Capitolo 12

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"Come ti senti Zahir?" a sei giorni dal mio rientro in carcere ho dovuto affrontare due interrogatori, cinque ecografie per monitorare il mio versamento in addome, troppe iniezioni, otto punti di sutura saltati e ricuciti ho perso il conto di quante volte e i soliti schifosi pasti che mi hanno obbligato a mangiare per gli antibiotici di merda che sto prendendo. Il momento più difficile è stato quando Rizos e Sole sono venute a trovarmi con Saray, hanno voluto che raccontassi loro ciò che è successo e io mi sono sentita esattamente come se stessi rivivendo ogni singolo secondo. Ma loro dovevano sapere, era giusto, le vogliono bene, ne volevano a quel bambino. Di Macarena non sappiamo nulla e io trascorro le mie giornate dormendo perché è lì nei miei sogni che la incontro ogni volta. La paura che le possa succedere altro mi sta logorando, il corpo morto di Anabel mi sta perseguitando. La voglio vedere morta. Voglio che soffra e che muoia agonizzante. Una mano del dottore si muove di fronte ai miei occhi e io lo guardo ricordandomi di dovergli ancora rispondere. Come mi sento? Morta, vuota, sola, impotente, incazzata nera, stanca, terrorizzata. Mi sento così. Ma non lo dirò ad alta voce.
"Come sta Macarena?" gli chiedo.
"Zahir, non lo so e comunque non ne parlerei con te, non potrei. - mi risponde Sandoval - Ora dimmi come ti senti per favore" insiste.
"Non lo so e comunque non ne parlerei con te, non potrei" gli sorrido ironica e lui lancia uno sguardo al cielo.
"Zahir, questa impertinenza non ti porterà da nessuna parte" mi dice.
"Ho bisogno di sapere come sta, ho bisogno di saperlo" sento il mio respiro farsi pesante e per la prima volta la paura di non rivederla si impossessa di me. E se la trasferissero perché qui è pericoloso? E se non ce la facesse? E se fosse già morta e lui ignorasse le mie domande per non dirmelo? Scaccio questi pensieri rimanendo saldamente ancorata al fatto che Maca è forte, Maca è forte.
"Non puoi ancora tornare in cella - scrive sulla mia cartella clinica - le ferite non sono rimarginate e il versamento è ancora troppo esteso, rimarrai qui ancora almeno per le prossime cinque notti, vado a chiamare Vargas" e così dicendo esce dall'infermeria. Le lacrime abbandonano i miei occhi improvvisamente rigandomi il volto, sono giorni che non appena resto sola piango come non avevo mai fatto in vita mia. Non piangevo quando mio padre mi picchiava, non piangevo quando mia madre mi diceva che ero un errore, non piangevo quando mio marito mi stuprava, ma sapere Maca in un letto di ospedale senza il suo bambino mi fa sentire così impotente e spaventata che non riesco a trattenere le lacrime. Sento un rumore e la porta dell'infermeria si apre, non mi spreco nemmeno per voltarmi, è certamente Saray. Resto così, sdraiata su un fianco in posizione fetale, mi stringo fra le mie braccia sentendo la mancanza di quelle della mia bionda.
"Zulema" è la direttrice, che cosa ci fa qui? Mi volto immediatamente scattando e sedendomi, il mio fianco viene pervaso da una fitta lancinante e mi abbandono a una smorfia di dolore.
"Come sta?" le chiedo con la voce soffocata dal male, sappiamo entrambe a chi mi riferisco.
"Sono venuta qui apposta per dirti che si sta riprendendo con più rapidità del previsto, oggi si è svegliata" esplodo in un sorriso, lo sapevo, la bionda è cazzuta, guardo la direttrice sollevando un sopracciglio, dal suo tono so che c'è altro che vuole dirmi.
"Beh?" la intimo.
"La prima cosa che ha detto è stato il tuo nome, in realtà è stata l'unica" mi fissa dritta negli occhi mentre pronuncia questa frase e io sorrido: è viva, è sveglia.
"Sa del bambino?" chiedo improvvisamente preoccupata.
"Sì, lo sa. Tra qualche giorno tornerà qui, non sarà facile per lei..." come se io non lo sapessi.
"Non sarà sola" la interrompo, ci sarò io, Saray, Sole e, anche se mi costa ammetterlo, la riccia noiosa.
"Zulema non ti capirò mai, prima la volevi fare dormire per terra e ora... - lascia la frase in sospeso ma ci penso io a completarla nella mia mente perché so perfettamente che ora io darei la mia vita per lei. Miranda riprende a parlare - Domani dovranno uscire dall'isolamento tutte e quattro, non posso tenerle chiuse li senza delle prove e questo lo sappiamo entrambe" sento il sangue ribollirmi nelle vene, la frase mi arriva alle orecchie come una doccia fredda.
"Macarena non è la prova? Io? I lividi? Le ferite? Il bambino che non c'è più?" ringhio.
"Zulema, sai benissimo che purtroppo, per quanto io ti creda, è la vostra parola contro la loro. Non c'è uno straccio di prova, sono state brave a nascondere tutto" per la rabbia lancio la scatolina che stava appoggiata accanto al mio letto, le pillole che conteneva si spargono sul pavimento e io mi porto le mani fra i capelli.
"Nessuno più si deve avvicinare a Maca. Nessuno" e così dicendo congedo la direttrice ritornando sdraiata sul letto.

Iguales o nadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora