Diego

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-Ehi, ma ciao, come stai? - il tono allegro della voce di Filippo mi faceva capire che le cose tra lui e Walter procedevano alla grande: Filippo era una di quelle persone che quando era felice di cuore riusciva anche ad avere automaticamente una vita felice. Era un romantico di natura, un sognatore, qualcuno che, in amore, dava tutto e pretendeva tutto, ma nel miglior significato della termine.

-Bene - mentii, stringendo forte il telefono: quella era l'ultima chiamata concessa a un condannato a morte e dipendeva tutto dalle sue parole. Fare quella telefonata mi era costata moltissimo in termini emotivi: mi era mancato il coraggio e avevo composto il suo numero almeno venti volte e, compiuta quell'azione, mi ci erano voluti altri venti tentativi prima di riuscire a lanciare la chiamata.

Adesso che era dall'altra parte della linea, non sapevo più che dirgli e il discorso che mi ero preparato in testa era evaporato come ogni altro pensiero.

-Anche io sto bene - rispose dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio. Certo, avrei dovuto chiederglielo, ma la mia mente era altrove. Ci avevo messo quattro mesi a fare quella telefonata, ad armarmi del coraggio sufficiente per comporre il suo numero e chiedere di lei, che non era mai uscita dalla mia mente, ma adesso non avevo più le parole, non sapevo più che dirgli o perché dovessi dirglielo.

-Walter?

-È a un colloquio di lavoro, - mi disse con leggerezza, quasi non avesse notato il mio imbarazzo - pare proprio che non seguirà le orme di famiglia. Ha scelto una carriera diversa, qualcosa più affine alle sue corde.

-Buon per lui, è un bravo ragazzo e si merita il meglio, ancora mi ricordo di quando... - stavo divagando e non serviva a niente e la mia voce si smorzò a metà frase, perché non sapevo cosa volessi dire davvero, così mi bloccai di colpo, un po' imbarazzato - Ale come sta?

Rimase interdetto alla mia domanda e non rispose subito, quasi stesse prendendo tempo per elaborare una frase sensata. Lo capivo: era il mio migliore amico, perché avrei dovuto chiedere a lui?

-Non l'hai sentito? - chiese, esitante e riuscii a sentire le rotelle che giravano dentro al suo cervello, quasi stesse mettendo insieme i complicati pezzi del puzzle che erano le nostre vite e le dinamiche che ci univano.

-Non ho mai tempo di chiamarlo - mentii ancora, sentendomi una merda.

-Ci vediamo poco: al momento è tutto assorbito da Erica. E da suo figlio, ovviamente. Sembrano molto felici, chi l'avrebbe mai detto?

Io, io l'avrei detto.

In fondo, Alessandro era destinato a stare con Erica, non tanto per il figlio che avevano in comune, ma perché erano anime gemelle e, nel reciproco egoismo, riuscivano a completarsi. Non era una cattiveria, ma un dato di fatto: Alessandro, anche per via del suo passato, era stato abituato a considerare se stesso il centro del mondo. Non lo era, ma ne era convinto.

Per un motivo o per l'altro, Alessandro riusciva a cadere sempre in piedi e, per questo, un po' l'invidiavo.

Forse questa volta sarebbero stati felici.

-Sono felice che abbiano sistemate le cose, sopratutto per Federico. E per...

-Non mi hai chiamato per Alessandro, vero? - sbottò spazientito e il repentino cambio del suo tono mi prese in contropiede - Non hai chiamato per sapere come sto io, o come se la passa Walter, mi sbaglio? Sii sincero, una volta tanto, assumiti le tue responsabilità e - trattenni il fiato e, in quel preciso momento, capii che doveva sapere molto più di quanto credessi - chiedimi quello che davvero vuoi sapere.

Avrei potuto negare l'ovvio, dirgli che mi aveva frainteso, che volevo sinceramente sapere come stessero tutti i miei vecchi amici che non vedevo da tempo... Certo, avrei potuto farlo, ma il cuore mi batteva così forte che temevo mi sarebbe venuto un infarto.

SEGRETI SVELATI (Sequel di SEGRETO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora