"Heroes" (epilogo)

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And we kissed, as though nothing could fall

*

Il profilo disegnato dal corpo di Rebecca sul letto disfatto era come il paesaggio di un luogo meraviglioso e inesplorato. Le alture arrotondate, le morbide valli, la cascata soffice e scura dei capelli, gli occhi come laghi scintillanti. Savino, disteso accanto a lei, pensò che non si sarebbe mai saziato di quella bellezza.

Fece scivolare una gamba fra quelle di Rebecca per sentirla ancora più vicina e quando la sua parte più sensibile — una parte nella quale sembrano essere confluite tutte le sensazioni del suo organismo — premette sulla pancia di lei, liscia come il velluto, il piacere gli strappò un mugolio soffocato.

I polpastrelli di Rebecca tracciarono una linea deliziosa lungo i rilievi della sua spina dorsale.

Savino la baciò ancora.

* * *

Erano sgattaiolati in camera di Savino poco prima, come due ladri, e prima che la porta avesse finito di chiudersi si erano stretti l'uno all'altra, baciandosi senza tirare il fiato, traboccanti di frenesia gioiosa, come chi rivede la persona amata dopo esserne stato separato da centinaia di chilometri, da anni di prigionia, da oceani sconfinati e da montagne impenetrabili.

(Vale la pena sottolineare, a questo punto, che Rebecca e Savino non si vedevano da quattordici ore e ventidue minuti.)

Non avevano progettato niente, programmato niente. Non avevano nessun obiettivo in particolare, e nessun timore. Volevano solo lasciarsi spingere dalla corrente fin dove li avrebbe condotti.

Erano in piedi contro il muro e quando Rebecca aveva fatto scivolare una mano sotto la maglietta di Savino, in basso, per sfiorare le fossette che gli intaccavano il fondo della schiena, i nervi di lui si erano srotolati come stelle filanti. 

Savino l'aveva imitata e aveva sentito morbida pelle e calore sotto le dita. Rebecca aveva afferrato l'orlo della maglietta di Savino, l'aveva sollevata, sfilata di fretta, gettata via come se scottasse.

Nel giro di pochi minuti i loro vestiti erano scomparsi. Adesso giacevano sparpagliati nella stanza, simili ai relitti di un'esplosione.

Gli occhiali di Rebecca riposavano ordinatamente sul comodino.

* * *

Con gli occhi chiusi, Rebecca ascoltava il suo corpo e quello di Savino.

Le loro bocche giocavano a prendersi e lasciarsi.

Desiderò di potergli essere ancora più vicina, anche se erano già avvinghiati insieme, con le braccia come rampicanti intorno a un tronco. Desiderò essergli dentro e intorno. Desiderò che la sua pelle potesse sciogliersi nella sua.

Sentì Savino mugolare contro la sua guancia (per un motivo evidentissimo, che in quel momento premeva piano contro il suo ventre) e, dopo un momento di indecisione, fece scendere una mano fra di loro, per toccare ciò che l'aveva toccata.

Dal nuovo verso emesso da Savino, dedusse che la cosa non gli dispiaceva affatto.

"Becca," mormorò lui.

"Mmm?"

"Ehm, Becca?" ripeté Savino, solleticandole un orecchio con le sue parole.

Rebecca aprì lentamente le palpebre e mise a fuoco il viso del ragazzo, la selva di ciocche bionde spettinate, le labbra umide e semidischiuse, gli occhi luccicanti di eccitazione, emozione, una punta di spavento.

Non poté trattenere una risata leggera.

Savino la scrutò divertito. "Che te ridi?" le chiese, accarezzandole una guancia con quelle dita lunghe e affusolate che lei adorava.

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