Rebecca

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Beh, questo non era proprio quello che mi aspettavo.

Mi ero aspettata che fosse felice, che mi facesse qualche battuta divertente (non potevo ridere molto, però, con quel taglio da macellaio che mi avevano fatto sul basso ventre), che dicesse qualcosa sulla bambina.

Non che mi baciasse.

Era proprio l'ultima cosa che pensavo sarebbe successa.

Lì per lì, non avevo pensato al perché, alle sue motivazioni, a ciò che lo aveva spinto a fare qualcosa del genere.

No, lì per lì avevo pensato solo che volevo quelle labbra su di me.

Malgrado il parto, malgrado mi avessero prima detto che avrei partorito la mia bambina in modo naturale, ma, dopo una serie di manovre inutili, mi avevano punto la spina dorsale, per poi tagliarmi la pancia per estrarla sporca, insanguinata e in lacrime così forti che mi avevano scosso il cuore. Malgrado me l'avessero appoggiata, tutta lurida di un liquido strano, sul petto e quella cosa piccolina e calda si era calmata subito, mentre il dottore mi ricuciva, aiutato dall'assistente che veniva ricoperta di insulti perché non era troppo sveglia. Malgrado tutto quello che avevo passato nelle ultime sette ore, adesso che la mia bimba sonnecchiava tranquilla sul mio petto, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che lui mi aveva baciata.

Di getto, d'impulso, sull'onda del momento, trasportato dall'emozione, ma quanto era stato bello?

Era possibile superare la montagna di ricordi che Diego aveva lasciato dentro al mio cuore?

Era possibile dimenticarlo?

Dimenticare il suono della sua voce, ciò che ci aveva legati, le promesse che ci eravamo sussurrati all'orecchio, tutto quello che avevamo superato insieme? Dimenticare i ricordi, il suo viso, le sue carezze, quello che eravamo stati? Dimenticare che quella che tenevo tra le braccia era anche sua figlia?

Era possibile vivere, dopo di lui?

Lui che aveva tenuto in mano il mio cuore fin dal primo giorno, l'aveva tenuto così stretto fino a soffocarlo, a renderlo freddo, incapace di amare ancora.

Quando mi aveva baciata, avevo chiuso gli occhi e mi ero sentita bene, cosa che non pensavo possibile fino a quel momento: avevo sempre pensato che non avrei potuto mai baciare nessun altro, a parte Diego, che aveva la mia anima, il mio cuore, ogni cellula del mio corpo.

Diego, il padre di mia figlia, l'uomo che avevo amato da sempre, l'unico che avessi mai davvero amato.

Non potevo lasciarlo andare, non volevo lasciarlo andare.

Niccolò si era staccato da me con aria colpevole, quasi fosse stato colto con le mani nel sacco. Non ero riuscita a dirgli niente, lui si era allontanato piano, quasi al rallentatore, quasi rendendosi conto lentamente di ciò che aveva appena fatto.

Non volevo si sentisse in colpa.

-Ho sete - dissi, cercando un diversivo. Lui si guardò intorno a disagio e, quando vide una bottiglietta d'acqua appoggiata sul comodino, si affrettò a porgermela - me la potresti aprire? Non posso fare sforzi, sai, la ferita...

-Certo, certo - arrossì furiosamente e provai l'istinto di accarezzargli la guancia ricoperta di una barba leggera. Svitò il tappo e me la porse, evitando con cura il mio sguardo.

Bevvi a lungo, un po' disidratata, poi richiusi la bottiglietta che lui riappoggiò subito sul mio comodino.

-Ho perso molto sangue - gli dissi e lui si sedette, concentrato, ad ascoltarmi - mi hanno chiesto se voglio fare una trasfusione, perché ho rischiato un'emorragia.

SEGRETI SVELATI (Sequel di SEGRETO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora