As long as there's sun
As long as there's rain
As long as there's fire
As long as there's me
As long as there's you*
Le giornate di Savino erano tornate a essere lunghe, vuote e noiose.
Era passata una settimana da quando il suo tentativo di baciare Rebecca si era concluso in un disastro. No, peggio: si era concluso nel nulla.
Rebecca gli aveva mandato un lungo messaggio vocale, qualche ora dopo. Parlando per mezze frasi esitanti, si era scusata per essere andata via di corsa, spiegando che si era innervosita per via della vicinanza fisica fra loro. Aveva paura del virus e di passarlo ad altri. Aveva sorvolato completamente sul fatto che lui l'avesse quasi baciata.
Ma non era stato quello il peggio. Subito dopo, Rebecca aveva aggiunto che non potevano più incontrarsi in cortile, almeno fino alla fine del lockdown. C'era stato un focolaio di Covid al minimarket e la signora Russo, quella vecchietta simpatica con il cane che abitava nella palazzina davanti, si era presa il virus ed era morta. La madre di Rebecca era andata nel panico e le aveva ordinato di stare murata in casa.
Savino avrebbe voluto credere a quella spiegazione senza farsi delle paranoie. Avrebbe voluto, ma non ci riusciva. Il focolaio al minimarket c'era stato davvero e la povera signora Russo era davvero finita al cimitero per colpa del Covid; aveva senso che i genitori di Rebecca fossero spaventati. Eppure, com'era possibile che Rebecca non fosse riuscita a sgattaiolare fuori nemmeno per cinque minuti, durante quella settimana? E se non avesse voluto vederlo? Se, dopo quel bacio mancato, la sua presenza la mettesse a disagio, perché lei, Rebecca, non aveva mai nutrito nei suoi confronti sentimenti diversi dall'amicizia?
Per tutti quei giorni si era lambiccato il cervello, ripercorrendo infinite volte il momento del non-bacio e desiderando poter mandare indietro il tempo e fermarsi. Forse, se fosse stato più cauto e non stupidamente impulsivo come al solito, Rebecca non si sarebbe allontanata da lui.
Invece, aveva rovinato tutto. Come un bambino ingordo, aveva strappato dal ramo un frutto ancora acerbo. Aveva girato il cucchiaio nel verso sbagliato e fatto impazzire la maionese. Aveva aperto il forno troppo presto e il soufflé si era sgonfiato. Che cazzo, perché gli venivano in mente solo metafore alimentari?
Lui e Rebecca continuavano a mandarsi messaggi, naturalmente. Si salutavano anche dalla finestra. Ma c'era un enorme non detto fra loro, quello che la sua vicina avrebbe sicuramente chiamato un elefante nella stanza. Era quel mammut lanoso ad accorciare le loro conversazioni, a rendere forzate le battute che si scambiavano, a farlo sentire troppo in imbarazzo per mandare a Rebecca qualche altro messaggio con il testo di una canzone che lo faceva pensare a lei.
E tu sei brava a farmi male, a farmi la guerra, a dimenticarmi a casa quando sei di fretta... quante cazzo di volte aveva ascoltato Otto miliardi di persone! L'aveva ascoltata fin quando la nostalgia di Rebecca non era trascolorata in sordo risentimento, e l'affetto verso di lei aveva iniziato a sporcarsi di rabbia. A volte il pensiero di Rebecca lo infastidiva. A volte desiderava non averle mai rivolto la parola, quando l'aveva vista seduta per la prima volta su quella panchina. La loro panchina.
Non per questo, però, sentiva di amarla di meno. Al contrario, l'amore che provava per Rebecca si era ingigantito fino a riempire ogni suo pensiero, fino a premere su ogni singolo momento di quelle giornate di quarantena infinita, giornate che erano solo lunghe sequenze di stupide ore trascorse fra lezioni in video alle quali non prestava attenzione, e serie tv che lo annoiavano e videogiochi che lo stordivano e stanche sessioni di autoerotismo insoddisfacente.
E poi finisce sempre così. Non ci si vuole più bene.
Colpa sua, del resto. Che stupido che era stato a pensare che Rebecca potesse ricambiare i suoi sentimenti. Intanto, c'era la questione dei loro anni: lui che ancora arrancava nei quindici, lei che aveva raggiunto i sedici; quel numero rotondo, dal suono maturo, che sembrava già preludere alla maggiore età. E poi, Rebecca andava bene a scuola (anche in DAD), aveva un sacco di amiche con le quali manifestava contro la crisi climatica e dibatteva di politica e diritti delle minoranze, aveva un fratello maggiore quasi antropologo che le raccontava di come si viveva in Inghilterra.
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Una playlist per la fine del mondo
Teen FictionRebecca e Savino hanno la stessa età, sono vicini di casa ed erano amici da bambini, prima di allontanarsi, come spesso capita. In un giorno come un altro, il Coronavirus arriva inaspettato a sconvolgere le vite di tutti: l'Italia è in lockdown, i c...