Dead Against It

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She is the apple in my eye
[...] And when she's dreaming, I believe

*

Savino illuminò con la torcia la strada che si arrampicava sulla schiena del monte. La pavimentazione era in condizioni pietose: i blocchetti quadrati di pietra usati per lastricare la via sporgevano ad angoli irregolari, erano chiazzati di muschio e, qua e là, erano stati divelti lasciando profonde buche.

Rebecca gli si fece accanto. "Sembra che nessuno qui abbia fatto uno sputo di manutenzione dai tempi in cui andava di moda la camicia nera."

"Secondo me, dall'Unità d'Italia!"

Percorrere quella mulattiera a pedali era fuori discussione. Savino prese il manubrio della mountain bike e la condusse al suo fianco, come un animale docile.

Iniziarono a risalire la strada, ma avevano fatto appena dieci passi quando Savino mise il piede su un sasso pencolante e rischiò di inciampare e finire a terra.

"Tutto ok?" chiese Rebecca, inclinando la testa con fare metà divertito e metà apprensivo. Dal suo chignon spettinato sfuggivano lunghe ciocche scure che le circondavano la testa e le incorniciavano il viso. Savino osservò che aveva gli occhiali messi di traverso. La trovò bellissima.

"Sì, tranquilla, era solo un sércio traditore."

"Meglio se ci prendiamo per mano," propose Rebecca.

Savino sentì le dita della ragazza che lo accompagnava scivolare intorno alle sue e, all'improvviso, il ripido sentiero gli sembrò un tappeto rosso steso davanti ai suoi piedi, mentre il peso del suo corpo diventava pari a quello dell'aria che lo circondava.

Quando lui e Rebecca si erano presi per mano a Villa Riccio, poco prima, l'entusiasmo per la fuga aveva sommerso ogni altra emozione; stare con le mani unite in quel momento, nel buio e nel silenzio e camminando affiancati, a piccoli passi... beh, era tutta un'altra cosa.

La felicità gli aveva annodato la lingua. Anche Rebecca era silenziosa. Per un po' si limitarono ad avanzare mano nella mano, attenti a dove mettevano i piedi e senza dire nulla. Salirono una rampa di scale irregolari, poi girarono a destra, percorrendo il primo tornante. Savino ricordava che ci fossero almeno una dozzina di quelle curve ripide a separarli dalla cima del monte.

"Allora, non l'hai visto Titanic?" chiese poi Rebecca, sommessamente.

Savino ridacchiò. "No, non l'ho visto. Mi sa che non è il mio genere."

"Sav, questo non è un buco nella tua cultura, è una voragine," sentenziò Rebecca. "Se non lo vedi ti mancano un sacco di riferimenti. Tipo il dibattito chiave: Jack e Rose ci stavano entrambi su quella porta, o no?"

"Mi dispiace per questa mia mancanza. Magari possiamo vederlo insieme, una sera di queste," buttò lì Savino. "Non contemporaneamente in streaming. Dico proprio io e te, nello stesso posto, che lo guardiamo. Con i popcorn."

"Eh, dobbiamo aspettare che il governo ci dia la libera uscita, per fare questa cosa," sospirò Rebecca.

"Purtroppo sì. Com'è possibile che pure guardare un film insieme è diventata un'utopia?"

Rebecca allargò la mano che non stringeva quella di Savino e la fece ricadere, accompagnando quel gesto con un mugugno di rassegnata insoddisfazione.

"Almeno stiamo insieme adesso," commentò, con un sorriso nella voce. "Se permetti, andare in giro per Roma di notte è molto meglio che guardare un film."

"Concordo," replicò Savino. "E pensare," aggiunse, senza resistere alla tentazione di punzecchiare Rebecca, "che mi avevi detto che facevo una cazzata a uscire durante la quarantena. E invece, alla fine, hai seguito il mio cattivo esempio..."

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