Capitolo 13

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"Zulema Zahir, cella 234" dice Valbuena aprendo le sbarre. Entro a testa alta con la mia divisa nera. In cella c'è solo Casper seduta sul letto, mi ero quasi dimenticata di lei.
"Zulema" esclama trattenendo il respiro come se vedermi l'avesse spaventata. Io la fulmino con lo sguardo e cerco il mio scorpione, non mi stupisco quando non lo trovo. Questi pezzi di merda l'avranno lasciato morire. Salgo sulla mia cuccetta innervosita e mi butto sul letto portando le mani dietro la testa. Il primo giorno in cui le detenute vengono rilasciate dall'isolamento dopo tanto tempo sono libere di rimanere in cella o di uscire in cortile per tutto il tempo di cui hanno bisogno, come se volessero scusarsi perché nemmeno per un'assassina stare settimane in quel buco è umano.
"Cuántos días han pasado?" chiedo a Casper senza guardarla.
"Tres meses" mi risponde senza che io debba indicarle da quando. Trattengo l'aria e il mio viso si contrae in una smorfia di dolore: tre mesi. Tre mesi in quel buco senz'aria. Allora forse non ho fatto una doccia a settimana perché me ne ricordo solo cinque, o erano quattro? O forse ho immaginato di farle? Non riconosco più la realtà dall'immaginazione, non esiste differenza quando sei in quelle celle lontana da tutto per così tanto. Chiudo gli occhi abbandonandomi al sonno agitato che mi accompagna da quando mi hanno chiusa lì dentro.

"Zule?" questa è la voce della gitana, o almeno credo, non sono sicura, non so se ricordo la sua voce. Apro gli occhi lentamente e metto a fuoco a fatica: in isolamento le luci si riaccendono ogni due ore, non sono più abituata alla luce del sole che entra dalla piccola finestra della cella.
"Hija de puta quando sei uscita?" mi sorride lei, ma io non rispondo, il mio sguardo scivola oltre le sue spalle e si posa su Macarena.
"Zulema" ha una luce negli occhi che non credevo avrebbe più avuto dopo ciò che è successo. In tutta risposta mi volto dando le spalle ad entrambe e mi rimetto a dormire, o almeno ci provo perché la faccia della bionda mi perseguita non appena chiudo gli occhi, la odio. Le sento sussurrare qualcosa, ma non mi preoccupo di capirle, non mi interessa. La sirena del pranzo suona poco tempo dopo.
"Vieni?" mi chiede Saray. Solo ora mi accorgo di avere fame, sto morendo di fame in realtà, in isolamento mi hanno dato solo pane e acqua, tre mesi a pane e acqua, rabbrividisco al pensiero. Mi alzo senza dire una parola e scendo dalla mia cuccetta, traballo per qualche secondo e subito Macarena mi prende al volo prima che io possa cadere, la guardo con l'odio negli occhi e strappo il mio braccio dalle sue mani.
"Zulema che..." mi chiede ma io la interrompo.
"Stammi lontana" e così dicendo lascio la cella. Sento dei passi alle mie spalle come se qualcuno stesse correndo, poi Saray mi prende per un braccio, mi lascia immediatamente come se avesse toccato una superficie bollente.
"Sei pelle e ossa" mentre parla si porta una mano alla bocca e gli occhi le si riempiono di lacrime.
"Sto bene" le rivolgo un mezzo sorriso che non convince nemmeno me.
"Non stai bene, perché hai fatto così con Maca? Che ti hanno fatto laggiù?" mi chiede, lo sa anche lei che l'isolamento cambia le persone. E non parlo dei tre giorni di quando aizzi una rissa o della settimana di quando ti rivolgi male alle guardie.
"Niente, non la voglio vedere" riprendo a camminare.
"Zulema tu la ami" mi dice, lei c'era, ha sentito quello che ho detto ad Anabel e ciò che ho sussurrato sulle labbra di Maca.
"Io non so amare" chiudo il discorso senza darle modo di replicare. Entriamo in mensa e il silenzio cala, tutti gli sguardi si posano su di me, l'unica macchia nera in mezzo a una marea gialla.
"Bu!" esclamo fissandole e loro lentamente riprendono a mangiare.
"Zulema!" Sole mi corre incontro e mi abbraccia, io la allontano da me schifata e lei guarda Saray che fa un'espressione di delusione.
"Grazie, grazie per aver fatto giustizia" mi sussurra Sole avvicinandosi al mio orecchio, io sollevo le spalle.
"Gracias" dice la riccia, che ci ha intanto raggiunte, incrociando le braccia al petto, io le faccio un cenno con il capo. Prendo il mio vassoio e Antonia mi sorride, sembra quasi che mi portino rispetto per ciò che ho fatto, come se mi fossero grate per davvero, tutte.
"Si vive meglio da quando..." mi spiega Antonia come se avesse letto la mia espressione.
"Da quando l'ho uccisa?" chiedo retoricamente. Lei annuisce. Anabel era una stronza, l'unica cosa per cui era apprezzata da qualcuno era il giro di droga di cui era a capo e questo la dice lunga. Tutti avevano paura di lei, nemmeno io sono stata così tanto disumana quanto lo è stata lei. Ciò che ha fatto a Macarena non lo perdona nessuno, c'è una regola non scritta in carcere: i bambini non si toccano. I pedofili, i rapitori di bambini e, peggio, chi li uccide non hanno vita semplice in carcere. Sono sicura che se non l'avessi uccisa io ci avrebbe pensato qualcun altro, non sarebbe la prima volta che si ammazza per queste ragioni.
"Ha avuto quel che si meritava" dice Saray accanto a me.
"Ciò che ha fatto a Macarena è imperdonabile" continua Antonia, quando sento quel nome mi viene un conato di vomito. Quello che ho patito in quel buco è stato causa sua, perché io ho ucciso Anabel per vendicare lei. E quando vieni torturata e fatta vivere di stenti la tua mente perde lucidità. Razionalmente voglio Maca lontana da me perché io sono stata il motivo per cui ha perso suo figlio, ma c'è una parte di me che la tiene a distanza perché lei è la ragione della sofferenza che ho vissuto negli ultimi tre mesi. E per quanto io cerchi di combattere questo pensiero, nello sfinimento di quel buco puzzolente troppo spesso ha preso il sopravvento. Non rispondo a ciò che dice Antonia, semplicemente mi volto e me ne vado cercando un tavolo in cui sedermi. Per la prima volta da quando sono entrata in carcere divoro tutto ciò che c'è sul vassoio e quando addento la mia mela mi sembra di star mangiando il cibo più buono del mondo. Per tutto il pranzo io e Saray siamo state in tacito silenzio, Macarena fortunatamente si è seduta al tavolo con Sole e Rizos.
"Zulema, dobbiamo parlare" mi dice a un certo punto la gitana. Io la guardo, la ignoro e mi alzo incamminandomi verso il cortile, mi fermo davanti alla porta e anche quando Fabio la apre rimango immobile, sono tre mesi che non respiro aria fresca, tre mesi che non vedo la luce del sole, era marzo quando mi hanno chiusa in quel buco, se la matematica non è un'opinione siamo a giugno, è quasi estate. Muovo un passo dopo l'altro come se le mie gambe pesassero tonnellate.
"È normale Zahir, piano piano" mi dice Fabio guardandomi con occhi che sembrano scusarsi per ciò che ho passato. Non capisco, che cosa è cambiato? Una mano mi si appoggia sulla spalla, mi volto e incrocio lo sguardo della gitana che mi sorride. Di tutte le persone al mondo, lei è la mia preferita. Insieme finalmente usciamo, il sole mi colpisce il viso e gli occhi facendomi quasi male, mi copro per proteggermi e sento l'aria bucarmi i polmoni.
"Zule... cosa ti hanno fatto? Dimmelo..." mi dice Saray avvicinandosi a me. Ci sediamo nel mio solito angolino, Dio quanto mi era mancato. La gitana mi porge una sigaretta, in isolamento non mi erano concesse così la accendo e inspiro a pieni polmoni.
"Mi è mancato tutto questo" le dico.
"Sono venuta qui ogni giorno al pomeriggio, da sola nel nostro posto" la guardo e le sorrido, finalmente è un sorriso sincero.
"Scusami per il pugno" le dico indicandole il naso.
"Sì, so perché l'hai fatto, non avresti dovuto, ma lo so" e così dicendo mi da un pugno delicato sulla spalla. Continuo a fumare con il viso al sole riempiendomi i polmoni di aria fresca e fumo di sigaretta. Mi sento diversa, mi fa quasi paura non essere più nel buco dell'isolamento.
"Zule lo so che l'isolamento così lungo cambia le persone, ma ti prego almeno con me non smettere di essere quella che sei. Abbiamo sempre parlato di tutto, dimmi cosa succede, per favore" ha così tanto dolore negli occhi mentre parla che mi sento quasi in colpa, ma non posso dirle quello che ho vissuto perché si sentirebbe in colpa lei per non aver ammesso la sua parte di responsabilità e qui basto io ad avere questi rimorsi di coscienza, anche perché io non glielo avrei mai permesso.
"Perché mi guardano tutti come se rispettassero ciò che ho fatto? Ho ucciso una persona senza il minimo tentennamento, l'ho uccisa torturandola e facendola soffrire. Ho organizzato tutto, sono un'assassina spietata, porto la divisa nera e nonostante tutto qui dentro sembra che mi rispettino più di quanto non abbiano mai fatto con la differenza che prima il rispetto me lo guadagnavo con la violenza, ora sembra che mi sia dovuto. Perché?" glielo chiedo senza giri di parole, voglio sapere la verità.
"Anabel ha ucciso Yolanda" mi dice.
"Lo so" rispondo.
"Non sai nulla Zule?" mi guarda sollevando il sopracciglio.
"Non si legge il giornale tutti i giorni in isolamento" lei ride.
"Dopo che abbiamo ucciso..." la interrompo.
"Che ho ucciso Saray, i muri hanno le orecchie" non possiamo rischiare che la incriminino per concorso in omicidio.
"Zule..." prova a parlare ma io non glielo permetto.
"Saray, non sono stata tre mesi in quel buco per niente, rispetta questa cosa" e lei sa perfettamente a cosa mi riferisco.
"Dopo che hai ucciso Anabel hanno svuotato la sua cella nella quale aveva lasciato degli appunti su Yolanda, probabilmente li scriveva per capire dove fossero i soldi. Fra le varie note ce n'era una che riportava il tuo nome. - io mi acciglio e lei continua - Hanno pensato che tu avessi ucciso Yolanda e che lei lo avesse scoperto, hanno pensato che hai preso al balzo la palla dell'aborto di Maca per vendicare rubito e per tappare la bocca a lei" mi spiega. Rubito, da quanto non sentivo questo nome, una lacrima minaccia di bagnarmi il viso ma io la ricaccio, ora basta piangere.
"Continua Saray" sembro quasi pregarla.
"Hanno interrogato me, Casper e le sue tirapiedi. Io e Casper abbiamo ammesso la verità, compreso il fatto di essere scese in lavanderia con Yoli. Quelle quattro idiote hanno provato a negare ma si sono tradite da sole perché avevano in cella un libro con un messaggio di Anabel che diceva 'Facciamo in modo di far ricadere la colpa su Zulema' e così hanno fatto due più due. Le hanno condannate tutte e il caso è chiuso. Quando la voce si è sparsa, c'è stata una vera e propria rivolta, Yoli piaceva a tutte e insomma tu sei diventata il simbolo, hai fatto giustizia sia per Yolanda che per rubito" mi dice.
"E le guardie?" chiedo capendo il discorso ma non sapendo come associarlo al fatto che, a parte Valbuena, pure i secóndini sembrano portarmi rispetto.
"Palacios ha riferito ciò che ha visto" si fissa la punta delle scarpe.
"Cosa?" improvvisamente mi agito.
"Il bacio con Maca e ciò che le hai detto" ammette e io batto la mano sulla rete di ferro.
"Fanculo!" esclamo digrignando i denti.
"Zulema, lo sapeva anche la direttrice" ha ragione.
"Sono stata una stupida" affermo.
"No, non serviva nemmeno che lo dicessi, si vedeva, io lo vedevo" mi dice e io so che è così.
"Cosa c'entra comunque questo con il modo in cui mi guardano?" continuo a non capire.
"Sanno perché l'hai fatto, rispettano come tu abbia difeso ciò che ami, certo per loro non è il modo giusto anche se quella puttana non meritava altro che quello, però hai protetto ciò che ami e l'amore vero è probabilmente il miglior motivo che qualcuno abbia mai avuto qui dentro per uccidere" sorride.
"Io non la amo" ringhio fra i denti.
"Sì Zulema, continua pure a sostenere che non la ami, ma non avresti MAI fatto una cosa simile per lei se non fosse per amore. Zulema eri pronta a dare la tua fottuta vita per loro, Maca ce l'ha detto, e tu sei attaccata alla vita. E hai allontanato ancora di più la tua libertà addossandoti un'ulteriore condanna per omicidio oltre a tutto ciò che già avevi, l'hai fatto per loro! E se c'è una cosa che ami più della vita è proprio la tua libertà" sembra quasi arrabbiata mentre pronuncia queste parole.
"IO NON LA AMO! NON SO AMARE E SOPRATTUTTO NON POSSO AMARLA PERCHÉ PER COLPA MIA HANNO UCCISO LEÓN!" urlo alzandomi e chiudendo i pugni fino a tagliarmi la pelle dei palmi con le unghie. Saray sgrana gli occhi e lo faccio anche io, è la prima volta da quando è morto che pronuncio il suo nome e il dolore che sento dentro è lo stesso dell'attimo in cui ho visto il sangue fra le gambe di Macarena.
"Zulema..." prova a parlare ma io la interrompo ancora una volta.
"Avrei dato la mia vita perché quella puttana si è portata via quel bambino solo perché credeva che io li amassi" aggiungo, poi una voce mi raggiunge alle spalle e capisco che lo sguardo di Saray non era per quel nome, ma per chi stava ascoltando ciò che ho detto.
"Tu ci amavi, tu ci ami, tu mi ami. Perché Zulema Zahir non sacrificherebbe mai la sua vita perché si sente in colpa" Macarena è dietro di me, mi volto a guardarla con gli occhi iniettati di sangue.
"Io non ti amo bionda, non potrei mai amarti dopo ciò che mi sei costata" sibilo e mi allontano lasciando la pesantezza di quella frase a separarmi da loro. Cammino a passo svelto e sicuro, le mie gambe sanno esattamente dove portarmi. Mi fermo sollevando lo sguardo sulla targhetta della porta davanti a me, prima di spalancarla leggo la parola che riporta. Direttrice.

* spazio autrice *

Questo capitolo è un pochino più lungo e discorsivo, ma serve per inquadrare il cambiamento di Zulema e la sua sofferenza. Mi ha fatto male scriverlo perché ho sentito tutto il suo dolore, forse soffre più ora di quando Anabel le ha torturate.
Povera Zule.

- Elle 🦂

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