Niccolò

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Ero uscito dalla scuola di danza come un ladro.

Mi vergognavo di me stesso e di quanto fossi stato cieco e stupido.

Eppure, a quel punto, alla mia età, avrei dovuto essere più sveglio, aver colto i segnali, perché erano tutti davanti ai miei occhi, solo che avevo rifiutato di riconoscerli.

Parlava sempre di lui.

Era stato il grande amore della sua vita.

Sperava ancora che tornasse.

Era il padre di sua figlia, cazzo.

Lui si era presentato come una specie di apparizione mistica: non annunciato, inatteso e cogliendo tutti di sorpresa. Bello e tenebroso, nemmeno fosse uscito da un film romantico in bianco e nero: il sogno diventato realtà. Che meraviglia.

Un compagno di ballo.

Non riuscivo a togliermi quella cosa dalla testa: io ero innamorato di lei, avevamo parlato, pensavo che le cose, tra noi, fossero relativamente chiare.

Invece no, dato che ero solo qualcuno con cui lei, ogni tanto, ballava.

Non ero il suo ragazzo, la persona che amava, non ero nessuno, solo un ragazzo con cui, quando aveva tempo libero, passava un'ora o due.

Qualcuno con cui ballava, come se fosse stato semplice.

Cazzo, io non ballavo con la prima che passava. Non montavo coreografie per lei, accidenti, ero così arrabbiato che mi si appannava la vista.

Non volevo piangere.

Non avrei pianto.

No, cazzo, ero un uomo. E gli uomini non piangevano mai.

Allora, perché avevo le lacrime agli occhi?

Probabilmente, per lei non ero abbastanza.

Mi aveva già accantonato, dimenticato, ero solo una macchia sfuocata nel suo passato, qualcuno che non aveva molta importanza, perché era stato solo di passaggio.

Aveva detto che le importava di me, che ci teneva, che ci avrebbe provato.

Adesso mi restava solo l'idea del suo profumo e mi uccideva, perché sapevo che, col passare dei giorni, lei sarebbe tornata con lui e io sarei stato costretto a vederla.

Lei felice, lei che si rifaceva una vita con l'uomo che le era sempre stato destinato.

Non spariva quella terribile sensazione che non avrebbe mai più avuto bisogno di me, di vedermi, di passare del tempo in mia compagnia, di ridere alle mie battute, di iniziare, anche se con un po' di timidezza, a costruire un futuro insieme.

Adesso non c'era più niente e mi sembrava di annegare, di cadere nel vuoto, solo che la caduta non terminava mai e continuavo a cadere per sempre.

Mi sedetti in macchina e appoggiai la testa contro il volante.

Avevo abbassato le mie difese e questo era ciò che avevo ottenuto: un pugno di mosche, sabbia che mi era scivolata via dalle dita, mentre mi ero illuso di avere costruito un castello su basi solide.

Che cosa sarebbe successo adesso?

Sarei stato retrocesso a vero e proprio compagno di ballo?

Avrei potuto continuare a frequentarla?

Volevo continuare a frequentarla?

La odiavo, la odiavo, la odiavo.

Anzi, no, io l'amavo ancora.

SEGRETI SVELATI (Sequel di SEGRETO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora