Capitolo 16

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Può essere banale si, 
ma Justin non aveva più parlato ed ormai l'aria si stava facendo davvero troppo pesante, dentro quella stretta macchina.
Di secondo in secondo, mi sentivo mancare il respiro, una morsa al petto che mi opprimeva i polmoni e con loro, ogni singola via respiratoria.
Per un secondo pensai di essere claustrofobica.
Ma no, sapevo benissimo di non esserlo.
Il cellulare di Justin, posto appena dentro il portaoggetti aperto da chissà quanto tempo, iniziò a suonare istericamente.
Sciocco magari, ma la sua "musichetta" metteva ansia, ma infondo, si trattava del cellulare di Justin.
Tutto ciò che apperteneva a lui metteva ansia.
"Si?.. Lo so benissimo, non ho voglia di ripertermi... ora ho da fare, pensaci tu" non restò al telefono molto che con un rapido gesto chiuse la chiamata per poi quasi gettare il cellulare dentro il piccolo contenitore.
Non potevo - e forse non avrei dovuto - sapere cosa gli avevano detto al cellulare ma non riuscivo a non pensare costantemente a chi potesse averlo chiamato, e soprattutto, a cosa potesse avergli detto.
"Chi era?" domandai appena mordicchiandomi l'unghia del pollice quasi a voler scacciar via la tensione creatasi.
I suoi occhi ruotarono su di me senza mai che voltasse la testa, mi osservò per qualche secondo, freddo, per poi tornare a guardare la strada.
"Allora?" domandai una seconda volta sporgendomi in avanti con il busto. Sospirò al suono quasi fastidioso, per lui, della mia voce.
Si passò nervosamente una mano fra i capelli facendomi innervosire, non sopportavo quando le persone facevano finta di non sentire, lui aveva capito benissimo.
Alzai gli occhi al cielo per poi posare lo sguardo fuori dal finestrino, sapevo che se non l'avessi fatto sarei esplosa in una sorta di interrogatorio, avrei di certo preferito che non accadesse.
"Non alzare gli occhi al cielo con me" borbottò quasi non facendosi sentire.
Mi voltai appena alzando un sopracciglio, non era di certo la prima volta che lo facevo ma in quei brevi dieci minuti sembrava che qualcosa fosse cambiato. Non avevamo più quell'affinità che tanto avevo "chiesto" da dove provenisse, anzi.
Non ci capivamo affatto.
Non gli era mai importato se alzassi gli occhi al cielo ma in quel momento sembrava qualcosa di troppo importante, di fondamentale.
"Non iniziare con le tue paranoie" risposi spostandomi una ciocca di capelli dagli occhi. Mi osservò appena senza proferir parola, ci vollero un paio di minuti di nervosismo perchè si voltasse finalmente verso di me, pronto in qualche modo a rispondere.
"Paranoie? Dio.. e poi sarei io quello lunatico" enfatizzò roteando gli occhi.
"Non ti ho mai detto che lo sei" puntualizzai corrugando la fronte, mi osservò per un breve istante prima di alzare velocemente le spalle.
Pazzesco, ora potevo dirlo.
Quel ragazzo era lunatico davvero, per non dire bipolare.
"Non scherzare con il fuoco, ti brucerai" rispose dopo svariati secondi passati nel più completo dei silenzi.
"Oh che paura" dissi mordendomi il labbro inferiore e roteando gli occhi all'insù, in un certo senso senza pensarci, di certo non mirando ad innervosirlo.
"Non tirare troppo la corda, si spezzerà"
Cos'è?
Era in vena di essere "poetico" quella notte?
Sembrava fosse appena uscito da chissà quale libro di proverbi e che per qualche ragione se li fosse tutti imparati a memoria per poi scagliermeli contro.
"Oh Dio.. sembri mio padre" sbuffai poi picchiettando le unghie contro il bracciolo.
Non rispose nonostante avesse sentito benissimo ciò che avevo detto, si limitò ad afferrare più forte il volante e a stringere i  denti contraendo la mascella, pochi secondi prima di imboccare un piccolo vicolo e parcheggiare a pochi metri da una grande insegna.
Non ero mai stata in quel posto ma infondo, c'è una prima volta per tutto o almeno così dicono.
Camminai sino all'entrata della piccola locanda seguendo a ruota Justin il quale ovviamente mi aveva aspettato..
Non diedi peso alla cosa, infondo non mi sarei mai dovuta aspettare un trattamento "speciale" da lui.
Mentre camminavo mi guardavo intorno, non era di certo un ristorante di lusso come quelli a cui mi avevano abituato i miei genitori ma non era male.
Oserei dire che era carino, un pò come.. si, come Justin. Era un posto rozzo e talvolta trasandato, ma allo stesso tempo accogliente e quasi confortante.
Mi bloccai davanti ad un piccolo tavolo, Justin si era seduto così che lo imitai mettendomi esattamente di fronte a lui. Quando tentò quasi di incrociare i miei occhi a mezz'altezza spostai lo sguardo, in un posto oserei dire indefinito.
Presi uno dei listini al centro concentrandomi solo sulle piccole scritte nere impesse sulla carta leggermente ingiallita.
A dire la verità non leggevo, infondo non avrei dovuto ordinare niente di così ricercato da doverlo cercare nel listino, ma la reputavo una buona scusa per non incontrare i suoi occhi.
"Bel modo per evitarmi" disse senza giri di parole.
Okay, mi aveva in un certo senso.. come posso dire.. beccata (?).
Abbassai lentamente il listino color bordeaux sino a chiuderlo e a posarlo sopra le assi di legno del piccolo tavolo.
"Non vorrei mai infastidirti alzando gli occhi al cielo" risposi acida.
Non ero così solitamente, tendevo ad essere allegra e meno acida del solito quando uscivo in luoghi pubblici. Sinceramente dopo i momenti prima e dopo la corsa passati con Justin credevo di riuscire a passare una serata serena, senza litigi o nervosismi. Invece stava avvenendo proprio il contrario.
Entrambi eravamo inaspettatamente più nervosi nel solito.
Tempismo perfetto direi.
"Non mi da fastidio quello solo.. non lo reputò da te" alle sue parole - per me senza una logica - corrugai la fronte incrociando finalmente i suoi occhi.
"Da me?"
"Si insomma, lo fanno le ragazze come Bridget, non tu" puntualizzò poi quasi sperando avessi capito senza avere bisogno di ulteriori spiegazioni.
Non mossi un singolo muscolo del mio corpo, rimasi immobile ad osservarlo mentre forse si aspettava una risposta da parte mia, risposta che però non sembrva intenzionata ad arrivare.
"Non mi conosci, che ne sai di come sono fatta io?"
C'erano poche cose che non sopportavo.
Una fra queste era essere giudicata da una persona che di me non sapeva assolutamente nulla, quello era il caso di Justin. Non poteva nemmeno permettersi di nominarmi, lui non sapeva niente di me, almeno a mio parere.
"Ti conosco meglio di molti altri" 
C'era una punta di arroganza e talvolta supponenza nella sua voce, sbuffai senza distaccare un secondo gli occhi dai suoi.
"Smettila... non è vero" lui scosse appena la testa senza aprire bocca.
Forse sapeva che avevo ragione - del resto ce l'avevo - ma non feci in tempo a porre altre domande nel lui ad insinuare altro che una ragazza con un leggero grembiule verde legato alla vita ci si avvicinò.
"Buonasera, cosa posso portarvi?" ero certa che Justin - non avendo un minimo di ciò che io chiamavo educazione - avrebbe ordinato prima di me.
Mi sarei aspettata qualsiasi cosa ma infondo lui era speciale proprio perchè faceva esattamente il contrario di ciò che le persone si aspettavano.
"Beh a me veramente basteresti tu"
Non so bene descrivere cosa provai in quel momento, disgusto credo.
Si, disgusto per quel ragazzo seduto a meno di un metro da me che stava flirtando senza problemi con una cameriera qualsiasi.
Disgustoso, potevo solo pensare questo.
Un sorriso furbo, troppo per i miei gusti, comparve sul viso di Justin diretto solo ed esclusivamente alla ragazza tra di noi.
Mi voltai appena a guardarla.
Il grembiule le copriva gli shorts neri e permetteva di intravedere solo parte della sua canotta bianca, i capelli biondi, mossi, lunghi appena fino a sotto le spalle, gli occhi verdi puntati su Justin, le labbra socchiuse, stupite per via della sua affermazione e le gote rossastre.
Non so, forse vivevo nelle favole.
Chiamatemi sciocca ma mi sarei aspettata che si arrabbiasse, che lo pregasse di non essere così impertinente o anche solo che si inventasse che fosse occupata.
Ebbene, no.
Sorrise lasciandosi sfuggire una risatina prima di mordersi il labbro e di catturare ulteriormente l'attenzione di Justin sulle sue labbra.
Pff, patetici.
Tutti e due.
Incrociai le braccia al petto puntando gli occhi su quella che sarebbe dovuta essere la cameriera di entrambi e non solo la "occhi dolci" di Justin.
"Cosa vi porto?" chiese abbassando appena lo sguardo sul piccolo blocchetto che teneva fra le mani per poi rialzare la testa e guardare - ovviamente - Justin.
"Un birra andrà benissimo" rispose lui senza staccarle gli occhi di dosso un secondo.
"E per te?" finalmente si degnò di guardare anche me.
Sorrisi falsamente ma sono certa che intuì la mia recita, non ero mai stata una grande attrice e quando ero arrabbiata o innervosita, le mie performance erano ancora più penose del solito.
"Un tè freddo, grazie" dissi sperando con tutto il cuore che se ne andasse.
Qualcuno ascoltò le mie preghiere.
Non aggiunse altro e se ne andò camminando velocemente verso un bancone sul fondo della piccola locanda.
Posai il mento sulla mano destra guardando con odio quell'idiota che avevo davanti agli occhi. Teneva lo sguardo fermo in un punto indefinito, non mi calcolava minimamente e per un secondo ebbi la tentazione di alzarmi e di uscire da quel posto, divenuto squallido in pochi secondi.
"Ti vedo nervosa principessa.. tutto bene?" chiusi appena gli occhi pregando di riuscire a contorollarmi.
Sapevo perfettamente che non stava scherzando, la sua ignoranza infondo superava ogni limite possibile, la verità era che stuzzicarmi ed innervosirmi era ciò che gli riusciva meglio fare.
"Sai, solitamente non si flirta con altre ragazze ad un appuntamento" risposi distogliendo lo sguardo.
Solo qualche secondo dopo aver terminato la frase mi resi conto di ciò che avevo appena detto. Mi sentii avvampare all'istante, che idiota.
"Appuntamento?" domandò lui confuso.
Deglutii.
Mi stavo facendo i compliementi da sola, non avevo scuse che reggessero al momento, non avevo idea di come poter anche solo uscirne meno "sconfitta" da quel discorso.
La verità però era una.
Mi ero solo illusa che volesse portarmi in qualche posto carino - come lo aveva definito lui - per passare del tempo con me, di conseguenza per avere una sorta di appuntamento.
Ero solo una stupida illusa che credeva alle favole, infondate per di più.
"Non ricordo di aver detto che fosse un appuntamento" aggiunse poi confuso passandosi nervosamente una mano sulla nuca.
"Ecco io intendevo.. io, tu.. si insomma.." i suoi occhi mi guardavano confusi in cerca di una spiegazione che tardava ad arrivare.
Non sapevo che cosa inventarmi.
"Ehm.. carino questo posto" cambiai argomento abbassando lo sguardo.
Lo sentii ridere ma non avevo il coraggio di guardarlo, avevo appena fatto la figura della scema e non avevo intenzione di sentirmi ulteriormente ridicola sotto il suo sguardo.
"Lo so.. tutte me lo dicono" rispose appena trattenendo una risata.
"Tutte?" domandai dilatando appena le pupille.
Rise.
Quell'odiosa - e perfetta allo stesso tempo - risata.
"Scherzo" disse subito.
Chiusi lentamente le labbra senza il coraggio e le parole giuste, adatte per rispondere. Lentamente un uomo ci si avvicinò porgendoci una birra ed un tè freddo all'interno di un bicchiere di vetro. Ci sorrise prima di voltarsi e di ritornare al bancone.
"Ad ogni modo.. dopo incontrerai la mia famiglia.."
Alzai appena lo sguardo.
Me n'ero completamente dimenticata.
Deglutii rumorosamente avvertendo anche nel suo tono di voce l'apprensione e l'ansia che entrambi provavamo riguardo alla cosa.
"Oh già.. eh io non.. non credo di essere pronta insomma, è importante credo" non sapevo nemmeno io con esattezza quali parole stessero uscendo dalla mia bocca ma Jusitn non sembrava scosso così decisi di continuare.
Forse non stavo dicendo una cosa tanto stupida.
"Voglio dire, nessun ragazzo mi ha mai fatto conoscere la sua famiglia prima d'ora" arrossii nel dire quelle parole e subito scorsi un leggero sorriso sul volto di Justin.
Evidentemente si divertiva nel vedermi in imbarazzo.
Sembrava così divertito dalle mie parole in che m'indulse ad abbassare lo sguardo quasi incapace di continuare.
Infondo era la verità, in passato avevo avuto un altro paio di storie ma non avevo mai incontrato la loro famiglia, non avevo mai passato la notte in casa loro ne tantomeno mi ero lasciata andare oltre..
Per quale ragione stavo per conoscere i genitori di Justin infondo?
Non aveva alcun senso.
"Sai, non ho mai portato a casa nessuna ragazza, è una novità anche per loro" disse facendo un cenno con capo verso di me prima di alzare la spalle e di portarsi la birra alle labbra.
Deglutii.
Splendido, pensai.
Ero la prima ragazza "estranea" ad entrare in casa di Justin e a conoscere la sua famiglia, non aveva alcun senso.
Io, Evelyn Smith sarei stata la prima ragazza che Justin in tutta la vita avrebbe portato a casa.
Assurdo, irreale, impossibile.
Mi chiesi se solo sapessi qualche particolale, qualche dettaglio anche solo di uno di loro ma no,non potevo.
Nessuno sapeva niente della famiglia di Justin, a malapena Cassie conosceva il nome della nuova compagna del padre, bensì non l'avesse mai detto a nessuno, nemmeno a me.
"Posso farti una domanda?" chiesi passandomi nervosamente la lingua sulle labbra inumidendole, lui mandò giù un altro sorso prima di annuire.
"Perchè non hai mai presentato Bridget ai tuoi? Voglio dire, è la tua ragazza infondo" corrugai la fronte.
Justin sembrò confuso dalla mia domanda ma allo stesso tempo consapevole di ciò che avrebbe dovuto rispondere.
"Lei non conta niente. Non ho mai incontrato nessuna ragazza tanto importante da ritenere di doverla portare a casa mia, per di più a conoscere la mia famiglia" rispose dando alla fine una scrollata di spalle.
D'accordo, non avevo alcun senso.
Lui fino a qualche giorno prima - forse anche in quel momento - mi odiava con tutto se stesso e la cosa era reciproca, come potevo in così poco tempo essere diventata, tanto importante da essere ritenuta "degna" di conoscere la sua famiglia?
Non c'era risposta, non ero tanto importante.
"E allora perchè porti me?" trovai il coraggio di chiedere senza però avere la forza di guardarlo negli occhi.
Sospirò prima di picchiettare le dita contro la superficie del tavolo, alzai appena lo sguardo non ottenendo risposta.
Justin era pensieroso, lo sguardo fisso sul tavolo forse in cerca di una risposta adatta, ma la verità era che una risposta adatta non c'era.
"Perchè sei speciale" 
Non osai chiedere altro.
Quelle parole furono abbastanza pesanti ed importanti senza aver bisogno di ulteriori aggiunte.
Passammo una decina di minuti nel silenzio, bevendo di tanto in tanto un sorso io di tè, lui di birra. Improvvisamente si alzò passandosi le mano fra i capelli e scompigliandoli leggermente.
"Andiamo?" annuii senza proferire parola.
Mi alzai dal tavolo e Justin posò dieci dollari sopra di esso prima di farmi segno di uscire, non osai chiedere il perchè avesse voluto pagare lui anche per me, avevo paura di un'altra risposta "proibita" come quella che mi aveva dato poco prima.
Non so dire l'effetto che mi fece.
Sentii solo una morsa, un formicolio, una sensazione che non credevo nemmeno esistesse, forse perchè nessuno me lo aveva detto o più probabilmente perchè era stato lui a farlo.
Ero quasi certa fosse per quello, ma non avevo intenzione di ammetterlo.
Salii in macchina lasciandomi cadere contro il sedile, Justin prese una sigaretta dal portaoggetti mettendosela fra le labbra, abbassò appena il finestrino e partì.
"Tuo padre non si accorgerà che hai appena fumato?" domandai quasi innocentemente.
Rise prima di far uscire il fumo dalle sue labbra.
"Sa che fumo" rispose poi trattenendo un sorriso.
"Oh.." riuscii solo a dire.
Mi sentivo così.. strana.
Mia madre e mio padre non mi avrebbero mai permesso di fumare, non per un motivo preciso, sapevo comunque che mia madre fosse dotata di un olfatto incredibile e che in ogni caso mi avrebbe presto scoperta.
Chris non fumava mai prima di rientrare, almeno un'ora prima, così che l'odore del fumo per lo meno diminuisse.
Io forse usavo la scusa di mia madre, ma in ogni caso fumare non mi attirava, mi avevano sempre cresciuta con la fissa che il fumo uccide, non avrei cambiato idea a diciott'anni.
Justin parcheggiò dentro un piccolo viale poco illuminato il quale costeggiava una casa.
Non appena scesi sentii il cuore accelerare.
Credo la spiegazione sia oltre che valida, anche ovvia.
Justin mi sorrise appena mettendomi una mano dietro la schiena e facendomi strada sino alla porta d'ingresso.
"Sei pronta?" sorrise voltandosi a guardarmi.
Per quanto potessi sembrare solo io quella nervosa sapevo bene che anche lui lo era, infondo era la prima volta che portava una ragazza a casa, o per meglio dire che la portava con tutta la famiglia presente nell'abitazione.
Sapevo bene della quantità di ragazze che Justin aveva portato a casa per farci sesso, ma ero certa che non ci fosse mai stato presente a casa alcun membro della famiglia, solo per questo motivo mi sentivo diversa, speciale.
Annuii ricambiando il sorriso, infilò la chiave dentro la serratura girandola un paio di volte ad aprì la porta.
Entrai guardandomi subito attorno.
Le pareti erano tinte da poco di un bianco luminoso, i mobili dell'entrata di legno molto rustici e semplici.
Era devvero una bella casa, se non avessi saputo che ci abitava Justin avrei pensato appartenesse a qualche figlio di papà della città.
Justin iniziò a camminare svoltando a destra, lo seguii sino al salotto ad una curva dall'entrata.
Era bellissimo, mi ricordava vagamente quello di casa mia come struttura, non riuscii a guardarmi molto intorno che notai subito delle persone tra cui un paio sedute sul divano.
Deglutii.
Una donna dal volto candido mi guardava sorridendo, direi quasi amorevolmente. Teneva i capelli legati a lato stretti da un nastro color verde smeraldo, della stessa tonalità del suo vestito lungo appena fino a sopra il ginocchio. Gli occhi azzurri, così grandi e raffinati mi osservavano oserei dire incuriositi dalla mia figura.
Accanto un uomo alto, robusto, i capelli biondo scuro e dei piccoli occhi marroni, teneva le mani in tasca serio ma allo stesso tempo con un'espressione serena.
I miei occhi vennero catturati dalle due piccole figure appoggiate con un fianco al divano. Una dolce bambina con i capelli biondi, mossi sulle punte, occhi verdi ed un vestitino rosa mi guardava così come il bambino accanto a lei, erano davvero identici.
Non avevo idea che Justin avesse dei fratelli.
"Piacere di conoscerti, sono Jane" la donna fece qualche passo in avanti interrompendo - quasi bruscamente - il momento di silenzio porgendomi la mano, senza mai smettere un secondo di sorridere.
"Evelyn" sussurrai appena, avrei detto tante cose ma non riuscivo a parlare, le parole mi si bloccavano in mezzo alla gola.
"Ciao, sono Jeremy" l'uomo la seguì subito porgendomi anche lui la mano, gli sorrisi facendo un piccolo cenno con il capo prima che la mia attenzione venisse catturat da due figure, piccole e tenere che velocemente si avvicinarono.
"Ciao, io sono Jazmine!" la voce della piccola eccheggiò per tutta la casa facendomi sorridere.
"Io Jaxon" 
Erano così teneri che per un secondo mi sentii vuota al sol pensiero di non aver mai avuto anche per un giorno, un fratellino o una sorellina.
Justin era molto fortunato, credo lo sapesse.
Mi voltai appena verso di lui il quale mi sorrise quasi incredulo, potevo solo immaginare cosa stesse pensando e provando.
Ero certa - per qualche ragione - che tra i sentimenti ci fosse gioia.
"Siamo davvero felici di conoscerti, non vedevamo l'ora" mi sentii arrossire alle parole della donna.
Stava in qualche modo dicendo che Justin gli aveva già parlato di me e che li aveva avvertiti del mio arrivo.
Mi sentii importante.
"Anche io sono felice di conoscervi" riuscii a dire abbassando lo sguardo poco dopo, per qualche ragione non riuscivo a reggere lo sguardo di entrambi su di me.
"Ehm.. le do dei vestiti per dormire.." disse Justin imbarazzato passandosi nervosamente una mano dietro alla nuca.
La donna annuì sorridendo, Justin mi fece un cenno con la testa senza mai smettere di guardarmi negli occhi un secondo.
Mi prese la mano stringendo ed intrecciando le dita fra le sue iniziando poi a salire in fretta le scale.
Percorremmo tutto il corridoio sino ad arrivare all'ultima porta, la aprì ed entrammo uno alla volta.
Era spaziosa, le pareti bianche ricche di mensole contenenti libri, CD e qualche fopo appesa di qua e di la. Il letto ancora intatto ospitava sopra un paio di magliette spiegazzate ed un quaderno era ancora aperto sopra la scrivania appoggiata proprio al muro opposto.
"E' molto bella" dissi guardandomi intorno.
"Già, meglio della tua" disse guardandomi appena con la coda dell'occhio.
"Modesto" alzai gli occhi al cielo avvicinandomi.
Mi prese i fianchi ridendo.
Aw quella detestabile e meravigliosa risata, quanto la odiavo e amavo allo stesso tempo.
Mi strinse al suo corpo lasciandomi un piccolo bacio sulla tempia facendomi abbassare lo sguardo.
"Sai, mi piace la tua famiglia" annuii ripensando al momento di pochi secondi prima.
"Anche a loro sei piaciuta, raramente li ho visti così ma infondo è questo l'effetto che fai su tutti no?" sorrise.
Annuii alzando le spalle.
"Anche su Dean" risi appena.
Oh no, grosso errore nominarlo.
Justin si fece serio stringendo la presa sui miei fianchi ed innervosendosi tendendo ogni singolo muscolo del suo corpo.
"Scusa non volevo.. non è importante" scossi la testa quasi a cercare un rimedio.
Justin annuì lasciandosi sfuggire un sospiro, accennò ad un sorriso prima di allentare la presa e di lasciarmi andare completamente.
Si avvicinò all'armadio porgendomi poi un paio di pantaloncini lunghi appena fino al ginocchio, blu ed una felpa nera tanto larga da farmi da vestito.
Li presi trattenendo una risata.
"Non ti piacciono?" chiese alzando un sopracciglio quasi fosse offeso.
"Sembrerò ridicola" gli feci notare.
Scosse la testa prima di inclinarla ed osservarmi meglio.
"Nah" alzò poi le spalle.
Risi.
Justin m'indicò la porta del bagno, entrai chiudendomi poi la porta alle spalle.
Mi sfilai gli shorts mettendo i pantaloni - decisamente più comodi - che Justin si era offerto di darmi.
M'infilai la felpa nera dalle scritte bianche sopra la camicetta verde menta per poi chiudere la cerniera lampo, mi guardai allo specchio e trattenni una risata.
Okay, mi sentivo ridicola ma almeno ero comoda.
La porta si aprì di colpo e Justin comparve in tutto il suo splendore.
Deglutii non riuscendo ad avitare di posare gli occhi sui suoi addominali permettamente scolpiti e sulle braccia ricoperte di tautaggi in gran parte.
Non sapevo per quale pargione indossasse solo dei pantaloncini simili ai miei ma nemmeno una maglietta, era a torso nudo e la visuale non potevo negare che fosse ottima.
Insomma, era bellissimo.
Non posso negarlo.
Nessuno potrebbe negarlo.
Mi guardò da capo a piedi prima di sorridere e di rincontrare i miei occhi a mezz'altezza.
"Dov'è finita la tua maglietta?" chiesi indicando il suo torso nudo.
"La sto cercando ovunque e non riesco a trovarla" rispose infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Sorrisi spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e di mordermi nervosamente il labbro.
"Non sei male" disse poi guardandomi una seconda volta.
"Merito dei vestiti" dissi alzando le spalle.
Rise scuotendo appena la testa.
"Ehm.. dai ti.. aiuto a cercarla" dissi alludendo alla maglietta.
