Wild is the Wind - II

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Quando l'automobile si fermò a Viale Gelsomini, davanti alla palazzina di Sid, Rebecca slacciò la cintura di sicurezza, ma non si mosse dal sedile.

"Non vai?" chiese suo padre, sollevando le sopracciglia e spegnendo il motore con un mezzo giro di chiave.

Rebecca indicò l'autoradio. "Voglio solo finire la canzone," spiegò.

"Non mi sembra il tuo genere," commentò papà, allungando le orecchie per seguire il flusso della musica. "Chi è questo che canta?"

"Frah Quintale. 8 miliardi di persone. E sì," disse Rebecca, alzando le mani come chi è stato colto in fallo, "non è il mio genere e non credo che questa canzone passerà mai alla storia della musica, però ammetto che mi fa piacere ascoltarla. È... orecchiabile. Carino anche il testo, no? Dirti che ti amo è un volo dal secondo piano, un incidente in bici contro un carro armato. Insomma, ci si può relazionare molto a una sensazione del genere."

"Non c'è bisogno di giustificarsi," replicò suo padre, divertito, "per una volta che ascolti la musica che piace alle pischelle della tua età, invece di canzoni registrate trent'anni prima che nascessi, da gente che nel frattempo è morta."

Rebecca sbarrò gli occhi. "La musica che piace alle pischelle della mia età?" ripeté, inorridita. "Pa', ma come parli? Come ti esprimi?"

"Che ho detto? Non si dice pischelle?"

"Lasciamo perdere." Finita la canzone, Rebecca prese la sua borsa a tracolla punteggiata di spillette e spalancò la portiera dell'auto.

"Un'ora," le ricordò suo padre. "Ci vediamo all'uscita del parco."

Rebecca si fermò con una gamba fuori e una dentro e annuì. "Ok. E, papà... grazie per il passaggio."

"Niente, niente. Tieni presente che, tecnicamente, sei ancora in punizione," rispose lui, cercando un tono burbero, ma lasciandosi sfuggire un sorriso. "Se l'hai promesso a Maria, vuol dire che per voi è una cosa importante."

"Lo è."

"State attente, però. Hai preso la mascherina? L'igienizzante?"

Rebecca batté la mano sulla borsa. "Ho tutto qui."

"Dai, ci vediamo dopo, allora." Gli occhi di papà percorsero tutta la lunghezza del viale alberato, fino al largo incrocio con Via della Marmorata. Sembrava stupito di avere di nuovo tutto quello spazio a disposizione. "Vado a fare un giro."

Rebecca salutò con la mano e corse al portone del condominio, fremendo per l'impazienza. Suonò il citofono, annunciò a gran voce il suo arrivo e restò nel vialetto d'ingresso ad aspettare. Non riusciva a stare ferma e il gran caldo la rendeva ancora più irrequieta. Mentre aspettava, batté il piede a tempo con 8 miliardi di persone (che le era rimasta in testa), mise e tolse gli occhiali da sole, inforcò la mascherina, prese le conchigliette appese alla treccia e iniziò a farle girare fra le dita.

Lo scatto del portone la fece sussultare.

Sid emerse lentamente dalla soglia, stringendo gli occhi davanti alla luce come una carcerata appena uscita dall'isolamento. Indossava una giacca jeans e la canottiera dei Bad Religion con la croce sbarrata che le procurava sempre una gran quantità di occhiatacce, quando la sfoggiava in giro. I capelli verde prato erano uno scoppio di allegria incongrua sopra il viso pallido e tirato e la mascherina chirurgica.

Rebecca frenò l'impulso di correrle incontro e abbracciarla. Ricordati di stare attenta.

Gli occhi di Sid sorrisero con un'ombra di stupore e Rebecca pensò che tutte le persone che aveva visto, quel giorno, avevano la stessa espressione: come se fossero incredule di ritrovare ogni cosa dove l'avevano lasciata due mesi prima.

Una playlist per la fine del mondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora