Capitolo 5

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Due dita sottili ma allo stesso tempo resistenti mi pizzicarono facendomi inarcare la schiena, avevo già riconosciuto la sua voce, il suo sguardo fisso su di me, la sua presenza e la sensazione che da qualche minuto si era impossessata del mio corpo non era piacevole.
Mi voltai lentamente quasi certa che potesse avvertire la malavoglia nel dovergli parlare, anche solo nel guardarlo; i suoi occhi color miele con quell’odiosa vena nocciola mi guardavano fermi, impassibili e gelidi come sempre, non era cambiato.
“Oggi da te alle 15.00 intesi?” sentii una scossa di acidità fermarsi proprio sulla mia gola creandomi un groppo troppo duro da non sputare fuori.
“Cosa ti fa pensare che oggi abbia tempo per te?” chiesi malamente.
Non sopportavo quando credeva di essere il centro dell’universo, quando solo pensava che io non avessi altro di meglio da fare che dare ripetizioni a lui.
In pratica lo odiavo ogni singolo istante.
“Entrambi sappiamo che non altro di meglio da fare” sbuffò poi infilando le mani in tasca, arricciai il naso corrugando la fronte infastidita.
“Beh ti sbagli.. oggi non ho tempo per darti ripetizioni” alzai le mani in segno di resa voltandomi ma non feci in tempo a fare qualche passo in avanti che lui era già di fronte a me con le braccia al petto e lo sguardo duro.
Pff, che strano.
“Senti non farmi perdere altro tempo, anzi, dovresti ringraziarmi di averti avvisato” alzai gli occhi al cielo infastidita il che suppongo lo alterò ulteriormente ma non me ne importava, doveva smetterla.
“Ripeto, oggi da te alle 15.00” non mi lasciò il tempo di obbiettare che se andò raggiungendo Chaz che lo aspettava impaziente sul fondo del corridoio.
Quando sparì dal mio campo visivo mi morsi con forza la lingua quasi fino a farmi male per impedirmi di urlare, volevo uccidere Chris, uccidere Justin e tutti coloro che avevano anche solo un qualcosa a che fare con lui.
La campanella suonò facendo riempire il corridoio in pochi secondi, mi feci largo fra i ragazzi che ormai avvinghiati l’uno sull’altro si recavano verso l’uscita intenta a raggiungere il mio armadietto.
Infilai la chiave dentro la serratura aprendo la porticina in acciaio prendendo lo zaino, mi soffermai un istante ad osservare quello ormai chiuso e vuoto di Cassie battendo un pugno contro il mio.
Dovevo assolutamente trovare il modo per dire a Justin di lei e lo avrei dovuto fare in meno di un paio d’ore senza contare che mi sarei dovuta preparare per il suo arrivo.
“Ehi ti vuoi muovere!” un ragazzo mi spintonò le spalle facendomi rendere conto di essere in mezzo al corridoio, lo scansai da me correndo verso il cortile.
Mi mancava l’aria.
Cercai con lo sguardo Chris trovandolo con la schiena contro la muretta appena fuori il cancello della scuola con una sigaretta fra le labbra.
Soffiò fuori il fumo accennando ad un sorriso appena mi vide, mi lanciò le chiavi dell’auto ricevendo un’occhiata da parte mia.
Aprii l’automobile parcheggiata sul ciglio della strada mettendomi seduta aspettando che finisse la sigaretta.
Alzai appena lo sguardo riconoscendo Justin e Chaz che ridendo si avvicinavano a mio fratello. Justin gli prese la sigaretta facendo un tiro prima di restituirgliela mentre Chaz parlava senza fermarsi.
Li vidi darsi una stretta di mano prima che Chris salisse e mettesse in moto, allacciò la cintura e sfrecciò via facendomi rilassare. Dovevo solo andare a casa per stare meglio.
Strano lo so.
“Oggi verrà Justin..” sbuffai appena.
Il suo sguardo si posò su di me senza fargli cambiare espressione poi mi strizzò l’occhio ed annuì, sembrava quasi contento.
“Brava sorellina vedo che ti sei attivata presto”
“A dire il vero non mi ha dato possibilità.. ogni giorno che passa mi accorgo di quanto sia presuntuoso” mentre parlavo ripercorrevo la scena del corridoio.
Il suo atteggiamento strafottente era qualcosa di insopportabile e talvolta irritante ma Chris sembrava ignorare ciò, non so davvero cosa potesse trovare in lui.
“L’unica cosa che importa è che tu gli dica di Cassie” alzai gli occhi al cielo infastidita.
Possibile che gli importasse solo di togliersi quel peso dalle spalle?
“Dimmi che papà e mamma non ci sono” cambiai argomento scendendo dalla macchina, lui mi affiancò sputando della saliva a terra prima di alzare le spalle.
Disgustoso, pensai.
Glielo aveva insegnato Justin..
Aprì la porta e venni travolta dalla rabbia.
Il profumo di arrosto era inconfondibile:
mia madre era a casa.
“Che ci fa qui?!” presi con forza il braccio di Chris quasi ringhiandogli addosso, fece una smorfia distaccandosi e posando a terra lo zaino.
“Dimmi almeno che ci sarai a casa..” la mia era una vera a propria supplica anche se sapevo bene che su Chris non avrebbe fatto effetto tuttavia la speranza che restasse con me anche solo per difendermi un minimo dallo sfogo di Justin pulsava in me come mai aveva fatto.
“Sono alla riunione” alzò le spalle e per un istante l’istinto di avventarmi su di lui fu incontrollabile ma mi trattenni.
“Che riunione?”
“E’ per Justin.. ha un incontro domani sera” abbassò il tono della voce con paura che mamma potesse sentire anche solo una parola.
Quei dannati incontri erano la cosa più importante che avessero, era segretissimi e se solo un adulto ne fosse venuto a conoscenza di certo, avrebbero arrestato tutti i ragazzi aderenti.
Entrammo in cucina andando a sederci ai soliti posti, mamma si girò verso di noi con un sorriso fiacco quasi penoso.
“Ho pensato di prendermi una pausa dal lavoro” disse alzando le spalle.
Finsi un sorriso che però non mi riuscì affatto bene tantè che Chris mi pestò con forza il piede facendomi gemere.
“Un corso di recitazione” mimò con le labbra, feci una smorfia prima di mettere la forchetta fra le labbra e di riempirmi la bocca di quella poltiglia che mia madre definiva “l’arrosto speciale”.
Io lo detestavo.
Mi alzai da tavola lasciando il piatto quasi come lo avevo trovato.
“Non hai fame?” mi voltai appena tenendo le braccia dietro la schiena sfregandole tra loro nervosamente.
“No io.. ho lo stomaco chiuso” alzai le spalle indifferente.
Alzai la testa verso l’orologio appeso al muro, non potei fare a meno di deglutire vedendo che erano le due passate, ormai mancava poco all’arrivo di Justin ed io dovevo ancora capire come dir lui di Cassie.
Chris senza dire niente si alzò in fretta dal tavolo pulendosi la bocca con il dorso della mano facendo quasi disgustare mamma ma non le diede il tempo di obbiettare che corse fuori salendo in camera.
Poco meno di un minuto dopo, passato nel silenzio totale, tornò con uno zainetto, quello che potava dietro ad ogni riunione per gli incontri.
“Dove vai?” gli chiese mia madre.
“Esco con Chaz.. andiamo a dei corsi supplementari per ehm.. migliorarci” scoccai la lingua contro il palato quasi scioccata nel vedere mia madre annuire senza fare una piega.
Era davvero così stupida?
“Sono colpita Chris.. allora va” lui annuì sbattendo la porta d’entrata senza aggiungere altro. Scossi la testa passandomi le mani sulle cosce sporche di briciole.
“Perché non vai anche tu?” alla domanda di mia madre sorrisi quasi con fare malvagio, stavo per rovinare la reputazione che Chris aveva con lei.
“Sai, sono solo per i ragazzi gravemente insufficienti in metà delle materie” alzai le spalle, lei schiuse le labbra alzando l’indice in aria.
“Quindi Chris.. oh quando lo saprà tua padre..” si portò le mani al volto facendomi comparire un ghigno soddisfatto in volto.
Io avrei avuto Justin ma lui avrebbe avuto mio padre.
La porta si spalancò e apparve l’ultima persona che quel giorno mi sarei aspettata di vedere, mio padre.
Si avvicinò a mamma senza calcolarmi e scostandomi dalla porta lasciandole un bacio sulle labbra, cercai di evitare la sua figura ma era impossibile.
Che diamine ci faceva lui a casa?!
“Che ci fa qui?” chiesi di getto.
“Hanno rimandato la riunione a domani”
Avrei avuto oltre a mia madre anche lui in casa.
Splendido, pensai.
Meglio di così non poteva andare..
“Com’è andata a scuola? chiese alzando di poco lo sguardo dal tavolo, feci un cenno di assenso con il capo ma era certa pretendesse di più.
“Bene” dissi allora accontentandolo.
Uscii dalla cucina portandomi una mano al volto, sembrava che tutto volesse farmi intuire che quella sarebbe stata la giornata peggiore della mia vita.
Pochi minuti dopo suonarono alla porta e andai nel panico, era arrivato.
Mi avvicinai alla porta a passi lenti ed irregolari, il cuore batteva all’impazzata quasi facendomi male, la gabbia toracica sembrava non trattenerlo più.
Abbassai la maniglia aprendo la porta, Justin se ne stava in piedi di fronte a me con le mani nelle tasche, lo zaino sulla spalla destra, il ciuffo biondo cenere alto e perfetto come ogni singolo giorno.
Fastidioso oserei dire.
Deglutii cercando di riprendermi ma mi risultava difficile, quasi impossibile.
“Mi fai entrare?” la sua voce mi entrò lentamente in testa e sembrò quasi farmi accendere nuovamente il cervello che parve essersi spento al suo arrivo.
“Ehm.. si” non credo mi sentì o forse si, tuttavia si limitò a sorpassarmi e ad entrare in casa.
Ormai conosceva quel posto come le sue tasche tuttavia non era mai salito sino alla mia camera, non aveva mai varcato quella soglia e quel giorno lo avrebbe dovuto fare.
“Seguimi” dissi iniziando a salire le scale.
Sentivo il suo sguardo fisso su di me e non riuscii a non deglutire, per qualche motivo sentivo un sorriso furbo e presuntuoso sul suo volto ma non mi girai un istante, aprii la porta della mia camera e vi entrai respirando profondamente.
Quando gli avrei dovuto dire di Cassie?
Ero nel panico.
Non ero mai stata da sola con lui, non capivo più assolutamente nulla.
“Ecco.. puoi metterti lì” gli indicai la sedia della scrivania prima di andare a sedermi ai piedi del letto ad un metro di distanza da lui.
“Tu stai lì?” corrugò la fronte sedendosi, annuii lievemente e cercai di trattenere una frase acida da sentire ma non vi riuscii.
“E’ meglio se teniamo le distanze” mi venne fuori senza controllo, mi sarei voluta trattenere ma era troppo liberatorio dirla.
“Sono d’accordo” disse solo aprendo lo zaino a prendendo un blocco ed una penna nera, presi il libro di biologia e lo aprii lentamente.
“Cosa non hai capito?” chiesi incerta, lui alzò lo sguardo dal blocco a me con un’espressione indefinita in volto.
Non mi sembrava di avergli chiesto molto eppure sembrava senza parole.
“Più o meno.. tutto(?)” alzò poi le spalle con fare ovvio.
“Beh non riuscirò a spiegarti tutto oggi.. considerando la tua intelligenza” le ultime parole le sussurrai pianissimo ma lui le percepì scoccando la lingua contro il palato varie volte.
“Non mi sfidare” disse.
“Pensavo avessi capito ormai che non ti conviene metterti contro di me” continuò poi, deglutii appena cercando di trattenere le urla e gli insulti che in quel momento gli avrei gridato contro.
“L’unica cosa che mi trattiene è che ci sono i tuoi genitori a casa” la sua frase mi fece fare un sorriso e mi lasciai sfuggire una risata.
Corrugò la fronte osservandomi mentre invece di indietreggiare sorridevo quasi ridendo.
“Se sono loro a fermati allora non solo della mia vita ma anche di quella di Chris non hai capito proprio niente” dissi incrociando il suo sguardo a mezz’aria.
“Non credo di essere tanto stupido da metterti le mani addosso con i tuoi genitori qui” alzò le spalle poi mettendosi le penna fra le labbra.
Alzai gli occhi al cielo accennando ad un’altra smorfia divertita.
“Non ci sarebbero problemi..” mi feci seria poi.
“.. non muoverebbero un dito” aggiunsi infine sentendo gli occhi pizzicare.
Che mi stava succedendo?
Io non piangevo per i miei genitori mai, ormai non significavano assolutamente nulla per me senza contare che non mi sarei mai potuta mettere a piangere davanti a Justin.
Mai.
“Lascerebbero che ti picchiassi?” mi portai una mano al volto alla sua domanda, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio poi alzai le spalle.
“Non mi stupirei se ti assecondassero” sussurrai infine.
Deglutii alzando appena la testa, Justin teneva gli occhi incollati su di me serio ed impassibile come sempre.
“Beh iniziamo..” aprii il libro iniziando a leggere lentamente il primo paragrafo, ogni tanto alzavo gli occhi per vedere se stava prendendo appunti ed ogni singola volta lo trovavo a fissarmi così come lo avevo lasciato.
Dopo circa mezz’ora chiusi il libro sospirando.
“Credo possa bastare” dissi lasciando cadere il libro sopra il letto, lui si passò le dita fra i capelli posando la penna sulla scrivania.
“Sai che non ti ho ascoltata vero?” roteai gli occhi per poi annuire.
“Ne ero sicura”
Perché quella sua frase non mi aveva sorpreso? Era tutto tempo perso, ne ero certa.
Ma ora sarebbe arrivata la parte più difficile: parlargli di Cassie..
Forse il modo migliore sarebbe stato non fare giri di parole ma bensì dirgli direttamente tutto d’un pezzo, o forse no?
Non ne avevo idea.
“Dovrei dirti una cosa” la mia voce era già tremolante il che lo avvertì anche lui il quale alzò lo sguardo su di me, non sapevo come continuare il discorso.
“Si tratta di Cassie..” aggiunsi.
“Oggi non l’ho vista a scuola” mi bloccò facendosi più serio, l’argomento di certo non lo entusiasmava ma dovevo farlo, non avrei avuto altre occasioni e non avevo intenzione di portarmi oltre quel peso opprimente.
“Lei e tua madre hanno chiuso il negozio, sono partite per Boston” alzai la testa per guardarlo.
Teneva lo sguardo fisso su di me, le labbra serrate e gli occhi gelidi, la mascella contratta e le mani chiuse in due pugni, deglutii preparandomi alla sua rabbia che si sarebbe infranta sul mio corpo.
Non avrei avuto scelta se solo fosse scattato quel qualcosa nel suo cervello che gli diceva di attaccare.
Quando Justin perdeva il controllo, era indomabile.
“Lo sospettavo.. ho sentito dire che il negozio stava chiudendo” lo disse quasi più a se stesso che a me, mi osservava duro come ogni volta ma non accennava a muoversi.
Si alzò iniziando a camminare lentamente facendomi stringere le dita attorno ai lembi della maglietta, si voltò verso il muro tirando un  pugno contro esso.
Sobbalzai al rumore provocato dal contatto tra la sua mano ed il cemento, un brivido mi scosse facendomi alzare la testa.
Ne tirò un altro e non appena si scostò intravidi una frattura sul muro che mi fece dischiudere le labbra come sbalordita, aveva fatto crepare il muro di cemento.
Ero incredula.
“Non si faranno più sentire ovviamente..” aggiunse poi, annuii consapevole che non avrei potuto mentirgli poiché entrambi conoscevamo bene la verità.
Mi si avvicinò brusco urtandomi indietro, deglutii pronta ad essere il suo bersaglio, sapevo che non avrei dovuto piangere o si sarebbe solo innervosito ulteriormente.
Alzò la mano in aria, chiusi gli occhi sentendo pochi istanti dopo bruciarmi il volto, mi aveva tirato uno schiaffo.
Il primo di tanti.
“Dov’è Chris?” chiese bruscamente ad un nulla dal mio volto, aprii gli occhi lentamente quasi con paura di vederlo. Le sue iridi erano ferme esattamene in linea d’aria con le mie, quelle dannate pozze nocciola mi stavano lentamente catturando.
“E’ alla riunione per il tuo incontro di domani” abbassai la testa evitando lo sguardo, lo sentii sbuffare tornando in posizione eretta e solo quando fece un passo all’indietro tornai a guardarlo.
“Dovrò aspettare fino a domani per sfogarmi..” borbottò fra se e se, mi morsi il labbro senza sapere cosa aggiungere e soprattutto senza sapere se era il caso di aggiungere.
“Non sei l’unico che soffre” sussurrai appena con voce tremolante.
“Per quanto sciocco sia anche a me è stato tolto qualcosa con la sua partenza” continuai poi.
Lo sentii sospirare mentre teneva lo sguardo fisso sul soffitto e le mani nelle tasche, mi chiedevo quanto avrebbe resistito a non picchiarmi.
“Non avrò più alcun contatto con loro” disse solo, annuii nuovamente, quello era chiaro ad entrambi.
“Cassie ha trovato la sua strada” alzai le spalle, lui strinse la mascella poi annuì, si voltò verso il muro ed iniziò a dare piccoli colpi rumorosi contro la parete.
Perché non si sfogava su di me?
“Hai paura dei miei genitori?” chiesi corrugando la fronte, si fermò di colpo voltandosi lentamente verso di me.
“Perché lo pensi?”
“Perché colpisci la parete e non me” risposi semplicemente.
Mi guardò dritto negli occhi e per un secondo ebbi quasi paura mi penetrasse ma no, era solamente immobile di fronte a me con gli occhi incastrati nei miei.
Iniziò a camminare verso la finestra soffermandosi a guardare fuori, strinse la mano destra in un pugno ed un brivido mi percorse la schiena.
Si stava preparando?
“Preferisco sfogarmi su ben altro..” sussurrò appena guardandosi il dorso della mano chiusa.
Abbassai la testa pensierosa, il suo ragionamento non mi sembrava avere molto senso, anzi, sembrava ridicolo poiché fatto da lui.
“Pulce?” alzai gli occhi dal pavimento sulla sua figura ancora di spalle, pensierosa e nitida illuminata dai raggi del sole che illuminavano la stanza.
“Vieni all’incontro domani” le mie pupille si dilatarono alla sua frase, mi morsi il labbro quasi incerta poiché ero convinta fosse stata un’allucinazione.
“Chris non mi porterà mai” dissi.
“Perché no?”
“Hai detto che l’unica volta che sono venuta hai rischiato di perdere.. da quella volta Chris si rifiuta di portarmi” sul suo viso si dipinse un’aria divertita.
Io non ci trovavo niente da ridere, il contrario ma forse per lui era un divertimento condizionarmi la vita anzi, senza forse, sicuramente.
Era il suo passatempo preferito.
“Gli dirò di portarti domani sera” si voltò senza però guardarmi ma soffermandosi a guardar ogni singolo oggetto della stanza, io deglutii capendo che la mia curiosità sarebbe emersa e mi avrebbe portato alla rovina.
Ma era troppo incontrollabile.
“Perché?”
“Per dimostrarti che io non ho paura” corrugai la fronte alla sua risposta, per la prima volta dopo una decina di minuti tornò a guardarmi negli occhi, che stava dicendo?
La mia mente si stava lentamente appannando, non capivo più assolutamente nulla.
“Lo so già” alzai le spalle.
Restò immobile a fissarmi serio come suo solito per qualche secondo prima di passarsi la lingua sulle labbra e di caricarsi lo zaino sulla spalla destra.
Aprì la porta della camera, distolsi lo sguardo lasciandomi cadere con la schiena sul letto certa che se ne sarebbe andato e che quella strana conversazione fosse finita.
“Pulce?” richiamò una seconda volta la mia attenzione facendomi piegare la testa per guardarlo, la mano destra fermo sul cornicione in legno della porta, l’altra in tasca pronta ad afferrare una sigaretta, lo sguardo perso nel vuoto.
Il mio cuore iniziò ad accelerare senza controllo, senza motivo oserei dire.
“Scusa per lo schiaffo” sussurrò in modo impercettibile, non feci in tempo a mettermi seduta che se n’era già andato.
Cosa stava succedendo?
Justin mi aveva chiesto scusa, pazzesco.
Impossibile.
Mi pizzicai la guancia come per convincermi che era accaduto veramente, non potevo credere che dopo la notizia di Cassie si fosse limitato a darmi uno schiaffo per poi scusarsi.
Lui non si scusava mai.
Mi passai una mano sulla fronte per sentire la temperatura, forse avevo la febbre, le allucinazioni o peggio, sognavo e non riuscivo a svegliarmi.
No, quella era la realtà.
Lui si era scusato con me.

I'm Danger (Justin Bieber)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora