Rebecca

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Beatrice quel pomeriggio era parecchio irrequieta, forse sentiva l'arrivo della primavera, forse erano le colichette, ma non sopportava di stare in braccio, sdraiata o nella sua sdraietta multi-accessoriata.

Mihaela aveva perso la pazienza molto in fretta, così l'aveva presa in braccio e mi aveva detto che l'avrebbe portata fuori per una passeggiata in carrozzina.

-Tutti i bambini si calmano, se li porti a passeggio: questa indemoniata non sarà un'eccezione. Tu riposati.

Il tono perentorio della sua voce non mi aveva lasciato molte alternative: Mihaela poteva essere brusca e quasi aggressiva, ma adorava la mia bimba e, in fondo, questa era l'unica cosa che importava. Il fatto che la sua brutalità mi facesse spesso ridere e che fosse diventata una confidente, un angelo custode e un'amica non erano da meno.

Mi feci una lunga doccia, con tanto di scrub corpo e maschera viso. Il lusso di cantare a squarciagola sotto la doccia, con il flacone di docciaschiuma in mano come un finto microfono. Mi spazzolai i capelli, mi cambiai da capo a piedi, indossando una paio di pantaloni da ginnastica e un maglione avvolgente: avevo perso tutti i chili della gravidanza in poco tempo, ma mi sentivo ancora a disagio col mio corpo.

Non appena avessi potuto ritornare in palestra, contavo di rassodare tutto ciò che era caduto negli ultimi mesi.

Sul divano, feci qualcosa che non facevo da tempo, probabilmente da prima della nascita di Beatrice: ripresi in mano Duma Key, il romanzo di Stephen King che avevo interrotto da quella notte fredda in cui era nata la mia bambina.

Era bello avere la libertà di qualche ora da trascorrere da sola con me stessa, perché era vero: ero la madre più felice del mondo, la donna più realizzata e fortunata di tutte, ma una parte di me sentiva ancora forte il bisogno di trascorrere del tempo di qualità in totale solitudine.

Apprezzavo che Miki lo sapesse e mi concedesse qualche momento solo per me.

Non era molto, ma mi bastava per ricaricare le pile, sentirmi di nuovo in forma e un po' più umana. Essere madre non doveva soffocare ciò che ero, non poteva essere una totale spersonalizzazione della donna che ero stata prima: non volevo diventare una di quelle madri che sono madri e basta, volevo ancora avere sogni, fare progetti, volevo indossare tacchi alti e vestiti eleganti, volevo truccarmi e il fatto di avere avuto la mia piccola non mi avrebbe tolto tutto questo.

Mi mancava il mio lato sensuale, mi mancava sentirmi desiderata, il che era un pensiero un po' sciocco e infantile, ma era pur sempre un desiderio sincero.

Sull'orlo dell'autocommiserazione, suonò il campanello di casa: la passeggiata di Bea era durata davvero poco.

-Sono io, mi apri? - rispose Niccolò al citofono e, per qualche irrazionale secondo fu colta dal panico.

Ero in ordine?

Ero carina?

Perché mi importava così tanto?

Quando era nata Beatrice, mi aveva baciata, ma, dato che, poi, non aveva più affrontato l'argomento, sebbene ne avesse avuto occasione almeno altre mille volte, avevo pensato che fosse stato un gesto istintivo, un'emozione irrazionale del momento, qualcosa fatto d'impulso che non avrebbe mai fatto a mente fredda. Io stessa non avevo avuto il coraggio di chiedergli nulla, perché illudermi sarebbe stato uno sbaglio e ricevere un rifiuto mi avrebbe colpita e affondata. Dopo tutti quei mesi, mi ero convinta che la sua fosse una semplice amicizia genuina, una boccata d'aria fresca, ma niente di più. Era affezionato a Beatrice, la riempiva di regali, era dolcissimo, la trattava come una figlioccia, tanto che pensavo che avrei potuto chiedergli di farle da padrino insieme a Miki, ma non aveva una cotta per me.

SEGRETI SVELATI (Sequel di SEGRETO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora