Epilogo

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dieci mesi dopo

"Dov'è Zulema?" sento Saray fuori dalla porta, mi volto verso la soglia quando la vedo irrompere.
"Ti si sente lontano un chilometro" le dico sorridendo.
"Sei pronta hermanita?" mi chiede lisciando con le mani la gonna bianca dell'abito che indosso. Non so ancora come è successo che io mi sia fatta convincere ad indossare un abito come questo, ma Saray è stata insistente. Lei e Rizos si sono sposate due settimane dopo essere uscite dall'ospedale, una mattina si sono svegliate e hanno trascinato me e Maca in comune per firmare i documenti. Volevano che fosse ufficiale nell'immediato e non c'è stato verso di convincerle a organizzarlo con più calma. Per questo hanno riversato tutta la loro voglia di un bel matrimonio in bianco su di noi. E per quanto io non fossi d'accordo, mi è bastato vedere lo sguardo di Macarena illuminarsi a ogni fantasia di Saray per cedere.
Dal risveglio di Saray è stata una corsa continua. Pochi giorni dopo abbiamo finalmente salutato Lana nella cappella dell'ospedale, non credo nel loro Dio, ma era la sola soluzione, il corpo non poteva uscire dall'ospedale, dopotutto erano settimane che veniva conservato. È stato un giorno difficile per tutte e quattro, ho visto il dolore ritornare ad abbracciarci crudele. Il giorno successivo al funerale Maca ci ha proposto di chiedere di essere dimesse e così abbiamo fatto. Ci hanno liberate definitivamente mettendo fine alla nostra libertà vigilata, il giudice ha stabilito che forse avevamo pagato davvero abbastanza. Abbiamo riavuto i documenti e ci siamo guardate come per dire: e adesso? Una settimana dopo abbiamo fatto i bagagli abbandonando la casa che ci ricordava il dolore della perdita di Lana e di ciò che abbiamo vissuto successivamente. È stato tutto difficile, non posso negarlo. Ci siamo trasferite in un paesino tranquillo accanto a Malaga, abbiamo comprato una nuova casa più adatta ai progetti del nostro futuro. La settimana dopo si sono sposate loro e oggi, dopo mesi di preparativi in cui Saray ci ha a malapena permesso di scegliere chi invitare perché per il resto ha voluto carta bianca, tocca a noi.
"Non lo so, ho scelta?" le chiedo guardandola negli occhi.
"Zule hai sempre avuto scelta, ma in un modo o nell'altro sappiamo perfettamente che sei finita a scegliere sempre e solo lei" mi dice, le poso una mano sul ventre rigonfio accarezzando mia nipote, Estrella.
"La gravidanza ti rende più saggia Saray, ti dona, dovresti farlo più spesso" le sorrido mentre lei posa la sua mano sulla mia che ancora scivola sul suo pancione. È incinta di nove mesi e ha insistito per anticipare la data del matrimonio perché non voleva rischiare di partorire proprio quel giorno.
"Non so se Rizos sarebbe d'accordo" mi risponde ridendo e io annuisco. La frase che ripete più spesso la riccia da quando Saray è rimasta incinta? "Non sopporto più né te né i tuoi ormoni". E ha ragione, è insopportabilmente emotiva, piange e ride nello stesso momento, mangia a ogni ora del giorno e della notte. È insostenibile.
"Andiamo?" mi chiede. Io annuisco e prendo il braccio che lei mi stava porgendo.
"Non mi fare cadere" le dico.
"Mai. Sei bellissima" la guardo e vedo le lacrime che minacciano di lasciare i suoi occhi, ma questa volta non dico nulla perché so di essere nella stessa situazione. Ci sono pochi invitati: Miranda, Castillo, Palacios che è il nuovo capo delle guardie di Cruz del Norte e, grazie a un permesso speciale della direttrice, Sole, Antonia, Tere, Bambi e Akame che pare abbia insistito per poterci essere. Sembra che tranne la cinese e Sole, siano tutte prossime alla scarcerazione. Saray mi lascia di fronte all'altare su questa spiaggia stupenda e io sento il cuore impazzirmi nel petto fino al momento in cui i miei occhi incontrano quelli di Macarena che con una goffaggine di una dolcezza disarmante, cammina mano nella mano con la riccia. Le sorrido e lei ricambia raggiungendomi. In questo istante sento il respiro mancarmi e sono sicura che il mio cuore abbia perso un battito. È arte.
"Siete stupende" le dico quando la vedo, lei mi accarezza il viso e poi si guarda la pancia mentre io mi chino a lasciarle un bacio all'altezza dell'ombelico. Eh sì, ne sono successe di cose in questi mesi.

"Ma secondo voi l'idea di avere un paio di marmocchietti che girano per casa è così terribile?" esordisce Saray poco prima di lasciare l'ospedale.
"Sarebbe stupendo, la nostra rinascita" afferma Maca in risposta alla gitana. Cala il silenzio, nessuna di noi ha il coraggio di proferire parola. È stato un tacito assenso, invece che uscire, abbiamo camminato verso il reparto ginecologico, ci siamo sedute nello studio del medico e abbiamo chiesto informazioni. Nessuna di noi era pronta davvero, ma la realtà dei fatti è che i nostri cuori lo erano già da un po'. Abbiamo firmato le carte, a portare avanti le gravidanze sarebbero state Saray e Maca. Abbiamo lasciato quella stanza sapendo che avremmo dovuto aspettare una chiamata della dottoressa per aggiornarci in seguito agli esami delle ragazze, doveva accertarsi che fosse tutto a posto. Quella chiamata non arrivò mai, o per lo meno non a me e Kabila. Cinque mesi e mezzo dopo, sedute sul tappeto della nuova casa, io e la Rizos siamo diventate madri: la telefonata era arrivata e Saray e Maca, con la scusa di andare a trovare le ragazze in carcere, hanno trascorso dieci giorni a Madrid. In quei dieci giorni, a distanza di una settimana l'una dall'altra, si sono sottoposte all'inseminazione artificiale. Non ci hanno detto nulla perché la dottoressa aveva detto loro che con le loro condizioni fisiche sarebbe stato fortemente improbabile che potesse funzionare la prima volta. Ci hanno raccontato di avere fatto entrambe il test una notte di quindici giorni dopo il loro rientro a Malaga e con loro sorpresa erano positivi, tutti e due. Hanno aspettato il terzo mese per comunicarcelo, erano terrorizzate. Ci hanno regalato una di quelle stupidissime magliette con scritto "la mamma migliore del mondo", una in due. Io e Rizos non abbiamo capito, ma voltandola abbiamo poi letto la frase che c'era sulla schiena "e la zia più cool che ci sia". Due bambine. Quattro madri. Quattro zie. Due famiglie. Una casa. Abbiamo fatto tutto insieme: le ecografie, la scoperta che sarebbero state femmine, la loro stanzetta con un armadio pieno di vestitini che sono di tutte e due. Cresceranno insieme, perché noi abbiamo bisogno di crescerle insieme. E così, a una settimana di distanza l'una dall'altra, aspettiamo Estrella e Aida, che significa "colei che ritorna", perché non riesco a togliermi dalla testa che queste bambine, arrivate con una rapidità impossibile, ce le abbia mandate Lana perché una parte di lei potesse tornare da noi.

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