La verità era che non sarei riuscita a resistere ancora molto con lui in quello stato, di sicuro mi sarebbe sfuggito un qualche commento non ragionato e preferivo non accadesse.
Decisamente no.
Lo superai ma non feci in tempo a posare la mano sulla maniglia che sentii due mani - molto familiari - posarsi sui fianchi.
Deglutii, erano le sue.
Sentivo il suo ventre sfiorare la mia schiena facendomi rabbrividire, delgutii per via del nervosismo, non sarei riuscita a controllare per molto quella situazione.
"D - dimmi" balbettai appena.
Lo sentii ridere.
Deglutii.
Si avvicinava sempre di più a me, senza che me ne accorgessi era ormai giunto a pochi millimetri dal mio collo.
Senza permesso o dire nulla posò le labbra contro esso costringendomi a chiudere gli occhi e a mordermi il labbro.
Iniziò a tracciare una scia di baci lungo tutta la lunghezza del mio collo facendomi deglutire e stringere le mani in due pugni.
Iniziò ad accarezzarmi con le mani la schiena, i fianchi, il ventre, le cosce tutto sempre con la sua delicatezza, la sua "timidezza" e allo stesso tempo la sua possessività.
Il suo corpo era ormai aderente al mio mentre le sue labbra continuavano il loro compito senza avere intenzione di staccarsi.
"Justin.." gemetti appena sfiorandogli gli addominali con la mano.
Staccò le labbra dal mio collo passando al lobo, chiusi gli occhi sentendo ogni parte del mio corpo indolenzirsi al suo magico tocco.
"Principessa.. lasciati andare" mi sussurrò appena all'orecchio.
Non sarebbe servito dirlo, ero nel più bello dei miei sogni.
Si, ma sbagliato.
"Justin noi.. noi non possiamo" dissi allontanandolo da me.
Il suo sguardo era confuso, lo ero anche io se per questo ma vedevo in lui il desiderio di avere spiegazioni da parte mia.
"Perchè no?" alzai le spalle.
"Perchè non ha senso, noi non siamo niente"
Mi fece male dire quella frase.
Noi non eravamo niente.
Mi sentivo così.. triste - oserei dire - nel pronunciarla.
Assurdo in un certo senso.
"Ah no?" negai con la testa contro la mia volontà.
Volevo che fossimo qualcosa si, ma non eravamo niente.
"Ora ti dimostro che siamo qualcosa" disse solo facendo un passo in avanti.
Non mi lasciò ragionare.
Mi prese con violenza i fianchi, facendomi aderire con la schiena alla porta del bagno, si avvicinò percicolosamente a me ed in meno di un secondo sentii premere le sue labbra sulle mie.
Non riuscii a rinnegarlo.
Era un sogno troppo bello.
Gli circondai il collo con le braccia dischiudendo le labbra, la sua lingua non perse l'occasione e s'infilò in fretta nella mia bocca.
Mi baciò il labbro inferiore passandoci poi la lingua sopra facendomi gemere.
Strinsi tirando leggermente tra le dita le punte dei suoi caeplli color grano, se avessi ragionato mi sarei fermata.
Ma non stavo ragionando.
Soffocò un gemito contro le mie labbra.
Mi baciava con foga, con tutta la passione che aveva in corpo, sentivo le sue labbra morbide, dolci, intense premere feroci contro le mie.
Sembrava avesse paura di poterle perdere anche per un solo secondo.
Passò le mani sui miei fianchi fino a scendere sino alle gambe, mi alzò da terra costringendomi ad allacciarele intorno al suo bacino.
Non trattenni un gemito quando mi strinse il labbro fra i denti.
Ci distaccammo appena mantenendo le fronti incollate fra di loro, i nostri respiri erano irregolari, affannosi, ci guardavamo come mai avevamo fatto.
Non so descrivere i suoi occhi.
Mi guardavano come non mi avevano mai guardata, erano dolci ma anche possessivi.
Cos'era successo?
Nessuno dei due osava chiederlo poichè sapevamo che nessuno dei due lo sapeva ma ancora non ci staccavamo, nessuno si era pentito dell'azione compiuta pochi secondi prima.
"Ricordi oggi?" domandò affannosamente ancora tentando di recuperare il fiato perduto durante in bacio.
Annuii appena senza avere la forza di rispondere.
"Era un appuntamento ma non avevo il coraggio di dirtelo"
 

I'm Danger (Justin Bieber)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora