Capitolo 12

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Una luce invadente iniziò a pizzicarmi gli occhi costringendomi ad aprirli in modo lento, assonato. Il balcone non chiuso la sera precedente stava già dando problemi, i primi raggi di sole del mattino avevano iniziato ad illuminare l'intera stanza dandomi un notevole fastidio poichè obbligavano a tenere gli occhi aperti.
Mi portai una mano al volto sperando in qualche soluzione magica, in un miracolo direi quasi, speravo che con un battito di ciglia i balconi si sarebbero chiusi all'istante e sarei potuta tonare nel mio splendido regno, quello dei sogni.
La mano di Justin che sino a quel momento mi aveva tenuto il fianco in modo saldo allentò la presa sino a staccarsi da me, il letto s'inclinò quando si mise seduto passandosi velocemente la mani sul volto.
"Ci penso io.." farfugliò poi alzandosi, solo allora notai che indossava solo i pantaloncini bianchi del combattimento ed una semplice canotta nera. Avvampai al pensiero che solo allora mi venne alla mente, avevo dormito con lui e probabilemte senza rendermene conto mi ero stretta al suo corpo per tutta la notte, sentii le guance andare a fuoco e subito, non appena tornò verso il letto dopo aver chiuso il balcone, abbassi lo sguardo evitando il suo volto.
"Ehi.. che c'è?" mi morsi il labbro maledicendomi.
Non riuscivo quasi a credere che già di primo mattino si fosse accorto del mio rossore - per lui ingiustificato - nonostante avessi abbassato subito lo sguardo e nonostante la camera fosse quasi completamente oscurata.
Negai con la testa un paio di volte e lui sembrò non dare peso a ciò tantè che tornò sotto le coperte rimettendomi un braccio attorno alla vita.
"Che c'è da ridere?" chiesi sentendolo trattenere una risata contro la mia testa, lo sentii abbassare il capo nascondendo parte del volto fra i miei capelli e per quanto non lo vedessi poichè voltata di spalle sapevo per certo che sul suo volto c'era impressa la sua solita espressione tra il compiaciuto e il divertito.
"Questa notte parlavi" disse poi.
Non riuscivo assolutamente a ricordarmi cosa avessi sognato e subito nel sentirmi dire che avevo parlato sentii il cuore accelerare, mi chiedevo cosa avessi potuto dire, speravo nulla di imbarazzante.
"E.. cosa dicevo?" chiesi titubante.
"Non so.. sembrava la linga degli alieni" nel sentirgli dire quelle parole chiusi gli occhi tirando un sospiro di sollievo, per lo meno anche se avessi detto qualcosa di indiscreto lui non aveva sentito, quello era l'importante infondo.
Mi allungai sono al comodino intravedendo un cellulare posato sopra, il suo ovviamente. Lo alzai e guardai l'ora, erano appena le 05.48 ma sapevo bene che dopo meno di un'ora ci saremmo dovuti alzare per prepararci per la scuola.
"Mi prepari la colazione?" chiese lui tutt'un tratto interrompendo i miei pensieri. Subito corrugai la fronte voltandomi verso di lui, non capivo cosa stesse dicendo e per un attimo presi in considerazione l'idea che si fosse addormentato e stesse solo parlando nel sonno ma no, i suoi occhi erano apeti e abbastanza svelgi per quello che potevo vedere.
"Adesso?" chiesi alzando un sorpacciglio, mi aspettavo una negazione, che mi dicesse magari che avrei potuto prepararla per lui e i ragazzi dopo - del resto non mi sarei stupita se me lo avessero chiesto - ma no, lui annuì restando impassibile e sereno allo stesso tempo.
"Ho fame" si giustificò poi.
Chiusi gli occhi d'istinto per via del sonno per poi aggrapparmi al suo corpo e stringermi a lui come solo con Chris avevo fatto una sola volta e per di più all'età di cinque anni. La verità è che non ragionai, feci tutto senza pensare, senza consultare il cervello che di certo mi avrebbe detto di annuire e di alzarmi.
Lui sembrò preso alla sprovvista dal mio gesto ma mi strinse ugualmente più forte in attesa che parlassi. Del resto quel mio gesto a primo impatto non voleva dire nulla anzi, era molto facile equivocarlo.
"Sono appena le sei del mattino, ho sonno" protestai schiacciando le labbra contro il tessuto della sua maglietta nera, lui sospirò ironicamente per poi ridere.
"La bambina ha sonno.. vuole anche che le cambi il pannolino?" chiese poi spettinandomi i capelli, io gli strinsi il polso facendolo gemere e prendendomi una piccola soddisfazione.
"Ho fame" ripetè poi.
"Oh andiamo.. non dirai sul serio?" chiesi poi aprendo gli occhi, lui sembrava davvero serio tantè che rimase un po' a fissarmi come incerto di aver capito bene, sospirai passandomi una mano fra i capelli.
"Oh e va bene" sbuffai.
Non sapevo il perchè avessi accettato, infondo se avessi ragionato gli avrei urlato contro di non disturbarmi ma in quella situazione nulla era ragionato, nemmeno lui stava usando la mente ne ero certa. In caso contrario non mi avrebbe tenuta stretta tutta la notte e mi avrebbe già cacciata in camera da molte ore.
Nessuno era più il duro e freddo Justin o Evelyn del momento, non so nemmeno io cosa fossimo diventati.
Respirai profondamente mettendomi seduta per poi passarmi una mano sul volto e mettermi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mi alzai e non appna misi i piedi per terra sentii tutto il freddo del pavimento diffondersi nel mio corpo e non riuscii a non rabbrividire. Sentii Justin ridere alle mie spalle il che m'innervosì, la sua vena ironica ma talvolta odiosa non sarebbe mai andata via, sapevo bene che per quanto mi avesse detto che non mi avrebbe più chiamata con quell'odioso soprannome di certo non mi avrebbe trattata in modo diverso. Ero consapevole del fatto che avrei dovuto approfittare e di conseguenza godermi quel breve momento di pace tra noi.
Finalmente mi alzai da letto andando verso il corridoio, iniziai a scendere le scale sentendo ogni volta i passi di Justin seguire a ruota i miei, quasi fosse stata un'ombra.
Entrai in cucina e non feci in tempo ad aprire la credenza che due mani forti, forse troppo, mi presero i fianchi stringendoli, quasi in modo ossessivo oserei dire.
"Faccio io" non capii subito le sue parole anzi, mi sembrò di aver sognato ma non feci in tempo a dar voce o senso ai miei pensieri che mi sentii sollevare da terra. Strinsi subito le mani attorno ai suoi avambracci che mi sfioravano i fianchi, mi posò sopra l'isola di marmo al centoro della cucina dandomi un'occhiata con la coda dell'occhio.
"Credevo di dover preparare io la colazione" dissi incoriciando le gambe e posando il gomito del braccio destro contro uno di esse per reggermi la testa.
"Scherzi? Mi avveleneresti" disse poi senza guardarmi anche solo per un secondo, io sorrisi consapevole che del resto non sarebbe stata una cattiva idea e che le sue "paure" infondo non erano poi così ridicole.
"Astuto Bieber" risposi saltando giù dalla piccola isola toccando nuovamente il pavimento con i piedi freddi, non appena mi avvicinai al frigorifero accanto a lui e lo sentii sbuffare. Cos'era infastidito forse? Quasi risi al pensiero, ridicolo credere che si fosse infastidito perchè mi ero avvicinata al frigorifero, di casa mia per di più.
"Perchè sei qui?" chiese poi con quel suo tono che nascondeva stanchezza, rabbia, disapprovazione e talvolta noia. Alzai un sopracciglio inclinando la testa verso di lui, forse per capire se avevo davvero sentito bene, quel ragazzo era davvero impossibile da capire.
Una bomba ad orologeria o se preferite una mina vagante, pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
"E' casa mia" risposi ovvia.
"Ti ho detto che faccio io" rispose poi in modo freddo voltandosi verso di me e facendo sbattere sonoramente la piccola porticina in legno della credenza appena sopra le nostre teste.
"Oh finiscila..." sbuffai dandogli le spalle, sentii subito la sua presenza avvicinarsi al mio corpo fino a quando le sue mani si posarono aggressive sul mio ventre che presto venne circondato dal suo braccio destro.
"Non scherzare con il fuoco" ringhiò contro la mia pelle facendomi rabbrividire.
"Lasciami subito" mi urtò non appena pronunciai quelle semplici parole, mi spinse facendomi fare qualche passo in avanti e non appena mi ristabilizzai sbuffai tornando sull'isola di marmo. Non lo capivo davvero ma forse mi ero solo illusa, illusa del fatto che avesse un cuore, illusa credendo che se mai lo avesse avuto non sarebbe stato congelato, illusa del fatto che anche se esso non fosse stato di ghiaccio lo avrebbe ulteriormente scaldato con me.
Mi passai le mani sul volto, era appena iniziata la giornata e la sua "promessa" se ne stava già andando, forse non capiva che non era il cabiamento di un soprannome a cambiare tutto. Anche se la parola pulce forse non l'avrei più sentita dire dalle sue labbra - e sottolineo forse - di certo non mi sarei sentita meglio se trattata come sempre aveva fatto, se non peggio.
Prese due bicchieri e sbattè violentemente il cartone di succo accanto a me facendomi sbuffare, il mio odio per lui, per il suo atteggiamento strafottente e irritante stava tornando più forte di prima.
"Tieni" mi porse con forza il bicchiere senza nemmeno guararmi e subito si rivolse verso il bancone afferrando il pacco di biscotti che poco prima aveva preso dalla credenza.
"Oh andiamo.. si può sapere che problemi hai?!" chiesi battendo le mani contro il marmo dell'isola, lui alle mie parole dette con tanta rabbia e frustrazione alzò gli occhi dal bicchiere ancora pieno ed ancora sul tavolo. Ecco, era tornato il solito Justin quello stronzo, quello bastardo, quello arrogante e prepotente che tutti conoscevano.
"Mi sento così stupida" sussurrai poi scendendo, sentivo il suo sguardo sul mio corpo ma non m'importava, non riuscivo a non pensare a quanto fossi stata stupida e di facile preda per lui, come avevo fatto anche solo per un secondo a credere che sarebbe cambiato in modo così radicale?
Ero proprio un'idiota.
Arrivai alla soglia della porta quando una scarica mi attraversò tutto il corpo, dalla punta dei piedi all'ultimo lembo di pelle del volto, Justin mi aveva avvolto entrambe le braccia attorno al corpo da dietro mantenendo la testa china quasi nascosta in parte, appena dietro la mia spalla.
Sentii le gambe tremare all'istante e non riuscii a non deglutire, potevo solo immaginare cosa mi avrebbe fatto ma non riuscivo proprio a non pensare alle sue mani sul mio volto che rudi e possessive mi tiravano schiaffi come quando era nervoso o come quando mi ero "permessa" di rispondergli. 
"Non mi toccare" dissi fredda cercando di liberarmi dalla sua presa ma con scarsi risultati, era troppo forte per me.
"Non fare la bambina" disse.
"Ti ho detto di lasciarmi e comunque l'unico bambino qui sei tu" trovai il coraggio di rispondere stringendo i dentri fra di loro.
Lo sentii sbuffare irritato ed aumentare la presa sul mio bacino quasi al punto da farmi gemere.
"La vuoi smettere di sfidarmi? Non ti rendi conto di cosa sto facendo per te?!" mi urlò contro poi voltandomi velocemente verso di lui. I suoi occhi erano duri e freddi ma allo stesso tempo caldi, anzi roventi e più giallognoli rispetto al solito.
"Per me.. Dio, forse non sai cosa vuol dire fare qualcosa per una persona" risposi alzando gli occhi al cielo e conficcando le unghie nei suoi avambracci ricchi di tatuaggi ormai da tempo.
"No invece, l'unica che non capisce qui sei tu!" mi rispose aumentando la presa - per quanto fosse ancora possibile - sulle mie anche facendomi serrare le labbra per non  far fuoriuscire dalla mia bocca piccoli gemiti di dolore.
"Non ho mai provato pietà per nessuno, non ho mai fatto sconti a nessuno ed ora che sono gentile, che voglio prepararti la colazione e che ti chiamo principessa, cosa che non ho fatto mai nemmeno per la mia ragazza, tu che fai?! Mi ripaghi così" sbraitò poi tutto d'un pezzo.
Quelle parole furono così grandi e dure da non riuscire a rispondere, deglutii solamente ormai senza speranza di resistere ai suoi occhi i quali avevano già catturato i miei.
Abbassai d'istinto lo sguardo. Forse era vero, forse mi aspettavo troppo da lui e non capivo che una persona come Justin non sarebbe mai potuta cambiare in modo radicale, soprattutto per me che infondo non valevo assolutamente nulla.
"Mi dispiace io..." non riuscivo a parlare, solo tre semplici parole quasi senza logica uscirono dalle mie labbra per poi spegnersi e dissolversi lentamente nell'aria. Sentii gli occhi pizzicare e dovetti fare l'impossibile per impedire alle lacrime di uscire e quindi costringerle a rimanere all'interno dei miei occhi.
"Vedi non si può parlare con te, sai solo piangere" disse poi allentando la presa e muovendomi leggermente, io mi passai una mano sopra gli occhi sospirando.
"Non è colpa mia..." dissi appena.
".. se sei abituato a luride puttane che non piangono mai poichè non ne hanno motivo dato che di te non sanno nulla" continuai poi alzando lo sguardo sino ad incontrare il suo pronta - stranamente - a reggerlo.
"Io ho la ragazza e lei non piange mai e sai perchè? Perchè è donna e non una bambina senza palle" rispose acido facendomi quasi surriscaldare, del resto era un esperto nell'irritarmi.
"Ci credo che non piange, perchè mai dovrebbe? Infondo ha quello che vuole, non avrebbe motivi di litigare e sai perchè? Perchè di te non sa nulla. Scommetto che se le chiedessi il nome di tuo padre non lo saprebbe, o il tuo film preferito o anche solo il motivo della separazione dei tuoi genitori, oh aspetta.. ammesso che ne sia al corrente" quelle parole mi uscirono senza passare dal cervello che mai a poi mai le avrebbe approvate. Sarebbero state troppo forti per qualsiasi persona la quale fosse stata nella situazione familiare di Justin, figuriamoci per lui abituato da sempre ad avere ragione, a non essere sottomesso da nessuno. 
"Sei solo una stupida ragazzina" ringhiò lui avvicinando ulteriormente il suo volto al mio, potevo respirare il suo alito con quel retrogusto all'arancia dato dal succo bevuto poco prima.
"E' assurdo, ti rispondi da sola ma poi non capisci.. sei proprio stupida" sbuffò poi, io corrugai la fronte sapendo che sarei dovuta stare attenta, non mancava molto all'esplosione di quella mina pronta ad esplodere che corrispondeva a Justin.
"Non ho paura di te.. dirò sempre quello che penso" risposi con cautela.
"E' questo che non sopporto di te, ma è anche quello che più amo" disse poi a bassa voce chinando appena la testa, alle sue parole deglutii.
Senza lasciarmi il tempo di rispondere o di ragionare mi spinse all'indietro facendomi battere la schiena contro la parete, mi circondò tutto il bacino con le braccia facendo scontrare i nostri corpi, chinò la testa arrivando con la fronte accanto al mio orecchio, parte dei capelli mescolati ai miei e il mento che solleticava la mia spalla.
Il mio cuore iniziò ad accelerare.
"Per tutti i motivi che hai detto non sei come le altre, come Bridget" disse appena contro il mio orecchio, sapevo perfettamente chi era Bridget ma non molto riguardo la sua storia con Justin.
Sapevo solo ciò che anche gli altri conoscevano, stavano insieme per convenienza non di certo per sentimenti.
"Per tutti i motivi che hai detto ho deciso che sarai la mia principessa" proseguì poi senza muoversi di un solo millimetro facendomi rabbrividire.
"Bridget deve esserlo" riuscii solo a dire.
"No.." rise poi lui solleticandomi il collo dopo aver leggermente ruotato la testa verso di me.
".. non lo sarà mai e sai meglio di me il perchè" preseguì poi. 
Deglutii a quelle sue parole, eccome se lo sapevo e anche lui, io e Bridget eravamo l'una l'opposto dell'altra e ad entrambe non dispiaceva affatto, io non sarei mai voluta essere lei tanto quanto lei non voleva essere me.
"Ti tratto così per tutti i motivi che hai detto.. perchè tu sei speciale principessa" alle sue ultime parole mi morsi il labbro senza più sapere cosa dire, sentivo il suo corpo premere contro il mio, le sue labbra solleticarmi il collo, le sue mani accarezzarmi la schiena e le sue braccia cingermi la vita.
"Che state facendo voi due?!"
Oh no, Chris.

I'm Danger (Justin Bieber)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora