Click 26: Red

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[Questo non è un capitolo. È solo un annuncio importante da farvi: il mio nome è ora Fry.

Okay, scherzo, è un capitolo, ma ho davvero deciso che potete chiamarmi così ahah, queste lettere fanno parte del mio nome, quindi ecco creato "Fry", proprio come quello di Futurama (vorrei anch'io avere capelli fulvi, piango).

Ora potete leggere, piccole disagiate. *heart emoji*]

•••

"Perché non vai e lo incontri? Così scopri chi è questo misterioso X." dice Zaira mentre percorriamo i numerosi corridoi verso l'aula di percussioni.

"Non sono sicura di volerlo sapere, sai, e poi non è pure la sera del ballo di San Valentino?"

"E a chi importa? Quel ballo è per i ragazzini del primo anno che non hanno di meglio da fare. Fidati, non vale la pena andarci e scommetto che nessuno ti ha invitata."

"Touché," scuoto la testa un po' ferita dalle sue parole.

Già, chi vorrebbe mai andare ad un ballo con me, o in generale, andare in giro con me? Sono una persona imbarazzante.

"Non ha scritto nemmeno il luogo, dove vado ad aspettarlo?" tento un'ultima scusa.

"Magari nella prossima rosa te lo indicherà." insiste lei mentre raggiungiamo la porta, dove trovo Ash- ehm, Mr. Irwin ascoltare le chiacchiere di un altro insegnate.

Il suo intenso sguardo sotto gli occhiali è puntato dritto verso gli occhi del suo interlocutore, ha una mano sotto il mento leggermente barbuto, che poi sposta tra i capelli per tirarseli indietro, mentre l'altra mano è poggiata al fianco coperto dalla solita camicia nera, stretta abbastanza da far notare il suo fisico atletico. Questo breve movimento di circa un secondo nella mia mente va tutto a rallentatore, il che mi manda in pappa il cervello e

Oh, dio.

Perché sei così bello?

"Hirin?" mi chiama Zaira, attirando l'attenzione dei due professori su di noi, il suo sguardo puntato su di me. Segue ogni mio passo verso l'entrata mentre io evito di guardarlo, ma non appena mi avvicino, la sua colonia mi pervade le narici, un profumo che sa di uomo; e fa male alla testa e al cuore e al petto e faccio fatica a respirare. Non so cosa mi succede, è tutto così confuso e lui non mi aiuta, proprio non mi aiuta.

Lo sorpasso, sto meglio. Mi dirigo velocemente nel posto libero più lontano dalla cattedra, sedendomi affianco ad un certo Dylan, mi pare si chiami. Non ci ho mai parlato insieme, se non per chiedergli una penna una volta. Non so molto di lui: una persona piuttosto taciturna e tranquilla. E oh, praticamente il pupillo del professore, il fenomeno della classe.

"Buongiorno ragazzi, oggi voglio proporre un gioco che può sembrare apparentemente difficile, ma che nel proseguire sarà molto più facile da comprendere e anche divertente se vi lasciate andare.

"Il gioco che vi propongo non è altro che improvvisare: uno di voi, per esempio tu Oliver, potresti iniziare con un ritmo molto semplice, poi segue un altro e altri ancora, fino a creare una armoniosa e ritmata musica. Dovete agganciarvi agli altri, come anelli di catene, dovete sentire la musica scorrere nelle vene e trasmetterle attraverso mani, piedi, qualsiasi cosa che possa produrre un rumore, che potrà suonare brutto, grezzo o quant'altro, ma se li unite al resto, vedrete che non sarà poi così cattivo da ascoltare, anzi. Lasciate che sia il vostro corpo a parlare per voi, senza usare la voce."

Silenzio. Ci scambio sguardi tra noi studenti, alcuni alzando le spalle, altri esitanti.

"Prendete gli oggetti sotto le vostre sedie e usateli come meglio credete." mi piego per raccogliere il mio oggetto: un paio di legnetti. Poi qualcuno inizia a battere il piede a ritmo dei battiti del cuore, un altro si aggrega usando due penne come bacchette, facendole sbattere contro la plastica della sedia e pian piano tutti si uniscono, compresa me. Anche se all'inizio sembra tutto fuori tempo e scoordinato, riusciamo poi a prendere la mano ed a dare una sorta di armonia ai diversi suoni.

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