Meriti di essere Felice

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Quella notte mi addormentai, con le parole della fiaba ancora impresse nella mente. Quella notte, come in tante altre notti, sognai mia madre, mio padre, la mia famiglia di nuovo unita. Sognai una vita dov'ero un semplice adolescente. Sognai di potermi svegliare tardi, e trovare mia madre raggiante che mi preparava la colazione, sognai di non essere costretto a badare ai miei fratelli. E sognai di LUI, di passare ogni giorno ridendo ed essendo finalmente un ragazzo normale.

Ma ovviamente non era possibile.

Mia madre era morta e io dovevo badare ai miei fratelli. Dopo quello che era successo, non potevo più permettermi, neanche due ore di felicità, era il mio destino. Evidentemente, era scritto da qualche parte:
"Albus Silente, non merita di essere felice"

***

Quella mattina, mi alzai presto, come la mattina precedente. Nulla però mi avrebbe impedito di tornare a casa. Nemmeno Gellert Grindelwald. Era per lui che quella mattina era uscito prima del solito. Se era vero che anche lui ci credeva, sapevo già di chi era la tomba su cui era chino, il giorno prima. Era presto, appena l'alba, nessuno andava al cimitero a quell'ora. Mi diressi, verso quella tomba, quella in cui l'avevo visto la prima volta. Mi inginocchiai, e miei boccoli ramati, sfiorarono, la lapide, lì dove i sui l'avevano accarezzata. Con le dita, toccai la fredda pietra, percorrendo con il dito il nome inciso, così come il suo dito aveva fatto appena il giorno prima. "Ignotus Peverell".

Come faceva a sapere che quella tomba era lì? come faceva a sapere cosa la famiglia Peverell nascondesse?

Assillato da queste domande, tornai a casa. Preparai la colazione o perlomeno ci provai, quelle domande mi risuonano nella testa e non riuscivo a concentrarmi su nient'altro. Bruciai tre toast prima di farne uno perfetto. Apparecchiai la tavola, tagliai la frutta, cucinai le uova e il bacon.

Richiamata dal profumo, Ariana scese le scale.
<<Buongiorno, Albus>> misi le uova su un piatto. Un altro secondo di distrazione e avremo fatto colazione col carbone.
<<Buongiorno Ari.>>
Scese anche Abeforth, era chiaramente stupito. Non preparavo mai la colazione, questo genere di cose le faceva sempre lui. Io stavo tutto il giorno in camera mia a studiare, anche dopo che mi fui diplomato. Non studiavo per la scuola, studiavo per sapere. La maggior parte dei miei libri, infatti, andavano oltre il programma M.A.G.O. Era più facile sapere cose che non riguardavano te in prima persona. Sapevo molte cose, di argomenti anche totalmente differenti tra di loro ma ero completamente cieco a ciò che accadeva davanti ai miei occhi. La mia famiglia si stava distruggendo, e la colpa era in gran parte la mia. Quando i bulli, presero di mira Ariana per le sue doti magiche, io non facevo assolutamente niente. Non potevo usare la magia: I babbani, non possono venire a conoscenza del nostro mondo. Quella situazione, mi faceva sentire impotente. E io odio essere impotente. Credo che fosse da allora che, senza accorgermene, cominciai a sviluppare un profondo odio verso i babbani. Che andava oltre la loro inferiorità. La verità è che mai prima di allora mi ero sentito inutile. La verità è che ero io a sentirmi inferiore e la cosa non mi piaceva.

Quando finimmo di mangiare, Abeforth uscì, forse per andare al mercato. Ariana andò con lui. A volte mi capitava di sentire i nervi a fior di pelle, i muscoli che fremevano e non sapevo neanche perché ma quando mi capitava di restare solo salivo in camera e sfogavo quell'energia contro il cuscino. Dopo parecchi pugni, sistemavo il letto e riprendevo la mia noiosa vita. Era una brutta abitudine, ne ero consapevole, ma quei momenti, quello sfogo era ciò che mi impediva di impazzire.

Quel giorno, non scesi nemmeno per pranzo. Abeforth mi chiamò due volte, poi ci rinunciò.

Di pomeriggio, riuscii ad addormentarmi ma il riposo non durò molto, fui svegliato dal suono del campanello. Non avevo la minima idea di che ora fosse ma qualunque ora fosse non veniva a trovarci mai nessuno, ipotizzai dunque che si trattasse di un mendicante in cerca di elemosina. Sicuramente fu Abeforth ad aprire ma non lo seppi mai per certo, perché un po' intontito dal sonno un po' per mancanza d'interesse non sentii niente.

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora