Diego

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Un ago in un pagliaio.

Non c'era definizione più calzante di quella: cercare Rebecca avendo il nome di tre città enormi, nelle quali la catena di negozi in cui lavorava erano diversi era un vero e proprio rompicapo.

Dopo aver rintracciato tutti e gli otto i negozi - sì, perché erano otto negozi sparsi nelle tre città che mi aveva elencato l'ex collega di Rebecca -, avevo provato a contattarli telefonicamente per chiedere informazioni.

Niente da fare.

Per questioni di privacy, non potevano fornire i nomi delle dipendenti e, per quanto avessi insistito, ero rimasto con un pugno di mosche in mano.

Da Milano potevo facilmente raggiungere Bologna, trovando una scusa con Sara per starmene fuori di casa per un giorno intero, ma Firenze?

Per non parlare di Cagliari.

Avrei dovuto prendere un aereo, dormire fuori...

Come avrei potuto giustificarlo a Sara?

I rapporti tra di noi erano quelli di due nazioni sull'orlo di una guerra: non ci parlavamo molto, se non per passarci informazioni di servizio - occorre comprare il pane, esco a buttare l'immondizia, stasera torno tardi perché mi fermo in ufficio a fare degli straordinari... Ci osservavamo da lontano, lei tentava di capire cosa mi passasse per la testa, mentre io cercavo le tracce della donna che credevo di aver amato.

Non avevamo più messo sul piatto i nostri sentimenti, anche perché io non sapevo cosa volevo o cosa provavo per lei. Se provavo ancora qualcosa per lei.

Era certamente qualcosa sul quale dovevo riflettere bene, perché l'idea di gettare il nostro matrimonio alle ortiche era qualcosa che mi atterriva e lasciava senza fiato, al tempo stesso, però, sapevo che non potevo continuare a vivere in quella bolla asettica in cui non era mia moglie, ma solo una coinquilina.

Non la toccavo da due mesi, non facevamo più né sesso, né l'amore.

Non la cercavo più e lei si era abituata a darmi le spalle, quando andavamo a letto.

Sei mesi di matrimonio ed eravamo già a questo punto.

Se solo sei mesi prima mi avessero detto che la mia decisione di sposarla avrebbe segnato la fine del nostro rapporto, non ci avrei creduto: avevo rinunciato a tutto, pur di stare con lei e, fino a quel momento, ero stato certo che sarei stato in grado di voltare pagina, dimenticare Rebecca e andare avanti, costruire qualcosa con Sara, avere una famiglia, dei figli.

Adesso, l'idea di mettere al mondo dei figli con lei mi spaventava, perché sapevo che non saremmo stati in grado di fornire loro quell'equilibrio che ogni bambino si merita. Al momento eravamo due foglie sballottate dal vento, senza alcuna direzione o progetto: non c'erano fondamenta buone per quella casa in cui abitavamo, era stata costruita su una palude e, non a caso, la prima volta che avevo fatto l'amore dentro a una di quelle stanza non era stato con mia moglie.

Quel giorno era ancora vivido nei miei ricordi, come fosse successo appena il giorno precedente.

Ci avevo pianto su un fiume di lacrime, avevo provato con tutte le mie forze a dirmi di dimenticare, di fermarmi, di fare un passo indietro e riconsiderare tutta la mia vita da una prospettiva che non comprendesse più Rebecca e il suo sorriso meraviglioso... Non ci ero riuscito, non potevo farlo, perché, per me, vivere senza di lei era come... non vivere.

Mancava l'aria, mancava il respiro, non era più vivere, ma lasciare che le giornate si susseguissero in serie senza un ordine preciso, senza voglia, senza stimoli. Sara non era abbastanza, non lo sarebbe mai stata, non in un mondo dove Rebecca viveva, da qualche parte.

SEGRETI SVELATI (Sequel di SEGRETO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora