Capitolo 8

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Me ne stavo seduta sopra il mio letto, le gambe incrociate tra di loro, il libro di storia aperto sopra di esse, lo sguardo fuori dalla finestra e la testa altrove.
Dopo quella discussione non avevo rivisto Justin, se n’era andato subito con Chaz dicendo che non mi sopportava più, che non voleva ulteriori problemi.
Pff, patetico.
Chris non mi aveva ancora parlato, sinceramente non ci eravamo nemmeno calcolati per un secondo bensì limitati ad uno sguardo mentre i due uscivano sbattendo la porta alle loro spalle.
Ero salita in camera con la scusa di dover ripassare che in un certo senso era la verità ma calcolato che la mia buona volontà era pari a zero non era del tutto credibile la cosa.
Il sole era calato da un pezzo ormai e le stelle iniziavano a vedersi illuminando con la luna le strade spoglie di automobili di Los Angeles, per qualche motivo il mio pensiero continuava a rivolgersi a Justin, di certo sarebbe andato in qualche locale con Chaz a bere oppure no.. avrebbe passato la serata con Bridget.
A scuola si diceva fosse la sua “ragazza” ma lui non sembrava considerarla tale, credevo d’aver intuito il loro rapporto, era una di quella relazioni di convenienza.
A lui bastava aver una ragazza sempre pronta e disponibile e a lei bastava poter dire in giro di essere la ragazza del ragazzo più conosciuto della città.
Ridicoli.
Non riuscivo a dire chi mi facesse più ridere dei due.
Lei era una delle ragazze più belle della scuola, i capelli biondi, lisci le ricadevano lungo la schiena, gli occhi verdi erano sempre truccati alla perfezione così come il suo viso roseo e le sue labbra rossastre.
Era obbiettivamente una ragazza provocante che indossava shorts o minigonne in qualsiasi periodo dell’anno, non era ben vista dagli insegnati ma di certo dai ragazzi si.
Tra di loro anche da Justin ovviamente, e forse, anche da Chris.
Le curve perfettamente proporzionate fra di loro, il fratello vice capitano della squadra nazionale di football, capo cheerleader insomma, lei era quella perfetta.
Lei era la barbie della situazione.
Bussarono la porta riportandomi bruscamente ed entrò mia madre, si precipitò dentro ma a passo cauto senza chiedere il permesso d’entrata, probabilmente non credeva fosse necessario.
Non la vedevo ormai da un paio d’ore, non si era mai fatta vedere durante la permanenza di Justin e Chaz e lo stesso valeva per mio padre, mi sarei dovuta stupire forse ma non mi faceva effetto, era semplicemente normale.
“Posso parlarti?” venne a sedersi sul fondo del letto, annuii incerta poiché era un avvenimento raro mi venisse a parlare.
Non lo faceva mai.
“I tuoi voti stanno calando… che ti succede?”
“Non so che risponderti, studio sempre non posso fare di più” alzai le spalle.
Sembrava non accettare il fatto che non fossi un genio e che con l’andare avanti e l’intensificarsi del programma scolastico non riuscivo più a mantenere invariata la mia media impeccabile.
“D’accordo ti credo.. io e tuo padre siamo fieri di voi” mi accarezzò appena il volto, che diamine le stava succedendo? Non mi diceva mai cose del genere ne tantomeno mi accarezzava, scioccante oserei dire.
Si alzò non ottenendo più alcuna risposta da me e uscì dalla stanza socchiudendo la porta, mi passai una mano fra i capelli chiudendo gli occhi per qualche secondo, era come se tutti si comportassero nel modo più strano del mondo.
Tutti stavano facendo esattamente il contrario di ciò che mi aspettavo, perché? Non trovavo soluzione alle mie domande ma forse continuare a torturarsi non era il rimedio adatto.
Anzi, sicuramente non lo era.
 
Justin
Mi affrettai a salire in macchina sbuffando, partii subito non appena Chaz mi affiancò senza quasi dargli il tempo di chiudere la portiera dell’ auto.
Mi passavo le dita della mano destra fra i capelli in modo nervoso, quasi angosciato,
ma infondo rispecchiava ciò che provavo, ero terribilmente nervoso.
Chaz mi osservava quasi sentisse la mia inquietudine sulla pelle, sembrava volesse gridarmi da un momento all’altro di smetterla, di calmarmi ma che non lo facesse per paura di una mia reazione fuori controllo, evidentemente anche lui si era accorto che non era il momento giusto per provocarmi.
Quella stupida pulce.
Quell’essere così insignificante ma anche così indispensabile per la mia vita di tutti i giorni, quei suoi dannati occhi azzurri che mi fissavano impenetrabili, quelle gote che si arrossivano ad ogni mio tocco, quelle labbra bastarde che sussultavano ogni volta che un brivido da me causato le percorreva.
Battei nervosamente la mano contro il volate ottenendo un’occhiata da parte di Chaz, abbassò il finestrino per sporgersi in fuori.
“Giuro che se non la smetti mi lancio fuori” disse senza voltarsi, sbuffai poi tornai a guardare la strada con entrambe le mani sul volante.
“Scusa” borbottai appena, sospirò rialzando il vetro sporco.
“Dove andiamo?”
“Vado da Bridget, ti porto a casa?” annuì appena e pochi minuti dopo accostai al marciapiede davanti casa sua, non disse una parola si limitò a farmi un cenno con la mano prima di sparire nella penombra.
Presi il cellulare ripartendo e me lo portai all’orecchio.
Uno, due, tre .. tre squilli.
“Tesoro! Pentito eh?” la sua voce, così fastidiosa ed irritante mi fece subito corrugare la fronte per cercare quasi di sentirla meno, insopportabile, semplicemente insopportabile.
“Sono da te fra 10 minuti” riattaccai subito sentendo appena l’inizio di una risatina soddisfatta, era l’unica cosa di cui avevo bisogno.
Arrivai sino ad Harrods Street, parcheggiai davanti alla casa di Bridget e scesi in fretta dalla macchina chiudendola con altrettanta rapidità, non vedevo l’ora di entrare per sentire delle labbra calde sulla mia pelle e dei lamenti sotto il mio corpo.
Bussai in fretta alla porta e non appena si aprì il volto rosato di Bridget mi comparve davanti agli occhi. Aveva un sorriso furbo ed un’aria soddisfatta allo stesso tempo stampati in volto, sembrava quasi si aspettasse il mio arrivo.
Chiuse la porta con il piede facendomi entrare, mi posò un braccio attorno al collo attirandomi a se lentamente.
“Sapevo saresti venuto alla fine.. non sai resistermi” sussurrò provocante a pochi millimetri dalle mie labbra.
Patetica.
Avrei voluto allontanarla, mandarla a fanculo e uscire di casa, odiavo quanto era così sicura di se, così sicura che avessi bisogno di lei, forse era solo troppo stupida per capire che la usavo solo per il sesso.
Posai le mani sui suoi fianchi e in  meno di un secondo le sue labbra – come sempre colorate di rosso – si posarono sulle mie.
Mi attirò di più a se facendo scontrare i nostri bacini ed infilandomi la lingua in bocca, quasi trattenni un sospiro di noia, era sempre la stessa.
Non sapeva aspettare un secondo, si avventava dopo un istante sulle mie labbra come fossero caramelle, sembrava quasi dipendente ma infondo a me andava bene qualsiasi cosa, mi bastava solo che fosse sempre disposta a venire per me.
“Sai avevo proprio voglia di te” si morse provocante il labbro prima di catturare nuovamente le mie labbra fra le sue; sorrisi contro esse stringendole i  fianchi e facendo scontrare i nostri bacini.
Avevo solo bisogno del suo corpo e non delle sue solite frasi provocanti e seducenti che lei credeva mi attraessero di più.
“Ho capito.. vieni con me” si distaccò dal mio corpo prendendomi la mano per poi iniziare a salire in fretta le scale, i suoi capelli biondissimi iniziarono a svolazzare per aria sino a quando non arrivammo alla porta della sua camera.
La aprì in fretta affrettandosi ad entrare e ad attirarmi con se, chiuse con una mano la porta di legno e si precipitò su di me.
Iniziai a baciarla con foga, era ora che iniziavo a fare sul serio.
“Voglio sentirti gemere questa sera” vidi un sorrisetto comparire lentamente sul suo volto al suono lento delle mie parole.
Mi baciò la mandibola prima di strusciarsi contro il mio corpo e di mettersi a cavalcioni su di me facendomi cadere all’indietro sul suo letto che sembrava ormai conoscermi alla perfezione.
Al suo gesto – che significava che aveva in mente di guidare lei il gioco - mi fece alzare gli occhi al cielo il che la irritò e mi strinse il labbro fra i denti facendomi gemere.
“Stronza..” sibilai.
“Non alzare gli occhi al cielo con me.. lo sai che voglio fare le cose per bene” sussurrò poi a un millimetro dal mio viso.
Non mi lasciò il tempo di ribattere che si buttò di getto sulle mie labbra per l’ennesima volta, non sapevo il motivo ma per quanto avessi solo bisogno del suo corpo, quella sera non mi andava proprio di andare avanti per molto.
Al contrario, volevo chiudere in fretta i giochi senza attendere.
Non appena le mie mani le sfilarono la canotta attillata la sentii soffiare contro il mio volto, evidentemente lei aveva intenzioni diverse dalle mie ma come sempre non avrebbe obbiettato e si sarebbe fatta guidare da me.
“Perché sei così frettoloso?” mi sussurrò all’orecchio prima di stringermi il lobo fra le labbra, forse credeva mi provocasse – ed in un certo senso aveva ragione – ma non capiva che la cosa era diventata così monotona da non darmi più alcun gusto.
“Chiudiamo la pratica Bridge” risposi e senza darle il tempo di opporsi l’afferrai mettendola sotto di me, magari preferiva comandare ma entrambi sapevamo che non le dispiacesse quando prendevo le redini del gioco.
Mi sfilò velocemente la felpa e la maglietta bianca, la sentii iniziare a fremere non appena le mie dita le sfiorarono il fondoschiena.
Patetica, sembrava fosse la prima volta.
Tracciai una scia di baci umidi sul suo ventre sino all’incrocio fra i due seni già scoperti, non appena le mie labbra vi si posarono sopra gemette quasi fosse arrivata al culmine il che mi fece sorridere soddisfatto.
Le sfilai gli shorts e successivamente gli slip di pizzo rosso.
Li amavo.
Sorrisi alla vista, era già bagnata.
“Da quando ti ecciti così facilmente?” sogghignai alzando lo sguardo sino ai suoi occhi, mi strinse la spalle con le mani forse maledicendomi, la verità è che non mi aspettavo si eccitasse così in fretta, avevo pensato di rallentare le cose ma la situazione si faceva complicata da gestire.
Si aggrappò al mio collo sfilandomi i boxer e sorrise facendomi alzare gli occhi, si avvicinò con aria seducente al mio orecchio. Ecco, mi avrebbe provocato di nuovo.
“A quanto pare non sono l’unica” rise poi, mi passai la lingua sulle labbra consapevole che l’avrei fatta morire tantè che mi fulminò con lo sguardo.
“Sbrigati” m’incitò circondandomi il bacino con la gamba destra.
Sentivo la sua intimità contro la mia e per un secondo rimasi sorpreso, solitamente non era così frettolosa anzi, per i miei gusti prolungava la cosa anche troppo.
Eppure non ascoltai il suo incitamento e passai la lingua a pochi millimetri dalla sua intimità sentendola imprecare contro di me.
“Dio smettila..” disse conficcandomi le unghie nella carne.
Risi e forse esagerai, la sentii così togliere la gamba del mio fianco e rigirarsi sopra di me, alzai gli occhi al cielo consapevole che mi avrebbe provocato tanto da farmi avere le palpitazioni.
“Ora comando io” disse prima di avventarsi su di me.
Iniziò a strusciarsi contro il mio corpo facendomi gemere in fretta, sfiorò con le labbra il mio membro ma io non ero quel ragazzo, non lasciavo mai comandare qualcun altro al mio posto e lei lo sapeva.
La sua era solo una tattica.
Feci per prenderle i fianchi e posizionarla sotto di me quando quel dannato cellulare sopra il comodino iniziò a suonare.
Sbuffai infastidito allungandomi per afferrarlo, chi diamine poteva essere?
“Si?”
“Justin sono io” era Chris, sinceramente l’ultima persona che mi sarei aspettato si sentire poiché sapeva bene sarei andato da Bridget.
“E’ urgente devi venire subito qui” corrugai la fronte alle sue parole, mi chiedevo cosa potesse essere successo di tanto importante e grave, al momento non mi veniva in mente assolutamente nulla.
“Che è successo?” chiesi passandomi una mano fra i capelli.
“Si tratta di Kevin.. dice che se non gli paghiamo subito la roba saranno guai seri” alle sue parole deglutii.
Cazzo.
“Si ho capito.. arrivo subito”
“Sbrigati, non è più un gioco” chiusi la chiamata infilandomi velocemente i pantaloni sotto lo sguardo stordito di Bridget, forse avrebbe voluto sapere ma la verità era che non le raccontavo mai nulla. E mai lo avrei fatto.
“Devo andare” m’infilai in fretta la felpa senza lasciarle il tempo di controbattere, infondo si sarebbe lamentata della mia scarsa presenza nell’ultimo periodo, della mia presunta poca voglia di vederla – il che era vero – oppure della mia noncuranza verso le sue mancanze affettive.
Patetica insomma.
Mi precipitai fuori salendo in fretta in macchina, che stava succedendo? Semplice, tutto quello che non sarebbe mai dovuto succedere.
Non c’era molto da dire al riguardo anzi, era tutto molto semplice e logico, con i soldi fruttati agli incontri io e i ragazzi ci permettevamo di comperare vari quantitativi di erba fornita direttamente da un pezzo grosso di Los Angeles, Kevin Maddox.
Avevamo fatto un accordo, gliela avremmo pagata a rate senza fretta eppure quell’accordo – apparentemente stabile e fisso – sembrava si fosse sciolto improvvisamente, lui voleva i soldi o ci avrebbe ucciso uno dopo l’altro, ma nessuno di noi possedeva abbastanza denaro al momento.
Bel casino lo so, ma infondo quella era la mia vita ed io,
sono Justin Bieber.

I'm Danger (Justin Bieber)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora