jazmine e Jaxon lo sorpassarono correndo verso Jane.
Mi faceva effetto ogni qual volta li vedevo abbracciati ma forse non erano loro a fare un qualcosa di strano, probabilmente ero solo stato io ad essere cresciuto in modo diverso.
“Mamma mi sei mancata tanto!” alla frase di Jazmine non potei non alzare gli occhi al cielo, immaginavo il momento in cui Jane non ci sarebbe più stata al suo fianco.
Perché affezionarsi tanto ad una persona?
Se si voleva soffrire era l’ideale, io no.
Non mi ero mai affezionato a nessuno in vita mia, nemmeno a Bridget se ve lo state chiedendo.
“Ehi non credevo di vederti questa sera” mio padre mi si avvicinò battendomi una mano sulla spalla, annuii leggermente scostandomi di qualche centimetro posandomi contro lo stipite della porta.
Lui mi sorpassò andando a baciare sulla fronte Jane, non volevo essere tanto indifferente ma ero fatto così, non mi facevano effetto quelle cose e per qualche secondo mi chiesi se mai lo avrei fatto io a qualche ragazza, in modo serio intendo.
Non riuscivo ad immaginarmi sposato con dei figli in giro per casa che mi abbracciavano ogni qualvolta rientravo dal lavoro o con una moglie che ad ogni mia uscita di casa mi baciava le labbra.
No non ero fatto per quella vita.
Io ero quel ragazzo che voleva vivere ogni singolo giorno di vita al massimo divertendosi a pieno, ero certo non mi sarei mai preso la responsabilità di crearmi una famiglia.
Non avevo mai provato sentimenti reali per una ragazza, mai. Figuriamoci arrivare al punto di amarla tanto da avere una famiglia con lei.
Mi morsi la lingua ricordandomi di Bridget, le avevo promesso che avremmo passato la serata insieme con uno di quei film strappalacrime per fidanzatini che a quanto pare le piacevano tanto ma stavo per rovinare i suoi piani.
Salii le scale con il borsone in spalla, lo posai a un lato della stanza ancora scura, accesi la luce e subito venni affiancato da qualcuno.
“Justin ho bisogno di parlarti” era Jane.
“Che c’è?” per quanto cercassi di essere gentile con quella che rappresentava la gioia di mio padre ero consapevole di risultare sempre freddo e distaccato ma ero semplicemente io, fatto così e basta.
“Ha chiamato la scuola.. hai minacciato un ragazzo” alzai gli occhi al cielo infastidito, era successo più di due mesi prima ma la direttrice sembrava essersene ricordata solo allora.
Patetica.
“E’ una storia vecchia, è tutto risolto ora” tagliai corto avvicinandomi alla scrivania sperando se ne andasse.
“D’accordo.. ad ogni modo, perché non inviti Bridget qui?” corrugai la fronte portando lo sguardo su di lei.
Non mi aveva mai chiesto di presentarle Bridget ne avevo intenzione di farlo.
Perché avrei dovuto dopotutto?
“No” risposi solo.
“E perché no? E’ la tua ragazza infondo” alle sue parole sorrisi e mi avvicinai a lei posando la mano sulla maniglia pronto a chiudere la porta.
“Solo non è nessuno di importante” e chiusi la porta.
Magari sia lei che mio padre si aspettavano che definissi Bridget la ragazza più importante della mia vita, l’unica che mi sapeva far sorridere e stare bene ed altre stupidaggini varie.
No non l’avrei mai definita tale, semplicemente per il fatto che non avevo mai provato sentimenti nei suoi confronti così come nei confronti di qualsiasi altra.
Presi il cellulare posato sopra il tavolo per poi comporre il suo numero, con tutte le telefonate che mi faceva le sere che non ci vedevamo ormai lo avevo imparato a memoria.
“Ehi Bridge” dissi subito, fu come se la potessi vedere e avessi potuto sentire un sorriso apparire lentamente sulle sue labbra al suono della mia voce.
“Ehi tesoro”
“Questa sera dovremmo annullare, devo andare con i ragazzi” tagliai corto, all’altro capo del telefono sentii un grosso sospiro, sapevo quanto odiasse ogni qualvolta annullavo un nostro “appuntamento”, come lo definiva lei.
“Hai un incontro?” alzai gli occhi al cielo, odiavo quando non si faceva gli affari suoi, ero costretto ad inventare una bugia al momento pur di non raccontarle i miei impegni ogni volta.
“Si domani sera.. abbiamo una specie di riunione” dissi poi vago, lei sembrò però soddisfatta della mia risposta dandomi un lieve cenno di assenso.
“Beh per farti perdonare potresti portarmi con te domani non credi?” mi morsi il labbro al suo invito se così lo si poteva definire.
Non avrei mai potuto portare lei ed anche la pulce, mai nella vita.
Perché?
Beh semplice, non volevo si incontrassero tutto qui.
Sapevo com’era fatta Bridget, non volevo che una come la pulce venisse in contatto con una come lei, la sua purezza si sarebbe potuta contaminare.
“Non posso portare nessuno al di fuori dei ragazzi, sai c’è entrata limitata” alzai le spalle poi.
“Oh d’accordo in ogni caso.. ci vediamo domani a lezione giusto?”
“Si ti aspetto in cortile”
“A domani tesoro” non risposi quasi disgustato da tanta dolcezza inutile e chiusi la chiamata.
Odiavo quanto si ostinasse a darmi nomignoli come se fossimo veri fidanzati, certo stavamo insieme ma non doveva permettersi di prendersi tante confidenze con me, sapeva quanto me che tipo di relazione ci unisse eppure sembrava non accettarlo.
Mi passai le mani fra i capelli entrando in bagno, presi un asciugamano ed entrai velocemente in doccia, quando l’acqua calda bagnò il mio corpo fu come entrare in paradiso.
Finalmente ero fuori dal mondo.
Per qualche ragione a me sconosciuta inizia a pensare a quello avvenuto nel pomeriggio con la pulce..
“Pulce?” alzò gli occhi dal pavimento sulla mia figura ancora voltata di spalle ed illuminata soltanto dai raggi del sole.
“Vieni all’incontro domani” le sue pupille si dilatarono alla mia frase, si morse il labbro incerta, forse credeva di aver sentito male, non le avevo mai chiesto di venire ad un mio incontro.
“Chris non mi porterà mai” disse poi passandosi una mano fra i capelli.
“Perché no?” non me ne spiegavo il motivo.
“Hai detto che l’unica volta che sono venuta hai rischiato di perdere.. da quella volta Chris si rifiuta di portarmi” sul mio viso si dipinse un’aria divertita.
Lei non sembrava divertita ma io non potei farne a meno, non mi ricordavo neppure di averle attribuito la colpa di una mia quasi sconfitta.
“Gli dirò di portarti domani sera”dissi iniziando a guardarmi intorno, la sua stanza era proprio come me l’ero sempre immaginata, spoglia e semplice ma ordinata e perfetta nel suo piccolo.
La sentii deglutire appena attirandola mia attenzione.
“Perché?” odiavo quando si ostinava a non dare un freno alla sua curiosità ma sapevo che lei era fatta così, nessuno avrebbe frenato quella sua caratteristica.
Forse nemmeno io.
“Per dimostrarti che io non ho paura” corrugò la fronte alla mia risposta, guardai per qualche altro secondo gli oggetti attorno a me poi tornai su di lei facendo rincontrare i nostri occhi.
Sembrava stesse lentamente andando in crisi come succedeva spesso ogni qualvolta voleva a tutti i costi reggere il mio sguardo ma non ci riusciva.
“Lo so già” alzò poi le spalle.
Rimasi a fissarla immobile e serio come al solito prima di passarmi le dita fra i capelli e la lingua sulle labbra inumidendole.
Mi caricai lo zaino sulla spalla destra ed iniziai a camminare verso la porta bianca in legno per pii aprirla.
La sentii cadere a peso morto sul letto forse convinta che me ne sarei andato senza proferire altra parola e in un certo senso lo ero anche io.
Tuttavia qualcosa mi frenò e qualcos’altro ancora mi disse che dovevo fare la cosa più ridicola che avrei potuto fare.
“Pulce?” richiamai una seconda volta la sua attenzione facendole piegare la testa per guardarmi, strinsi la mano sul cornicione della porta quasi fino a farlo cigolare, spostai per un nano secondo lo sguardo su di lei che teneva gli occhi incollati su di me.
“Scusa per lo schiaffo” e me ne andai senza aggiungere altro.
Mi torturavo la mente di continuo, perché mai mi ero scusato per lo schiaffo? Infondo non aveva alcun senso poiché non c’era motivo per cui scusarsi solo per uno dei tanti schiaffi che da me riceveva.
Eppure un qualcosa di strano mi aveva detto di chiederle scusa, mi chiedevo cosa avrebbero pensato i ragazzi se avessero saputo che Justin Bieber aveva chiesto scusa.
No, probabilmente non ci avrebbero creduto.
Io non chiedevo scusa, mai.. e allora perché con la pulce lo avevo fatto?
Perché proprio con la persona che per me non significava assolutamente nulla?
Non trovavo ancora una risposta alle mie domande.
Evelyn
Mi passai nervosamente le mani sulle cosce per l’ennesima volta, ero davvero agitata ed il motivo era abbastanza ovvio.
Non volevo proprio vederlo, pregavo che per qualche ragione non venisse ma ormai mancavano pochi minuti al suo arrivo e le mie speranze erano ormai nulle.
Chris si era alzato dal divano da pochi minuti, aveva preso dei fogli dallo zaino, forse riguardavano gli incontri..
Mi chiedevo se Justin gli avesse detto che aveva intenzione di portarmi all’incontro della sera seguente, in ogni caso io avevo deciso di non proferire parola a riguardo.
Suonarono,
erano arrivati.
Chris andò lentamente verso la porta per poi aprirla, riconobbi i capelli scuri di Chaz e subito dopo il ciuffo biondo di Justin.
Deglutii.
Arrivarono in salotto un paio di minuti dopo, poi per motivi a me sconosciuti gli occhi di Chaz si fermarono proprio su di me, andò a sedersi sulla poltrona accanto al divano quindi a circa tre metri da dove ero io ma senza staccarmi gli occhi di dosso.
“Ehm.. Evelyn è meglio che tu vada..” alzai la testa non appena dalle labbra di Chris uscì il mio nome, voleva che li lasciassi soli, era evidente.
“No” senza lasciargli il tempo di finire la frase Justin lo interruppe bruscamente sedendosi esattamente di fronte a me.
“Lascia qui la pulce” aggiunse poi.
“Non credo sia il caso, sono cose serie” rispose Chris sventolando i fogli che fino a quel momento aveva tenuto in mano davanti alla faccia dei due ragazzi.
“Lo so ma ho deciso che domani sera lei verrà con noi” dal tono di voce di Justin era chiarissimo che non avrebbe tollerato domande sull’argomento, Chris deglutì rumorosamente prima di sospirare ed annuire per infine sedersi accanto a me.
Non sapevo cosa stesse pensando ma ero certa fosse scosso dalla decisone di Justin tanto quando lo ero io.
Dagli occhi di Chaz, quasi non stupiti, intuii che Justin a lui aveva già accennato la sua idea ma la domanda in me persisteva.
Perché?
“Allora, in poche parole hanno fatto il calendario di incontri per quest’anno.. sono riuscito ad ottenere una buona posizione, hai di media un incontro ogni settimana e mezza ed inoltre nemmeno uno infrasettimanale” alle parole ,per me quasi incomprensibili, di mio fratello sul volto di Justin si dipinse un’espressione soddisfatta.
“Per questo sei il responsabile no?” disse poi senza abbandonare il sorrisetto fiero che portava in volto, Chris annuì soddisfatto piegando i fogli e consegnandoli a Chaz che diede loro una rapida occhiata prima di infilarseli nella tasca della larga felpa.
“Ehm.. ho saputo di Cassie e tua madre, mi dispiace” sussurrò appena poi Chris accanto a me.
Subito il sorriso dal volto di Justin scomparve facendomi perdere un battito.
Perché? Semplice.
Se mai avesse avuto il bisogno di sfogarsi il bersaglio sarebbe stato il mio corpo troppo debole per opporsi ad uno come il suo.
“Non m’importa di loro, lo sai” tagliò corto il biondo passandosi una mano fra i capelli ed inclinando la testa all’indietro.
“Posso chiuderti una cosa?” s’intromise Chaz guardando Justin il quale apparentemente tranquillo annuì.
“Perché vuoi che venga?” chiese.
Sapevamo tutti che si stava riferendo a me ma la domanda non mi dispiacque anzi, le motivazioni che avevo ottenuto da Justin in precedenza non mi avevano soddisfatto, quella poteva essere l’occasione per capire cosa volesse davvero.
Justin rialzò la testa e posò il suo sguardo esattamente sul mio volto, mi sentii mancare per un secondo per poi riprendermi lentamente.
“Deve capire chi sono” da quella risposta capii forse anche troppo.
Avevo capito,
sapevo qual’era il suo scopo.
Volevo portarmi ad un incontro solo per dimostrarmi cosa era in grado di fare, voleva intimorirmi, mettere in chiaro chi fosse e soprattutto farmi ben capire che non dovevo mettermi contro di lui.
Ora era tutto più chiaro.
Deglutii sentendo le gambe cedere nonostante fossi seduta, posai le mani sulla pelle del divano facendo pressione ed alzandomi.
Senza dire nulla mi allontanai entrando in cucina, avevo bisogno di libertà, libertà dai suoi occhi che non me ne concedevano mai, nemmeno per un secondo.
Aprii il frigorifero prendendo dell’acqua, non aspettai a prendere un bicchiere, non c’era il tempo e mi portai direttamente la bottiglia alle labbra.
Mi sentivo mancare.
Sentii dei passi cauti dietro di me forse troppo familiari.
Justin.
“Cosa vuoi?” chiese senza nemmeno voltarmi, una risata alle mie spalle mi fece così irritare che dovetti mordermi la lingua per non scoppiare in un urlo di isteria.
“Non sapevo che ora per non affrontare i problemi scappassi” disse poco dopo battendo un paio di volte il piede a terra volontariamente.
“Non scappo dai problemi” mentii ma cercando in ogni caso di essere il più convincente possibile.
“Come no” rispose lui ironicamente, ironia che in quel momento mi apparve decisamente fuori luogo.
Alzai gli occhi al cielo voltandomi, se ne stava immobile con le schiena contro la parete e le braccia incrociate al petto.
Odioso nella sua strafottenza.
“Ora mi fai anche da psicologo?” se provavo sempre una paura tremenda ogni volta che sapevo che lo avrei incontrato, quella paura spariva ogni volta in cui iniziavo una conversazione con lui.
Non riuscivo a provare paura, ero troppo concentrata su cosa rispondergli.
“Non ci tengo grazie.. non serve essere un genio per capire che ogni volta che hai qualche problema scappi, non credi?” mi morsi il labbro quasi facendomi male e tutto per trattenermi dallo scaraventarmi su di lui con tutte le mie energie.
“Proprio tu parli..” dissi divertita.
“.. tu che pur di non soffrire non ti affezioni a nessuno. L’unico vigliacco qui sei tu” quelle parole non le controllai, capii di averle detto solo dopo quando dalle sue labbra non uscì più nemmeno una parola.
Uscirono da me senza controllo, senza preavviso, furono come l’acqua, scivolarono via dal mio corpo senza dirmelo.
Strinse la mascella serrando le mani in due pugni.
Ecco, mi ero appena uccisa da sola.
Mi si avvicinò scoccando la lingua contro il palato prima di prendermi con forza i polsi e di sbattermi con altrettanta aggressività contro il muro.
“Come dici?” ringhiò contro il mio volto.
Stavo per condannarmi ma un qualcosa mi disse: o adesso o mai più.
“Sei un vigliacco” un bruciore iniziò subito a diffondersi sulla mia guancia destra, mi aveva dato uno schiaffo, di nuovo.
“Ecco è così che risolvi, con la forza perché sai che sono più debole di te non è vero?!” gli urlai contro divincolandomi.
Non mi lasciava andare ed io non riuscivo a liberarmi, era troppo forte.
“Tu devi imparare a stare zitta bambolina” spostai lo sguardo su di lui, per quanto mi avesse tirato uno schiaffo non sembrava arrabbiato come al solito.
“Bambolina? Non ero una pulce?” risposi senza distogliere lo sguardo dal suo.
Mi lasciò andare spingendomi all’indietro lontana da lui, non cercava guerra, non quella volta almeno.
“Purtroppo sei troppo bella per esserlo” non mi lasciò il tempo di ragionare o di pensare, se ne andò dalla stanza sbattendo la porta dietro le sue spalle.
Deglutii.
Aveva detto davvero quello che avevo sentito?
Mi aveva detto che ero.. bella?
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I'm Danger (Justin Bieber)
FanfictionIspirato a una storia vera... Evelyn Smith, una ragazza semplice, timida anzi, timidissima. Tanto riservata e chiusa in se stessa da permettere a tutti di schiacciarla, tutti tra cui lui: il suo incubo più grande. Justin Bieber, il migliore amico di...